Che cos’è il rimuginio?
Ti sei mai trovato a pensare continuamente ad un problema o ad una preoccupazione senza riuscire a liberartene? Molto probabilmente sì. Si tratta, infatti, di un’esperienza che quasi tutti noi abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita.
Ma di che cosa stiamo parlando? Del rimuginio ovvero di quel processo di pensiero in cui la persona si sofferma in modo ripetitivo su un evento negativo che potrebbe verificarsi in futuro, su una preoccupazione, una minaccia, un possibile pericolo.
L’intento che guida chi rimugina è quello di risolvere un problema, di giungere ad una conclusione o di trovare una risposta. In realtà, non solo rimuginando la persona non arriva ad una soluzione ma, nella maggior parte dei casi, si trova di fronte all’intensificazione del problema. Fa predizioni catastrofiche che portano alla persistenza di emozioni sgradevoli.
Il rimuginio è spesso associato a problematiche di ansia e fa sì che la persona persista in un costante stato di allerta. Pensare continuamente a scenari futuri temuti, focalizzandosi continuamente su aspetti negativi e possibili conseguenze indesiderate, attiva e amplifica emozioni spiacevoli alimentando il circolo vizioso dell’ansia.
La persona che rimugina si ritrova così senza una risposta definitiva, incastrata e bloccata in una spirale di pensieri che si susseguono ciclicamente e che non la portano da nessuna parte. Se non a continuare a pensare in modo ridondante rafforzando così il suo malessere psicologico. Vediamo come questo processo agisce con degli esempi.
Rimuginio: esempi clinici
Il rimuginio svolge un ruolo centrale in molteplici problematiche psicologiche.
Ansia generalizzata
Esso, in un paziente con un Disturbo d’Ansia generalizzato, potrebbe manifestarsi, ad esempio, nel modo seguente. A partire da un pensiero iniziale quale “Ho inviato un report al capo, e se ci fosse qualche errore?”, la persona potrebbe entrare nella seguente spirale di pensieri e di preoccupazioni:
- E se il mio capo non trovasse il report completo?
- E se pensasse che non sono capace?
- E se perdesse la fiducia in me?
- E se questo influenzasse la mia carriera?
- E se perdessi il lavoro?
- E se non ne trovassi un altro?
- E se mi trovassi in grosse difficoltà economiche?
- E se non riuscissi a mantenere la mia famiglia?
- E se mia moglie decidesse di lasciarmi per questo?”
Come si può notare, le preoccupazioni riguardano numerosi eventi e situazioni e passano da un tema all’altro.
Ansia per le malattie
Il rimuginio di un paziente con un Disturbo d’ansia di malattia ha, invece, come contenuti prevalentemente timori e paure legati alla malattia, da un lato, e, dall’altro, all’incertezza diagnostica.
A partire da un mal di testa, la persona potrebbe formulare la seguente catena di pensieri negativi: “Ho avuto mal di testa già diverse volte nell’ultima settimana….”
- E se avessi qualcosa di serio?
- E se fosse il segno di un tumore al cervello?
- E se avessi un tumore al cervello e non me ne accorgessi in tempo?
- E se dovesse peggiorare?
- E se faccio una visita e il medico mi dice che non ho nulla?
- E se si sbagliasse?
- E se poi fosse troppo tardi?
Il paziente con ansia di malattia, in seguito a pensieri intrusivi automatici che formula relativamente a delle situazioni per lui attivanti, si ingaggia in un processo di rimuginio che utilizza come strategia di coping per “prevenire la malattia” o per “accorgersi in tempo di averla in modo da correre ai ripari”.
Disturbo Ossessivo-Compulsivo
Un paziente con Disturbo ossessivo-compulsivo da relazione (DOC da relazione), potrebbe ingaggiarsi nel processo di pensiero seguente:
- E se non amassi davvero il mio partner?
- E se la relazione col mio partner non fosse quella giusta?
- Sento davvero quello che dovrei sentire?
- E se quello che provo non fosse della stessa intensità di quando ci siamo messi insieme?
- E se non fossi davvero innamorato?
- Se non sono sicuro al 100%, allora forse non è la persona giusta?
- E se commettessi un errore irrimediabile?”
Il rimuginio, in questo caso, ha per il paziente lo scopo di cercare una risposta ai propri dubbi angosciosi.
In tutti e tre gli esempi clinici presentati, il rimuginio tende ad aumentare lo stress e il malessere anziché risolvere le difficoltà e contribuisce all’intensificazione dei sintomi.
Il pensiero ripetitivo aumenta l’ansia senza risolvere il problema, mantenendo così le problematiche psicologiche.
