Pandemia COVID-19 e salute mentale
A livello globale siamo andati incontro, in questi ultimi due anni, a un incremento massiccio di depressione, sintomi ansiosi, ossessivo-compulsivi, fobici o post-traumatici. Questo in tutta la popolazione mondiale e in tutte le fasce d’età. Sono esorditi nuovi disturbi o si è assistito ad un peggioramento di condizioni preesistenti.
Il COVID ha messo a durissima prova la quotidianità di ogni singolo individuo, relegandola ad un contesto casalingo e condiviso con poche persone (o nessuna). Hanno contribuito a rendere la pandemia fortemente stressante vari fattori:
- L’imposizione di restrizioni e quarantene, per evitare la diffusione del virus
- La paura di contagiare o essere contagiati
- Il fronteggiamento di malattie e lutti, della perdita del lavoro o della riduzione dello stipendio
- L’allontanamento da contesti scolastici e dai pari (soprattutto per i più giovani)
Il disturbo d’ansia sociale
Le persone con ansia sociale non sembrano aver seguito questo trend. L’imposizione dell’isolamento e la drastica riduzione dei contatti sociali sembra aver creato una situazione di maggior comfort per questa fetta di popolazione. Chi soffre di fobia sociale si è trovato per lungo tempo esentato dallo svolgere attività che normalmente elicitano ansia e paura.
Infatti, nelle persone con Disturbo d’Ansia Sociale (DAS), le interazioni sociali sono caratterizzate da intenso distress. Sono presenti paura ed ansia in situazioni nelle quali si può essere visti e giudicati. Ad esempio, sostenere una conversazione, incontrare persone nuove, mangiare e bere in pubblico, o eseguire una performance.
La paura si attiva anche in contesti diversi come quello lavorativo e scolastico. Il contenuto delle paure è quello di essere giudicati come indegni, noiosi, folli, sgradevoli, ansiosi, deboli. Inoltre, le persone con ansia sociale sovrastimano il rischio e le conseguenze di essere valutati in maniera negativa.
Cause e fattori di mantenimento del Disturbo d’Ansia Sociale
L’insorgenza dell’ansia sociale può essere ricondotta ad eventi stressanti ed umilianti vissuti durante l’infanzia. Il meccanismo del suo mantenimento è stato analizzato da molto autori. Uno dei modelli più conosciuti è quello di Clark e Wells (1995) che identificano quattro processi cognitivi sottostanti il disturbo:
- Automonitoraggio eccessivo dei propri comportamenti durante le interazioni sociali che portano a sovrastimare i sintomi ansiosi che insorgono;
- Rimuginio e ruminazione eccessivi relativi lo svolgimento dell’interazione e sulla propria performance;
- Le informazioni relative la quantità d’ansia provata nei contesti sociali sono così dettagliate da essere sovra rappresentate nella percezione che la persona ha di sé;
- Comportamenti di evitamento dei contesti che possono creare paura o mettere in imbarazzo per minimizzare il rischio.
Altri elementi che contribuiscono all’insorgenza e mantenimento del disturbo riguardano la difficoltà ad interpretare in maniera corretta gli indizi sociali neutri o positivi. I soggetti con ansia sociale, percepiscono le interazioni in maniera più negativa. Considerano inoltre le emozioni come qualcosa da nascondere: indesiderabili, dolorose, giudicabili. Per questo ritengono necessario controllarle e monitorarle.
Interventi per il Disturbo d’Ansia Sociale
La psicoterapia cognitivo comportamentale prevede interventi mirati a ristrutturare le credenze disfunzionali che sorreggono il disturbo. Ad esempio, la convinzione di essere giudicati negativamente se vengono mostrati sintomi ansiosi. Il timore di essere visti come strani, incapaci, deboli. Propone come obiettivo lo sviluppo di capacità di interazione adeguate. Per far questo usa:
- Metodi di esposizione graduale alle situazioni temute, così da favorire una desensibilizzazione degli stimoli;
- Monitoraggio dei propri processi mentali, in maniera guidata, individuando, ristrutturando e ridimensionando i bias presenti;
- Tecniche di rilassamento;
- Tecniche mirate alla gestione delle interazioni.
Pandemia e ansia sociale
Possiamo facilmente immaginare come il lockdown e le varie limitazioni alla vita sociale abbiano permesso a queste persone di percepire minori sintomi ansiosi nel periodo della pandemia. Questo miglioramento non è destinato a durare a lungo.
Abbiamo non a caso detto che uno degli esercizi più impiegati in terapia è quello dell’esposizione alle situazioni temute. Per le persone con ansia sociale affrontare la quotidianità rappresenta un allenamento fondamentale per ottenere dei miglioramenti e mantenerli nel tempo.
Il fatto che i comportamenti di evitamento siano stati facilitati dall’obbligo o dalla raccomandazione di stare in casa ha creato una situazione di calma apparente, compromettendo le capacità che potevano essere state acquisite fino ad allora.
Possiamo quindi assumere che a fine pandemia, col ritorno alla routine, al lavoro, a scuola, nei contesti ricreativi, queste persone che hanno messo massicciamente in atto comportamenti di evitamento percepiranno un peggioramento dei sintomi rispetto al periodo precedente e concomitante la pandemia.
I nuovi casi di evitamento sociale indotti dalla pandemia
La pandemia ci ha messo di fronte a scenari che possono somigliare a quello del Disturbo d’Ansia Sociale. Un contesto che i terapeuti dovrebbero tenere d’occhio è quello della difficoltà di risocializzazione.
Molte persone infatti potrebbero continuare, anche dopo la pandemia, a fare uso di mascherine, guanti, gel disinfettante e mantenersi a distanza dagli altri. Incluso la riduzione drastica dei rapporti interpersonali, soprattutto se non obbligatori.
In questo caso ciò che giustifica il comportamento non è la paura dei contesti sociali e del giudizio, ma quella del contagio. Una sorta di fobia del contatto e della malattia gestita con evitamento della socializzazione.
Anche in questo caso gli interventi cognitivo comportamentali potrebbero essere impiegati per aiutare le persone a superare queste paure e riprendere gradualmente una vita sociale ricca come o più di prima.
Bibliografia
- Clark, D. M., & Wells, A. (1995). A cognitive model of social phobia. In G. Heimberg, M. R. M. R. Liebowitz, D. Hope, & F. Scheier (Eds.), Social phobia: Diagnosis, assessment, and treatment (pp. 69–93). New York: The Guilford Press.
- Ford, B. Q., & Gross, J. J. (2018). Emotion regulation: Why beliefs matter. Canadian Psychology/psychologie canadienne, 59(1), 1.
- American Psychiatric Association. (2022). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5–Text Revision (TR)).
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