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ACT e CBT per la fobia sociale

Fobia sociale - ansia sociale

In un recente articolo dal titolo Randomized Controlled Trial of Cognitive Behavioral Therapy and Acceptance and Commitment Therapy for Social Phobia: Outcomes and Moderators pubblicato su Journal of Consulting and Clinical Psychology, gli autori hanno voluto testare l’efficacia della CBT e dell’ACT nel trattamento della fobia sociale (http://dx.doi.org/10.1037/a0037212)

Sebbene in letteratura si trovino diversi studi che attestano l’efficacia della CBT per il trattamento della fobia sociale, non di meno vi sono diverse ragioni per indagare altre forme di trattamento, poiché non tutti i soggetti rispondono adeguatamente alla CBT, sia perché diversi studi dimostrano come la ristrutturazione cognitiva non sia unicamente efficace, sia perché stanno prendendo piede protocolli di trattamento nei quali vengono privilegiati diversi tipi di intervento, come l’attivazione comportamentale o l’accettazione, come ad esempio l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT).

Il primo obiettivo del presente studio è infatti quello di comparare l’efficacia di ACT e CBT nel trattare la fobia sociale, scelta dagli autori per la minore eterogeneità del disturbo, oltreché per l’elevata incidenza lifetime.

Il secondo scopo è stato quello di valutare i diversi mediatori nell’outcome del trattamento, per capirne i meccanismi di azione. Gli autori hanno scelto come mediatori l’umore (definito come un mediatore non riferito ad alcuna teoria) e due mediatori definiti dai modelli stessi di trattamento: evitamento esperienziale per l’ACT e paura del giudizio negativo per la CBT.

Gli autori ipotizzano che l’ACT sia superiore alla CBT quando i pazienti presentino anche aspetti depressivi, mentre accada il contrario se i pazienti presentano moderati livelli di anxiety sensitivity.

Il campione è composto da 100 soggetti reclutati via internet, con annunci su giornali locali o tramite manifesti pubblici; i soggetti soddisfacevano i criteri del DSM IV per la fobia sociale generalizzata e sono stati divisi casualmente nelle tre categorie dello studio: 29 ACT, 33 CBT e 25 lista di attesa (10 pazienti hanno abbandonato lo studio prima di cominciare la terapia e 3 sono stati esclusi per mancanza di altri criteri).

Le valutazioni sono state fatte all’inizio e alla fine del trattamento (12 sedute) e a 3 e 9 mesi dalla conclusione.

La valutazione ha riguardato la qualità della vita (come indice della flessibilità psicologica prodotta dall’ACT) e il livello sintomatologico (oggetto dell’intervento CBT). Gli strumenti utilizzati sono stati la Anxiety Disorders Interview Schedule–IV (ADIS IV); una scala creata appositamente unendo la Liebowitz Social Anxiety Scale–Self-Report (LSPS-SR), la Social Interaction Anxiety Scale (SIAS) e la Social Phobia Scale (SPS); il Quality of Life Inventory (QOLI); inoltre i soggetti hanno autovalutato il proprio disagio attraverso le Subjective Units of Desease (SUDs) in un compito di esposizione (parlare in pubblico).

La competenza dei terapeuti coinvolti è stata testata tramite valutatori indipendenti: 45 sedute audio registrate scelte casualmente sono state valutate da valutatori in cieco a cui è stato chiesto di utilizzare per la valutazione dell’aderenza ai protocolli ACT e CBT la Drexel University ACT/CT Therapist Adherence and Competence Rating Scale.

17 pazienti hanno abbandonato durante il trattamento (11 per la CBT e 5 per l’ACT, 1 per la LdA).

I risultati hanno dimostrato che i pazienti che avevano ricevuto un trattamento (ACT o CBT) miglioravano maggiormente rispetto a coloro che erano stati solo in lista d’attesa; sia l’ACT che la CBT si sono dimostrati efficaci nel trattamento dell’ansia sociale, sebbene la CBT sia dimostrata superiore nel ridurre la sintomatologia (misurata con self report) legata alla paura del giudizio negativo e, sorprendentemente, sia stata ugualmente superiore con i pazienti che mostravano una più bassa flessibilità psicologica. Tali risultati sembrano confermarsi anche al follow up.

Concludendo, questo articolo sembra confermare che l’ACT sia un ulteriore protocollo di trattamento che può essere efficace per il trattamento di questo disturbo.

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Contrassegnato con: ansia sociale, disturbi d'ansia, psicoterapia cognitivo comportamentale

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Autore dell’articolo

Dott. Nicola Marsigli

Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale dal 2001; lavora presso l’Istituto IPSICO di Firenze, di cui è Segretario e Direttore Didattico; Socio fondatore dell’Associazione Italiana per i Disturbi dell’Ansia Sociale (AIDAS), di cui è attuale tesoriere; Socio fondatore della Compassionate Mind Italia; Direttore del CEDAS (Centro d’Eccellenza per i Disturbi dell’Ansia Sociale) di Firenze; Pratictioner EMDR; attualmente in valutazione per la Certificazione come terapeuta Schema Therapy; Si occupa da anni del trattamento dei disturbi dello spettro ansioso sociale; ha pubblicato numerosi articoli scientifici e diversi libri sull’argomento, tra i quali il recente “Stop all’ansia sociale”, edito da Erickson. Profilo linkedin

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