Nell’ultimo decennio il panorama delle psicoterapie è stato arricchito dall’introduzione dei principi derivanti dalla psicologia buddhista all’interno dell’ormai consolidata tradizione psicoterapeutica occidentale, in particolare di tipo cognitivo-comportamentale. Ciò ha permesso il fiorire di nuovi modelli di intervento basati su concetti come l’accettazione, la mindfulness e la compassione.
Tra questi, un approccio che ha ben sintetizzato la filosofia orientale con il rigore scientifico occidentale è quello della Compassion Focused Therapy (CFT – o terapia focalizzata sulla compassione).
Sviluppata da Paul Gilbert, professore alla University of Derby, nei primi anni 2000, la Compassion Focused Therapy nasce con il preciso scopo di aiutare persone con alti livelli di autocritica e vergogna. Gilbert notò come le tradizionali tecniche psicoterapeutiche avessero scarso effetto su queste persone: per quanto fossero capaci di seguire e applicare gli esercizi cognitivi e comportamentali, raramente beneficiavano della terapia nel suo complesso. In particolare si rese conto di come una delle maggiori difficoltà che i pazienti incontravano fosse la generazione di pensieri connotati da calore e gentilezza rispetto a sé e agli altri. Essi mantenevano uno stato mentale autocritico incolpandosi per la loro condizione, un atteggiamento che acuiva la sofferenza ed esacerbava i sintomi. Gilbert si accorse che queste persone erano accomunate da storie familiari dove l’accudimento da parte delle figure di riferimento era stato carente; spesso erano presenti abusi o lunghi periodi di incuria. Egli intuì, quindi, come a queste persone fosse precluso l’accesso a sentimenti di calore e sicurezza, poiché intimamente convinte di essere sbagliate e che l’origine di tali convinzioni fosse da ricercare nelle esperienze di attaccamento vissute durante la vita.
Pertanto le dinamiche relative all’attaccamento e all’accudimento ricoprono un ruolo chiave all’interno della Compassion Focused Therapy.
La spinta ad accudire e a ricercare accudimento, così come altre spinte di base, è radicata nell’essere umano a livello biologico, tanto che è stata ipotizzata la presenza di veri e propri sistemi psico-biologici deputati alla regolazione di queste funzioni. Ne sono esempi il sistema sessuale, quello cooperativo e quello agonistico. Ciascun sistema, quando attivato, spinge la persona a raggiungere determinati obiettivi come la soddisfazione sessuale, l’affiliazione e il rango sociale. I sistemi di accudimento e attaccamento mirano a fornire e ricevere sicurezza e protezione. L’attivazione di un sistema motivazionale genera pensieri, emozioni e comportamenti coerenti con il bisogno sottostante organizzando l’agire umano e l’interpretazione dell’ambiente circostante. Emozioni specifiche segnalano il raggiungimento o meno degli scopi; ecco che la rabbia, ad esempio, può nascere in risposta a tentativi di sottomissione a cui la persona risponde attraverso il sistema agonistico. La rabbia in questo caso segnala che è in corso un attacco al proprio rango sociale.
Secondo Gilbert esistono tre sistemi di regolazione emotiva responsabili delle emozioni che comunicano il soddisfacimento o la frustrazione dei bisogni di base.
Il sistema di protezione dalla minaccia: è focalizzato al riconoscimento di pericoli e al rispondere in modo adeguato alle minacce provenienti dall’ambiente; la sua attivazione porta ad una attenzione focalizzata sulla fonte del pericolo, ad emozioni negative come la rabbia, l’ansia e il disgusto e a comportamenti come l’attacco, la fuga o la sottomissione.
Il sistema di ricerca di risorse ha lo scopo di orientare il comportamento verso l’acquisizione di ricompense ed è responsabile di emozioni positive ad alta intensità come l’eccitamento e la vitalità. Il sistema calmante è orientato al recupero di energie psicologiche e fisiche attraverso emozioni positive a bassa intensità come il senso di sicurezza, di pace e di benessere. Pur essendo queste emozioni positive esse si differenziano da quelle generate dal sistema di ricerca di risorse per il fatto di essere emozioni volte alla calma e all’assenza di desideri, rivolte cioè al momento presente e non al futuro.
Dalla letteratura evoluzionistica è emerso come ciascun sistema motivazionale possa evocare un’ampia gamma di emozioni, in particolare i sistemi di accudimento e attaccamento sembrano connettersi proprio all’attivazione del sistema calmante. Così, essere oggetto di affetto e cure ha effetti fisiologici rilassanti mediati dal nervo vago e dalla produzione dell’ormone ossitocina.