Come gestire il rimuginio
Per lavorare sul processo di rimuginio, è utile che la persona abbia ben presente come rimuginare non porti affatto alla soluzione del problema.
Essere consapevole e riconoscere quando la mente inizia a rimuginare è un primo passo per disingaggiarsi dal ricorso a questo processo mentale.
È fondamentale, inoltre, che la persona operi una ristrutturazione di alcune credenze sottese al rimuginio, per esempio quella di incontrollabilità.
Le credenze sull’incontrollabilità del rimuginio
E’ possibile che le persone ritengano di non avere il controllo sui propri pensieri e vivano le preoccupazioni come “impossibili da controllare”. Ma la preoccupazione è tutt’altro che impossibile da controllare.
Essa, ad esempio, può essere interrotta quando si presentano dei fattori esterni imprevisti o quando sopraggiungono delle elaborazioni cognitive alternative. Prova a chiederti, per esempio:
- “Come faccio a dire che il rimuginio è incontrollabile?”;
- “Se sto rimuginando, mi suonano al campanello e vado ad aprire, che cosa succede alla mia preoccupazione?”;
- “Se fosse davvero incontrollabile, come farei a fermarmi quando vado a rispondere al telefono o quando vado ad aprire la porta?”;
- “Cosa accade alla mia preoccupazione quando vado a dormire?”;
- “Come farei a dormire se la preoccupazione fosse incontrollabile?”;
- “Cosa succede alla mia preoccupazione quando faccio qualcosa di importante?”.
È fondamentale notare come noi non possiamo avere il controllo sui pensieri intrusivi iniziali ma, al contrario, possiamo scegliere di non impegnarci nel processo di rimuginio conseguente.
Le credenze sull’utilità del rimuginio
Oltre a percepire le preoccupazioni come intrusive e incontrollabili, è possibile che chi rimugina, senta la preoccupazione come utile ad affrontare gli eventi disturbanti.
Creda che rimugionare serva ad analizzare al meglio un problema e a risolverlo, a ridurre la probabilità che l’evento temuto accada e a prepararsi ai vari scenari possibili sentendosi così più sicuro.
Se anche tu pensi che rimuginare sia utile prova a porti le seguenti domande:
- “Ho qualche prova che rimuginare sia effettivamente vantaggioso?”;
- “Ho mai fatto qualcosa senza preoccuparmi? In quei casi, qual è stato il risultato?”.
Prova anche a chiederti cosa accade alla tua concentrazione e alla tua ansia quando rimugini e quanto spesso le situazioni si vanno poi a concretizzare proprio nel modo in cui le avevi dipinte quando ci rimuginavi.
Probabilmente, rispondendo a queste domande hai avuto modo di renderti conto quanto preoccuparsi ingigantisca la realtà.
Puoi provare, in aggiunta, ad impegnarti in esperimenti di modulazione della preoccupazione andando ad aumentare e a diminuire il rimuginio sugli scenari da te temuti. Potrai poi valutare, successivamente, le conseguenze arrivando così a percepire quanto rimuginare non sia effettivamente utile.
Perché rimuginare è inutile e dannoso
Questo pattern di pensiero ripetitivo ed autoperpetuante risulta essere, dunque, un target di lavoro importante per ridurre l’ansia e aumentare il benessere generale.
Per relazionarti ai tuoi pensieri in modo sano potresti praticare la mindfulness che, attraverso la possibilità di stare nel qui e ora, la sospensione del giudizio e l’accettazione del momento presente così come è, ti può guidare nella sospensione del rimuginio.
Se il rimuginio fosse particolarmente impattante nella tua vita e se dovesse limitare il tuo benessere quotidiano, rivolgerti ad uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale potrebbe rivelarsi particolarmente utile.
Conclusioni
Quanto detto, nel complesso, vuole sottolineare l’importanza di acquisire, a mano a mano, consapevolezza rispetto all’attivazione del rimuginio. Ciò al fine di direzionarsi verso la sospensione e l’abbandono di tale strategia cognitiva, che contribuisce solo ad alimentare il circolo vizioso dell’ansia, in nome di strategie alternative adattive.
Bisogna, dunque mitigare il processo di rimuginio che segue alle intrusioni e sperimentare delle strategie alternative all’intensa attività rimuginativa. Questo tenendo sempre ben presente che non è tanto il contenuto del pensiero (il “cosa” pensiamo) a determinare elevati livelli di ansia, stress e sofferenza emotiva quanto il “come” pensiamo.
Riferimenti bibliografici
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- Wells, A. (2018). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. Trento: Erickson.