Il disturbo d’ansia sociale
Il disturbo d’ansia sociale (DAS) è caratterizzato da un’intensa ansia rispetto a situazioni sociali comuni. La diffusione del 6,8% all’interno della popolazione generale (Kessler et al., 2005) lo rende uno dei disturbi più frequenti tra le psicopatologie.
Le persone con ansia sociale soffrono di una grave, persistente e cronica paura di essere giudicate dagli altri e si preoccupano che ciò che fanno possa risultare imbarazzante, al punto di temere che la stessa ansia possa essere fonte di giudizio.
Tale paura è spesso gestita attraverso l’evitamento di situazioni sociali che, oltre ad aggravare la sofferenza, compromette in modo sostanziale il funzionamento sociale, lavorativo e amicale (Apa, 2013; Morrison & Heimberg, 2013).
Il ruolo della vergogna
La vergogna è una emozione sociale strettamente connessa al disturbo d’ansia sociale. Essa si configura come un’ emozione “autocosciente” associata alla percezione di possedere attributi, caratteristiche o comportamenti che gli altri troveranno indesiderabili e che potrebbero portare al rifiuto sociale (Gilbert, 1998).
Già nel 2000 Gilbert collegava il DAS con esperienze di vergogna interpretandola come una risposta di sottomissione a contesti in cui la persona si sente vulnerabile alla perdita di apprezzamento sociale.
In altre parole, percepire una minaccia alla propria immagine sociale attiverebbe una risposta emotiva e comportamentale, la vergogna appunto, volta a generare benevolenza nell’altro.
L’autocritica come processo patogeno
Tipico di esperienze di vergogna è quello che viene definito autodialogo critico ovvero l’esperienza di pensieri caratterizzati da un “tono” e un contenuto in cui la persona si attacca per propri comportamenti, emozioni o caratteristiche.
La letteratura indica l’autocriticismo come un fattore chiave nella sofferenza mentale in generale (Gilbert & Irons, 2005) e nel DAS in particolare (Iancu et al., 2015).
L’autocriticismo si caratterizza per uno stile di pensiero cronico che risulta una barriera nell’accesso a emozioni positive ed acuisce la paura dell’intimità relazionale.
Il trattamento del disutrbo d’ansia sociale
Ad oggi il trattamento gold-standard per il DAS risulta essere la terapia cognitivo-comportamentale (CBT; Mayo-Wilson et al., 2014).
Tuttavia, esistono casi in cui l’efficacia di tale terapia appare ridotta (Loerinc et al., 2015). Una possibile spiegazione risiede negli alti livelli di autocritica di alcuni pazienti con DAS.
La letteratura indica come questi individui rispondano in maniera minore alle terapie CBT standard che, per la loro direttività, possono esacerbare alcuni processi di autocritica (Marshall et al., 2008).
La Compassion Focused Therapy
La Compassion Focused Therapy (CFT) è una terapia di terza generazione che si caratterizza per un modello Bio-Psico-Sociale del funzionamento umano e integra elementi evoluzionistici e neuroscientifici.
Integrando influenze cognitivo comportamentali, delle neuroscienze affettive, della teoria dell’attaccamento, dell’evoluzionismo e della psicologia buddhista (Gilbert, 2010) sin dalla sua nascita la CFT si è rivolta a persone con alti livelli di vergogna e di autocriticismo, dal momento che tali individui hanno maggiori livelli di difficoltà nel sentirsi sicuri e intimi nelle relazioni interpersonali (Hofman & Bogels, 2006).
Lo scopo della CFT è incrementare la sensibilità per la propria e altrui sofferenza aumentando le capacità di presenza consapevole nel momento presente senza giudicare l’esperienza interna. Inoltre, mira ad aiutare l’individuo a mobilitare segnali interiori di sicurezza sociale generando sensazioni di calore e affiliazione (Gilbert, 2010).
