Gli articoli divulgativi riguardanti i Disturbi di Personalità sono sempre più numerosi. Non è insolito incontrare persone, al di fuori di contesti professionali, che parlano di Disturbo Narcisistico, Borderline o Dipendente con descrizioni che non si discostano poi tanto dai concetti essenziali (seppur con i comprensibili limiti conoscitivi).
In ambito professionale, trascorrendo molte ore immersi nella psicopatologia, corriamo il rischio di essere molto abili nel descrivere ciò che è patologico perdendo di vista le caratteristiche della normalità o addirittura di ciò che rende una persona amabile.
Ha un senso parlare di amabilità?
Nell’iniziare a scrivere mi sorge il dubbio se sia necessario proporre al lettore un tema simile. Ogni società descrive le regole che deve rispettare e i canoni da proporre. Cercare di essere gradevole, piacevole, è da considerarsi ancora un valore verso il quale tendere?
Ci saranno persone a cui non importa risultare amabili o piacevoli. C’è chi considera bello e amabile un tizio che, cantando, prende a calci delle fioriere. O un tale che parla su ciò che sta dicendo l’altro con urla e gesti scomposti. O un individuo, con una pistola tatuata su una laringe coprolalica, che inneggia alla pantoclastia.
Vi sono modelli, emulati da un numero non così esiguo di persone, in cui l’amabilità viene contrastata se non disprezzata. Allora ha un senso parlare di amabilità? Credo proprio di si e cercherò di spiegarlo alla fine.
Le caratteristiche della persona amabile
La piacevolezza o gradevolezza di un individuo in ambito sociale – escludiamo dalla riflessione le dinamiche di coppia – più che una struttura di personalità specifica è da considerarsi un insieme di caratteristiche che riscontriamo trasversalmente in differenti tipologie personologiche. Un tratto sovraordinato che poggia su alcune delle aree esposte di seguito.
Il grado di fiducia nell’approccio relazionale consente di partire dal presupposto che le intenzioni dell’altro siano benevole, almeno fino a prova contraria. L’idea aprioristica che l’altro possa essere sospettoso, pericoloso o disonesto non emerge in prima battuta, mantenendo in tal modo bassi livelli di minaccia percepita.
L’assertività, la schiettezza e l’onestà nel comunicare con gli altri consente di adottare stili attivi che non ricorrono alla manipolazione e all’inganno per raggiungere determinati scopi.
La generosità, la gentilezza e la considerazione per l’altro costituiscono le basi dell’altruismo che orienta le proprie condotte non esclusivamente in base agli interessi personali.
La capacità cooperativa risulta di particolare utilità nella gestione di situazioni conflittuali. Preserva dal mettere in atto schemi di antagonismo esasperato, condotte litigiose o nutrire sentimenti di vendetta.
La modestia, intesa come la coscienza che la realizzazione personale avviene sempre all’interno della cornice delle nostre reali possibilità. E’ una caratteristica che si riferisce al concetto che un individuo ha di sé (a differenza dei punti sopra elencati che riguardano comportamenti interpersonali o sociali). Diciamo che gli stili arroganti, autocelebrativi e autoesaltanti, che ci assediano da più parti, non sono proprio un toccasana per lo sviluppo di questo tratto nei più giovani.
La tenerezza, intesa come la capacità di formulare giudizi o manifestare comportamenti integrando le sfumature positive di un’emotività evoluta, è un elemento tenuto di solito in scarsa considerazione (forse per timore che venga scambiata con infantilismo da chi la mette in atto) quando ha una grande rilevanza nel determinare il grado di piacevolezza di una persona.
Il perdono (che non è sinonimo di giustificazione o oblio) misura la risposta che una persona mette in atto quando subisce un torto. Consente di non rimanere agganciati al passato nelle sue esperienze negative
L’elasticità mentale consente di osservare la situazione da differenti punti di vista e adottare risposte non stereotipate e maggiormente adattative.
La pazienza porta a non agire le proprie emozioni spiacevoli nell’immediatezza.
L’umorismo permette di trasmettere e condividere emozioni positive, ridurre la tensione, a patto che non sia adoperato come strumento per denigrare o umiliare l’altro.
La capacità di gestire i sentimenti di solitudine e disconnessione sociale in modo da creare e mantenere efficienti i ponti relazionali.
Mantenere un buon equilibrio emotivo, contenendo le oscillazioni all’interno di un range tale da non destabilizzare l’altro.
Le persone gradevoli sono pur sempre persone
Le persone che soddisfano tutte queste caratteristiche, mantenendole costanti nel tempo, le troviamo probabilmente sul calendario, con il nome proprio preceduto da un “San/Santa”. Forse neppure lì. Mi vengono in mente tutte le raffigurazioni pittoriche rappresentanti la scena di Gesù e i mercanti del tempio.
Non dobbiamo immaginare le persone considerate gradevoli come immuni da sentimenti negativi. Non si tratta di soggetti fanatici del “Bello a tutti i costi” né ostentatori di spensieratezza come marchio di fabbrica.
Sono invece persone che esperiscono tutti gli stati d’animo; la peculiarità è nel modo in cui questi vengono elaborati.
Merito di come li ha fatti mamma Natura e delle esperienze precoci di vita che possono, ma non necessariamente, essere state propizie.
