L‘alimentazione emotiva (detta anche “fame nervosa” o “alimentazione da stress”) è l’impulso a ingerire alimenti in risposta a emozioni spiacevoli. E’ quindi la tendenza ad utilizzare il cibo come un sostegno per affrontare eventi che provocano disagio psicologico.
In queste situazioni il cibo perde la sua funzione biologica di apporto delle sostanze necessarie al nostro organismo e viene invece utilizzato come rimedio con cui calmare le emozioni spiacevoli o per colmare un vuoto.
Nutrire i propri sentimenti: come le emozioni influenzano le abitudini alimentari
Di per sé il cibo può sembrare uno strumento efficace e innocuo se lo utilizziamo per alleviare lo stress: capita a chiunque di noi che problemi quotidiani di vario tipo (conflitti relazionali, problemi di salute, pressioni sul lavoro, preoccupazioni finanziarie, ecc.) comportino un impatto negativo sul nostro umore. Allora il cibo può essere un conforto che ci aiuta a superare una giornata difficile.
Questo può accadere soprattutto se abbiamo appreso nell’infanzia modelli di ricompensa alimentare:
- Se i genitori ci hanno dato caramelle come premio per un’azione che merita approvazione ci si abitua a utilizzare le sostanza dolci come auto-gratificazione e accrescimento dell’autostima.
- Se ci vengono dati dei biscotti per smettere di piangere si impara a utilizzare i biscotti come uno strumento per ritrovare benessere. Col passare del tempo, il bambino che mangia un biscotto per alleviare una tensione può diventare un adulto che prende una scatola di biscotti dopo una dura giornata di lavoro.
- Inversamente, si può essere rimproverati per un qualunque motivo con la proibizione di mangiare il dolce dopo cena, anche in questo modo rinforzando il valore piacevole di un alimento, dal momento che toglierlo equivale a una punizione.
Questi comportamenti appresi durante l’infanzia tendono a mantenersi durante l’adolescenza e l’età adulta e non è facile poi “disimpararli” perché vanno a costituire una forma di condizionamento.
Attraverso di esso, un individuo crea un’associazione tra una situazione stressante e assunzione di cibo, come elemento conseguente di gratificazione, fino ad affidarsi regolarmente al cibo per gestire il proprio umore.
Questo porta di solito ad assumere più cibo del necessario e a fare scelte alimentari squilibrate da un punto di vista nutrizionale, ingerendo cibi ad alto contenuto di carboidrati definiti cibi di conforto (come gelati, biscotti, cioccolato, patatine fritte, ecc.), scelti esclusivamente per il loro sapore.
L’aumento di peso come conseguenza
Ulteriore conseguenza è l’incremento del peso corporeo, che si accompagna a senso di colpa e insoddisfazione per il proprio corpo. Questi a loro volta sono motivi di frustrazione e malcontento che pongono le premesse per ulteriore ricorso al cibo, così da creare in un pericoloso circolo vizioso.
E’ provato che l’alimentazione emotiva modifica i normali sistemi di autocontrollo che ci fanno percepire quando è il momento di cessare l’assunzione di cibo.
Può accadere infatti che le sensazioni piacevoli che si ottengono introducendo alimenti allo scopo di contrastare l’ansia, spesso sovrastino la normale sensazione di “sazietà”, così da indurre il corpo a introdurre molte più calorie del necessario, ignorando i segnali autoregolatori che normalmente il nostro apparato digerente ci invia.
Numerosi studi hanno evidenziato un sensibile aumento di questi casi durante il periodo di emergenza Covid. L’impossibilità di uscire di casa, il cambiamento brusco della nostra routine, il dover passare molto tempo da soli o in compagnia delle stesse persone hanno infatti generato emozioni spiacevoli. Queste, nell’impossibilità di trovare diverse vie di soddisfazione, hanno portato molte persone a rifugiarsi nel cibo.
Come si manifesta l’alimentazione emotiva?
L’impulso a mangiare in relazione a certi stati d’animo deve essere riconosciuto e differenziato dal desiderio di alimentarsi per fame “fisica”.
Questo può essere più complicato di quanto sembri perché la fame emotiva può essere confusa con la fame fisica, ma ci sono vari elementi che le distinguono. Vediamo quali sono.
