Sono stati 1.180 gli studenti che hanno preso parte all’indagine dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol svolta in collaborazione con la Società italiana di medicina dell’adolescenza con il Laboratorio adolescenza sugli alunni di terza media residenti a Napoli, Milano, Palermo, Roma e Torino.
L’indagine, condotta nel 2014 con l’aiuto di un questionario, ha toccato i seguenti argomenti: la prima assunzione di alcol; la sua frequenza d’uso; l’esperienza dell’abuso; l’abitudine agli alcolici; la società come fattore ostacolante o facilitante l’abuso di alcol; le immagini e i simboli legati all’uso di alcolici.
L’obiettivo? Definire e sviluppare possibili strategie di intervento per prevenire e contrastare l’abuso di alcolici, così da responsabilizzare gli adolescenti al bere moderato basandosi sugli atteggiamenti, le percezioni e i comportamenti dei ragazzi residenti in città intensamente urbanizzate.
E secondo i dati presentati a Milano al convegno “Adolescenti e alcol nelle aree metropolitane, precocità, modelli di consumo, fattori influenti”, chi assaggia il primo bicchiere in famiglia, ossia la maggioranza dei ragazzi, consuma alcolici in modo molto più moderato rispetto a chi comincia con gli amici.
Per fare qualche numero, a esordire con i genitori è stato il 40% del campione dopo i 10 anni, il 38% tra i 6 e i 10 e l’8,3% a meno di sei. E questi ragazzi hanno detto di essere astemi nel 25,7% dei casi, bevitori occasionali nel 57% e di bere spesso nel 17,3%.
Viceversa, chi ha iniziato con i coetanei o gli amici più grandi ha risposto di non bere nel 12,3% dei casi, di bere occasionalmente nel 49% e abitualmente nel 38,5%. E l’attenuazione familiare è ancora più evidente nel tasso di ubriacature.
Tra coloro che hanno esordito in famiglia il 13% si è ubriacato una volta e il 3,9% più di una volta, mentre chi ha cominciato con gli amici si è ubriacato una volta nel 17,8% dei casi, e più volte nel 12,8%. «Depotenziare l’alcol dalla valenza trasgressiva riducendolo a una bevanda che, in modi e quantità opportune, può essere consumata in casa con i genitori impedisce agli adolescenti di vivere una proibizione da violare» spiega Piernicola Garofalo, presidente della Società italiana di medicina dell’adolescenza.
Un altro risultato interessante è che le ragazze sentono di più il condizionamento del gruppo di amici, specie in termini di abuso. Dice Carlo Buzzi, sociologo dell’Università di Trento e direttore scientifico della ricerca: «Che nell’abuso le differenze comportamentali osservate tra i due sessi tendano ad annullarsi dipende in parte dall’età del campione, 12-14 anni, in cui è probabile che gli amici delle ragazze siano adolescenti più adulti e, di conseguenza, più abituati a bere.
Ma incide anche il voler dimostrare la propria emancipazione, specie di fronte a comportamenti, come il bere, dai quali il sottrarsi può essere fonte di irrisione ed emarginazione».
Ma quali sono i motivi che portano all’uso di alcol? Tre le ragioni principali: adeguarsi al gruppo e divertirsi, ma anche dimenticare i problemi. Osserva Enrico Tempesta, presidente del Laboratorio scientifico dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol: «È indispensabile evitare giudizi e soluzioni semplicistiche, in un ambito, quello adolescenziale, in cui i comportamenti sono condizionati da contraddizioni proprie di questa fase di crescita. Pertanto anche le ubriacature vanno approfondite con un’analisi non solo quantitativa, ma anche qualitativa.
Così da distinguere meglio le espressioni temporanee di tali contraddizioni, e che spesso si esprimono con altri comportamenti quali bullismo, violenze o sfide sportive, dai sintomi di una evoluzione rischiosa associata a una vulnerabilità individuale».