La biologia della piacevolezza
Dal punto di vista neurobiologico sappiamo che, quando le persone ritenute piacevoli si sentono ferite, il loro cervello attiva le aree cognitive, emotive e motorie in risposta alla minaccia.
La situazione valutata come sgradevole determina una risposta affettiva negativa attivando il sistema limbico e il talamo che, a loro volta, vanno a influenzare il circuito della salienza (l’importanza che viene dato all’evento e ai target da monitorare) individuando possibili risposte motorie.
Fin qui è quello che accade in qualsiasi essere umano. Differente sarà il compito della corteccia prefrontale che andrà ad inibire eventuali condotte impulsive, a modulare gli stati emotivi sottostanti, a mettere in risalto esperienze pregresse positive e formulare previsioni maggiormente funzionali.
E’ pur sempre un cervello che funziona in un determinato modo.
Si può migliorare il proprio livello di gradevolezza?
Essere una persona piacevole potrebbe essere valutato in un’ottica statistica: quante volte si manifestano, nell’interazione con l’altro, elementi di gradevolezza intenzionali o percepiti dall’esterno.
Ne deriva che ognuno può fare attivamente qualcosa per migliorare tale tratto e fare in modo che emerga con maggiore frequenza. La terapia Cognitivo Comportamentale, insieme ad alcune terapie di terza generazione, ha sviluppato diverse tecniche per lavorare su tale aspetto e indica alcune cose da fare.
Praticare la Mindfulness aiuta a mantenersi ancorati nel “qui e ora” e a sviluppare concetti come consapevolezza, gentilezza, accettazione, non giudizio, tolleranza e pazienza
Cercare di coltivare l’ottimismo. Non si tratta di essere positivi o “vedere rosa”, aspetti ai quali io per primo non credo (e che a momenti trovo irritanti).
Lo schema dell’ottimista non si basa sulla fiducia che tutto andrà bene ma adotta strategie più complesse: circoscrive il problema a un ambito specifico e definito (per intenderci non lo estende in modo pervasivo a tutta la sua esistenza), lo considera dipendente da sé solo in parte (non crede che tutto ciò che accade sia esclusivamente colpa sua) e considera comunque il problema con una durata definita nel tempo (che non dura un’eternità).
Riconoscere la ruminazione e non confonderla col pensiero logico. Il pensiero ruminativo – dalle forme ansiose a quelle rabbiose – è la base su cui poggia molta psicopatologia e tratti di sgradevolezza.
Esercitare le forme di dialogo interiore in modo flessibile, che sia in grado di non intrappolare in bias di ragionamento come il saltare subito alle conclusioni o cercare esclusivamente conferma alle proprie convinzioni evitando tutto ciò che potrebbe sconfermarle
Conoscere le tecniche assertive e non dimenticare di tenerle sempre allenate; il rischio è che a prevalere siano le modalità passive o aggressive i cui vantaggi (solo apparenti) a breve termine sono noti così come gli svantaggi (certi) nel lungo termine. Comprendere e rispettare il punto di vista dell’altro mentre esponiamo il nostro non è semplice né spontaneo, bisogna esercitarsi (e a volte i risultati sono parziali anche tra i più bravi).
Comprendere l’utilità dell’umorismo nella nostra vita e cercare di mantenerlo attivo, impiegando una visione a lungo raggio delle cose. Charlie Chaplin quando affermava che la vita è una tragedia se vista in primo piano, ma una commedia se vista in campo lungo, aveva già un po’ d’esperienza in materia.
Non dimenticare che sorridere, impiegare bene la voce e la gestualità sono elementi sempre importanti nel determinare i livelli di piacevolezza
E allora ha un senso cercare di essere gradevoli?
Come dicevamo all’inizio la gradevolezza non che uno degli elementi costitutivi di una personalità. Non è autocelebrazione della propria bellezza, non è bisogno di emergere, non è voler essere gradevoli a tutti i costi.
E’ il risultato indiretto di molti elementi, per lo più inconsapevoli.
Verrebbe da dire che cercare di essere gradevoli dovrebbe essere una questione di buon senso, anche se quest’ultimo a volte se ne sta nascosto per paura del senso comune, amara riflessione manzoniana ancora attuale.
E se poi il senso comune cambia velocemente, con modelli sempre più caleidoscopici, si fa ancora più fatica a individuare stili di condotta in grado di suscitare nell’altro sentimenti di piacevolezza. Cercare di essere gradevoli è un atto di amore che fa bene per prima a chi lo mette in atto.
Alle persone gradevoli, e che coltivano la gradevolezza, dobbiamo essere infinitamente grati, con tutto il cuore, non solo perché ci trasmettono belle sensazioni.
Queste persone hanno un ruolo sociale fondamentale nel mantenere un tessuto interstiziale sano e in grado di mettere in connessione tutte le eterogenee diversità.
Sono le tante persone che non si impongono, che non fanno rumore, inconsapevoli del fondamentale ruolo di collante sociale che hanno e del quale spero possano avere coscienza. E’ a loro che dedico la meravigliosa poesia di Borges.
Chi è contento che sulla terra esista la musica. Chi scopre con piacere un’etimologia […]. Un uomo e una donna che leggono le terzine finali di un certo canto. Chi accarezza un animale addormentato. Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. Queste persone che si ignorano stanno salvando il mondo.
Jorge Luis Borges “i giusti”