In un recente articolo, uscito sull’ultimo numero di Cognitive Therapy and Research (DOI 10.1007/s10608-014-9637-5), Gkika e Wells presentano il primo trial, evidentemente preliminare ed esplorativo, sulla comparazione di efficacia di tecniche cognitive e metacognitive per il trattamento dell’ansia sociale.
Nello specifico è stato testato se sia più efficace la ristrutturazione cognitiva (nello studio chiamata TE – Thought Evaluation) o la Detached Mindufulness (DM).
Come ben noto, la TE è una delle tecniche principali dell’approccio CBT, grazie alla quale il terapeuta aiuta il paziente a modificare le proprie credenze di base patogene e a costruirne di più funzionali e adattive.
La DM è una tecnica tipica della Terapia Metacognitiva (MCT), attraverso la quale il terapeuta aiuta il paziente ad assumere un atteggiamento diverso verso i propri pensieri, promuovendo una maggiore consapevolezza dei propri processi mentali unita ad una sospensione delle reazioni cognitive di controllo, come la ruminazione e il rimuginio.
Nel Disturbo dell’Ansia Sociale, è noto che sia i processi anticipatori (l’ansia, le aspettative, le immagini associate) sia la focalizzazione su si sé e sulla propria immagine percepita come negativa siano fattori centrali e di mantenimento.
Lo scopo dello studio è stato quello di comparare l’efficacia della DM e della TE nel modificare questi specifici fattori coinvolti nel mantenimento della fobia sociale; le ipotesi, nello specifico, sono che entrambe le tecniche siano in grado di far diminuire i processi anticipatori, l’ansia, i pensieri negativi e la tendenza a percepirsi in prospettiva di campo e che la DM comporti un cambiamento maggiore rispetto alla TE.
I partecipanti sono stati reclutati tra la popolazione universitaria. I criteri d’inclusione erano un punteggio superiore a 22 alla FNE (Fear of Negative Evaluation), un punteggio inferiore a 13 (per le valutazioni positive) e superiore a 12 (per le valutazioni negative) alla Self-Statements during Public Speaking Scale (SSPS) e un punteggio inferiore a 21 alla Depression Scale della Depression and Anxiety Stress Scale (DASS). Sono stati arruolati 205 partecipanti, di cui solo 16 soggetti hanno superato i criteri.
Di questi, 12 hanno accettato di partecipare (tutte donne), una persona ha rifiutato, mentre tre sono stati esclusi perché alla ripetizione della FNE il punteggio era sceso.
Inizialmente ai partecipanti è stato chiesto di indicare, da 0 a 100, quanto credevano ai propri pensieri negativi. Successivamente, a ciascun partecipante è stato chiesto di prepararsi per 3 minuti ad un discorso pubblico, anch’esso di 3 minuti; dopo aver tenuto il discorso, ogni partecipante dava un punteggio ai propri pensieri.
Dopo il discorso, i partecipanti venivano sottoposti a 15 minuti di TE o di DM con un terapeuta, chiedendo loro di valutare quanto avevano sentito efficace la tecnica. Successivamente è stato chiesto a loro di esercitarsi da soli per 5 minuti nella tecnica appena appresa.
Poi è stato chiesto nuovamente di prepararsi per 3 minuti per un discorso pubblico, sempre di 3 minuti, alla fine del quale il soggetto rivalutava i propri pensieri negativi.
Infine la procedura è stata ripetuta cambiando la tecnica utilizzata: se prima i partecipanti hanno provato la TE, nella seconda parte hanno sperimentato la DM e viceversa.
I risultati sembrano confermare le ipotesi formulate dagli autori in termini di superiorità della DM rispetto alla TE. Vanno comunque considerati i limiti dello studio, come ad esempio il campione limitato e non clinico, oltre al fatto che viene implementata una singola tecnica per 15 minuti, dunque non si tratta di un vero protocollo di terapia.
Inoltre, i partecipanti che, nel trial, hanno ricevuto prima la TE avevano punteggi medi di baseline più bassi dei soggetti che hanno ricevuto prima DM.
In ogni caso, comunque, l’articolo pone le basi per future ricerche che valutino ulteriormente l’efficacia dei protocolli di terapia metacognitiva nel trattamento del Disturbo dell’Ansia Sociale.