La CFT ritiene che la sofferenza umana sia esacerbata e perpetuata dal costante auto-dialogo critico che genera sofferenza e vergogna. L’autocritica stimola in modo incessante uno stato di allarme (sistema emotivo di protezione dalla minaccia) e una visione del mondo e degli altri come potenziali minacce.
La capacità di lenire e modulare il senso di minaccia è demandata alla capacità dell’essere umano di creare esperienze di condivisione, rassicurazione e cura interpersonale (Sistema emotivo di cura) che mitighino il senso di minaccia.
Tale capacità, pur naturale negli esseri umani, può essere promossa, coltivata o al contrario inibita dalle prime esperienze di attaccamento. Ad esempio, esperienze di vergogna, bullismo o critica in età infantile possono portare ad una cronica incapacità di accedere a immagini, pensieri e ricordi connessi alla compassione/sicurezza.
Compassion Focused Therapy e DAS
Secondo la CFT, l’ansia sociale è generata dal ritenere che il proprio comportamento possa elicitare nell’altro un rifiuto, una critica o una aggressione (Gilbert, 2001). Tale paura si connette alla necessità evoluzionisticamente determinata di mantenere buoni rapporti sociali con il proprio gruppo di riferimento.
L’elemento chiave della CFT per il DAS è, non solo ridurre l’autocritica, ma favorire l’accesso a esperienze interne ed esterne positive caratterizzate da calore, cura e auto-rassicurazione.
In uno studio di Gharraee e colleghi (2018), è stato evidenziato come la CFT sia efficace nel ridurre sia i livelli di autocritica sia i sintomi di ansia sociale. La CFT, pertanto, è considerato un possibile trattamento efficace per il DAS al pari della CBT standard.
La struttura dell’intervento
Un percorso terapeutico basato sulla CFT è per sua natura flessibile e strutturato in base ai bisogni del singolo paziente, tuttavia possono essere delineate alcune macro-fasi che caratterizzano l’intervento.
Una prima fase incentrata sulla psico-educazione rispetto alla timidezza, alla vergogna e all’ansia sociale, nonché sull’evoluzione del cervello e come esso si sia evoluto per garantire la sopravvivenza attraverso diversi sistemi emotivi. In questa fase viene delineata la formulazione del disturbo in termini CFT.
Nella seconda fase, è affrontata l’autocritica, le sue funzioni, e sono introdotte tecniche immaginative volte a creare senso di sicurezza che bilancino le emozioni di allarme ed ansia.
La terza fase è centrata sulla promozione delle abilità di auto-compassione e auto-validazione. In particolare, la terapia si focalizza sulla costruzione della Self-Compassion come alternativa all’autocritica. In questa fase sono affrontate anche le capacità, ed eventuali difficoltà, di ricevere compassione, vicinanza e cura da parte degli altri.
Nella quarta fase sono identificati i comportamenti che sostengono il DAS, siano essi evitamenti o comportamenti protettivi, ed esplorati i valori che potrebbero motivare la persona ad affrontare il percorso per ridurre tali comportamenti al fine di aumentare la propria libertà nelle situazioni sociali. Questa fase, dunque, ha caratteristiche che la avvicinano ai protocolli comportamentali.
L’ultima fase si caratterizza per l’integrazione delle abilità di compassione nella vita quotidiana attraverso l’esposizione sistematica a situazioni difficili come occasione per rispondere in modo compassionevole e supportivo alle difficoltà.
Conclusioni
La terapia focalizzata sulla compassione si caratterizza per un approccio profondamente esperienziale connesso alla naturale fisiologia umana e, pertanto, volto all’aumento della capacità dell’individuo di accedere alle risorse insite nel corpo e nella mente.
Riuscire ad attivare sensazioni e sentimenti legati alla sicurezza interpersonale, infatti, sono gli elementi chiave per poter ridurre le esperienze di ansia sociale e uscire dal DAS.
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