Secondo la Compassion Focused Therapy, a causa di esperienze infantili in cui la persona è stata oggetto di disprezzo, vergogna ed esclusione sociale, l’attivazione dei sistemi di attaccamento e accudimento è compromesso stimolando il sistema di protezione dalla minaccia piuttosto che emozioni di sicurezza e calma.
Questo avviene perché tali esperienze imprimono nella persona l’idea di essere inadeguata e passibile di abbandono e rifiuto. Per garantirsi la vicinanza dell’altro si attivano pensieri autocritici come “Devi lavorare meglio. Devi stare più attento. Dovevi capirlo prima. Sei uno stupido. Sei un buono a nulla”. L’autocritica per quanto in apparenza utile, stimola e sostiene il sistema di protezione dalla minaccia (il rifiuto e l’abbandono) impedendo alla persona di accedere a emozioni di pace, sicurezza e rilassamento. La letteratura è ormai concorde nel sostenere che l’autocritica peggiori la qualità della vita ed esponga alla sofferenza emotiva e alla depressione.
Secondo il modello della Compassion Focused Therapy, la sofferenza è originata da uno sbilanciamento nell’attivazione dei tre sistemi di regolazione emotiva; in particolare da una iperattivazione del sistema di protezione dalla minaccia dovuto alla costante autocritica. La persona così risulta costantemente in allerta, ipersensibile alle critiche che giungono dagli altri e propensa a rivolgere a se stessa disprezzo e biasimo.
Scopo della Compassion Focused Therapy è ribilanciare i tre sistemi emozionali incrementando l’attività del sistema calmante. Come detto, le emozioni di pace e sicurezza sono stimolate da rapporti di accudimento/attaccamento, l’essere umano sembra aver sviluppato la capacità di provare empatia per persone non consanguinee e, addirittura, per altri esseri viventi non appartenenti alla propria specie. Questa capacità è stata ben definita dalla psicologia buddhista con il termine compassione cioè la capacità di riconoscere la sofferenza unita al desiderio di alleviarla. La letteratura indica come provare e ricevere compassione si connetta ai sistemi di attaccamento/accudimento e riesca a stimolare il sistema calmante favorendo un profilo psico-fisiologico di rilassamento.
È importante chiarire che nell’ottica della Compassion Focused Therapy la compassione non è pietà o commiserazione, ma il sentimento di partecipazione al dolore altrui (e proprio) unito al desiderio di alleviarlo. Ciò che attiva il sistema calmante non è l’effettiva eliminazione del dolore, ma provare un’intenzione compassionevole verso l’altro e sentirsi oggetto di attenzioni e cure, ne sono esempio gli effetti sul benessere percepito in malati terminali che pur sapendo di non essere curabili traggono beneficio da relazioni improntate alla compassione.
L’obiettivo della terapia focalizzata sulla compassione è di mettere in condizioni la persona di sviluppare la compassione verso sé stesso, di sviluppare un atteggiamento di apertura verso gli altri e promuovere la capacità di rispondere in modo compassionevole alle avversità. Numerosi studi indicano come le abilità di compassione possano essere apprese e imparate.
Ad oggi un consistente numero di studi evidenzia come la self-compassion si associ alla diminuzione di sintomi psichiatrici, minori livelli di ansia e depressione e, in generale, ad un miglioramento del benessere psicologico.
Per raggiungere questo scopo la Compassion Focused Therapy utilizza un insieme di interventi come le immaginazioni guidate, le meditazioni mindfulness, il respiro calmante, la scrittura di lettere compassionevoli, il ragionamento compassionevole. Ciascuna tecnica è utilizzata in modo flessibile a seconda del focus terapeutico, sia esso dare compassione a se stessi, agli altri o ricevere compassione. Parallelamente vengono sviluppate abilità di risposta all’autocritica che, come detto, attiva il sistema di protezione dalla minaccia impedendone la disattivazione.
In generale, il percorso si articola attraverso una prima fase volta a condividere il modello e le conoscenze circa il funzionamento dei sistemi motivazionali e di regolazione emotiva. Successivamente vengono introdotte tecniche di consapevolezza corporea come il respiro calmante che preparano all’utilizzo delle tecniche immaginative volte a sviluppare una rappresentazione compassionevole di sé grazie alla quale sarà possibile generare intenzioni, comportamenti e pensieri compassionevoli.
Data la sua natura trasversale e basata sul funzionamento normale dell’essere umano, la Compassion Focused Therapy può essere facilmente integrata con altri modelli terapeutici rivelandosi una valida alternativa in quei casi in cui il cambiamento sia ostacolato dalla difficoltà di attivare emozioni di pace e sicurezza.