FAME EMOTIVA | FAME FISICA |
Si verifica in risposta a situazioni emotivamente significative. | Si verifica a causa del bisogno di nutrienti del corpo. |
L’impulso al cibo si può presentare anche a breve distanza dall’ultimo pasto. | La voglia di mangiare si verifica dopo che è passato un congruo periodo di tempo dall’ultimo pasto. |
Spesso si desiderano cibi specifici, come quelli contenenti grassi o zuccheri con frequente ricorso a junk- food. | Di solito non si desidera un particolare tipo di cibo e comunque si mantiene l’attenzione riguardo alla qualità degli alimenti. |
La fame appare all’improvviso e richiede di essere soddisfatta quanto prima possibile. | La fame si sviluppa gradualmente e può essere posticipata. |
L’assunzione di cibo avviene in modo veloce. | Il pasto viene consumato in tempi adeguati per un corretta masticazione. |
La fame emotiva causa spesso senso di colpa o di vergogna.
| Quando l’appetito si sviluppa in modo fisiologico non ci sentiamo assolutamente in difetto perché stiamo semplicemente fornendo al nostro corpo ciò di cui ha bisogno. |
La voglia di cibo non cessa del tutto anche se il pasto è stato completato. | Quando la fame è stata soddisfatta si ha un senso di sazietà e si cessa di alimentarsi. |
Ti alimenti in modo emotivo?
Poniti queste domande per capirlo:
- Mangi di più quando sei stressato?
- Ti ritrovi a mangiare quando sai di non avere fame?
- Continui a mangiare anche quando sei sazio?
- Ti rivolgi al cibo per calmare le emozioni?
- Hai difficoltà a capire quando sei veramente affamato?
- Il cibo ti incoraggia a gestire meglio le situazioni “difficili”?
- Ti senti spesso in colpa per cosa o quanto hai mangiato?
- Mangi in orari insoliti, ad esempio a tarda notte?
- Ti sei ritrovato a mangiare di nascosto?
Suggerimenti per correggere l’alimentazione emotiva
La diagnosi precoce e la consapevolezza che un comportamento alimentare è “emotivo” sono la premessa fondamentale per riuscire a superarlo.
Si può evitare di cadere nella spirale della fame emotiva seguendo alcuni consigli fra cui:
- Mangiare in modo sano e consapevole:
- sedersi a tavola con appetito, ma non affamati; fare 5 pasti al giorno, iniziare con una piccola porzione, utilizzare piatti di misura piccola;
- concentrarsi sul gusto, l’odore e i colori di quello che stiamo mangiando. Mentre si mastica, provare a identificare tutti gli ingredienti;
- masticare bene e lentamente. Si dovrebbe masticare ogni boccone circa 20 – 40 volte, a seconda del tipo di cibo. Questa ‘pazienza’ permette di sentire tutti i sapori che vengono rilasciati.
- Tenere un diario alimentare, nel quale indicare ciò che si è mangiato, a che ora e in quali quantità, specificando soprattutto come ci si è sentiti dopo aver finito.
- Combattere la noia, che spesso porta a fare spuntini anche quando non si ha fame, mettendo in atto comportamenti sani e “distrattivi”, come fare una passeggiata, guardare un film, giocare con il proprio animale domestico, ascoltare musica, leggere, chiamare un amico, etc.
- Concentrarsi sui cambiamenti positivi derivanti dall’aver introdotto abitudini alimentari più corrette e dall’aver imparato a riconoscere il senso di sazietà, con l’obbiettivo di rinforzare l’autostima e accettare meglio il proprio corpo.
- Un passo importante nella gestione dello stress è l’esercizio fisico poiché l’attività fisica regolare tende a smorzare la produzione di sostanze chimiche in fase di stress, portando anche a un miglioramento della depressione, dell’ansia e dell’insonnia.
- Rivolgersi a un professionista della salute mentale se:
- non si riesce a distinguere con chiarezza la sensazione di fame fisica da quella emotiva;
- si è provato a controllare l’impulso ad alimentarsi senza ottenere risultati;
- si confondono le emozioni con la voglia di riempirsi di cibo.
Impostazione del trattamento
È importante che il trattamento si concentri sia sulla relazione che una persona ha con il cibo sia sulla relazione che ha con le proprie emozioni.
Lo psicoterapeuta può aiutare a capire le motivazioni di questi errati atteggiamenti verso il cibo, tramite diverse tecniche, tra le quali è molto utilizzata la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) che si è dimostrata efficace nel trattamento di questo disturbo.
Questo approccio fornisce supporto per alleviare lo stress aiutando l’individuo a cambiare il suo modo di pensare riguardo agli aspetti principali del problema. Nella CBT, il terapeuta utilizza tre tecniche per raggiungere questi obiettivi:
- Componente didattica: Questa fase aiuta a creare aspettative positive per la terapia e promuove la cooperazione della persona con il processo di trattamento.
- Componente cognitiva: Questo aiuta a identificare i pensieri e le supposizioni che influenzano i comportamenti dell’individuo, in particolare quelli che possono predisporre il malato all’alimentazione emotiva.
- Componente comportamentale: Questo impiega tecniche di modifica del comportamento per insegnare alla persona come cessare di mangiare emotivamente e come utilizzare strategie più efficaci per affrontare i problemi.