L’invidia è un’emozione universale, presente in ogni gruppo sociale. La sua funzione evolutiva può essere rintracciata nell’attivazione della motivazione ad agire comportamenti orientati a migliorare la propria posizione nella gerarchia sociale. Oppure a modificare la matrice distributiva delle risorse disponibili.
Pertanto, non può essere definita come emozione “negativa”, inopportuna o da eliminare.
Spesso l’invidia viene sperimentata nei confronti di altri individui che ottengono risultati che sono desiderati e alla portata di colui che prova questa emozione.
La letteratura offre definizioni del costrutto di invidia che distinguono tra forme di invidia disfunzionali o maligne, e forme funzionali o benigne.
Invidia funzionale o benigna
L’invidia funzionale o benigna è assimilabile al concetto di ammirazione e può essere associata a emozioni come curiosità, apprezzamento, gratitudine, soddisfazione, eccitazione.
Tale forma include il vantaggio evolutivo di motivare e spingere l’individuo a intraprendere azioni atte a migliorare il proprio stato attuale, ad esempio incrementando la propria performance.
Quando l’invidia è benigna l’individuo che la sperimenta è più focalizzato su se stesso e sui propri bisogni che sul confronto con l’altro.
Invidia disfunzionale o maligna
Contrariamente, l’invidia disfunzionale o maligna è focalizzata sul confronto con gli altri e non include un incremento della motivazione a migliorarsi, quanto piuttosto un suo decremento.
Generalmente viene sperimentata quando valutiamo che il successo di un’altra persona può minacciare il nostro status, evidenziando la nostra inferiorità o il nostro fallimento. E’ associata a differenti conseguenze cognitive, emotive e comportamentali.
Sul piano cognitivo può essere associata alla presenza di processi disfunzionali e fonte di sofferenza come la ruminazione o il rimuginio oltre che a livelli elevati di autocritica.
Sul piano emotivo, può essere associata a stati affettivi rabbiosi, ostili e di risentimento. O può indurre il soggetto a sperimentare stati emotivi dolorosi che includono tristezza, vergogna, impotenza e abbattimento.
Invidia maligna e tendenze distruttive
Sul piano della tendenza all’azione e del comportamento si possono rilevare impulsi all’azione aggressivi che conducono a fantasticare, pianificare o mettere in atto azioni atte a:
- screditare o sabotare la persona oggetto di invidia,
- sminuirne le qualità,
- condurla al fallimento.
In taluni casi tali fantasie o piani di azioni sono associati a sentimenti di piacere o gratificazione. Altresì, l’invidia maligna può condurre all’evitamento e al ritiro, o all’adozione di strategie quali la lamentela e la ricerca di rassicurazione eccessiva.
Viste le conseguenze emotive, cognitive e comportamentali associate, l’invidia maligna può quindi danneggiare in maniera significativa il funzionamento relazionale, sociale e lavorativo.
Il lavoro clinico sull’invidia maligna
In psicoterapia può quindi essere utile un lavoro orientato a ridurre le modalità disfunzionali associate all’invidia maligna, integrandole con altre più vantaggiose.
Ad esempio, un obiettivo può essere quello di apprendere a lavorare produttivamente orientati al proprio risultato (anziché al confronto con l’altro), con un dispendio emotivo inferiore, e di poter apprezzare e trarre soddisfazione dai risultati che si riescono a raggiungere.
Il trattamento dell’invidia in Schema Therapy
La Schema Therapy, come approccio flessibile e transdiagnostico, offre differenti opportunità terapeutiche. Ad esempio per pazienti complessi, problematiche di personalità, relazionali, di coppia e anche per la gestione di emozioni problematiche.
In un interessante intervento tenuto dalla dott.ssa Olga Ines Luppino, nel contesto del workshop “La Schema Therapy per lavorare su Vergogna, Invidia e Rabbia”, è stata descritta una proposta di trattamento per l’invidia disfunzionale che si fonda sull’utilizzo del chairwork.
Coerentemente con quanto già descritto, tale intervento si basa su una concettualizzazione dell’invidia che prevede la possibile presenza di due differenti parti: una buona o funzionale (che ammira) e una malevola o disfunzionale.
Il chairwork come tecnica principale
In particolare, vengono descritte due differenti pratiche chairwork.
La prima pratica di chairwork ha lo scopo di aiutare il paziente a distinguere le due diverse componenti dell’invidia. In particolare, il paziente, guidato dal terapeuta, “mette a sedere” la parte funzionale e la parte disfunzionale su due sedie distinte.
Altresì, il paziente viene guidato nell’incarnare le differenti parti, incrementandone così la consapevolezza.
Infine, viene promossa nel paziente la possibilità di osservare le sedie (e quindi le due diverse parti) da una terza prospettiva, esterna. Ciò con lo scopo di allenare ulteriormente la consapevolezza e promuovere la possibilità di effettuare uno spostamento attivo tra queste parti che sono dentro di lui.
I vantaggi di questa tecnica
La natura esperenziale del chairwork fa sì che la comprensione che il paziente acquisisce non si fermi ad un livello di conoscenza meramente didattica, razionale o cognitiva. Esso, infatti, consente anche di “sentire” l’attivazione delle diverse parti, sperimentandone l’attitudine fisica e la tendenza all’azione tipica associate.
Ad esempio, il paziente potrà riconoscere e sentire come la parte malevola sia associata alla presenza di ruminazione e rimuginio, ad un irrigidimento fisico, ad una focalizzazione sull’altra persona. Lo conduce ad un vero e proprio blocco o a una tendenza ad agire sull’altro, confrontandosi costantemente o arrivando a adottare azioni aggressive, perdendo di vista se stesso e i propri bisogni.
Tale consapevolezza “esperenziale” potrà promuovere la possibilità che il paziente, anche fuori dalla seduta, possa cogliere certi segnali corporei e riorientare il proprio comportamento in maniera funzionale per sé.
Oltre la consapevolezza
Una volta che la consapevolezza del paziente è incrementata ed egli è in grado di etichettare le differenti parti dell’invidia, il lavoro successivo proposto è orientato ad abbandonare i meccanismi disfunzionali, come quelli del confronto costante con altri.
La proposta terapeutica in questo senso è quella di utilizzare un differente chairwork che sia orientato ad arginare la voce del critico esigente (responsabile del confronto costante e dei sentimenti di inadeguatezza). Per poi fornire un potente messaggio di reparenting alla parte emotiva bambina che in passato è stato privata di lode incondizionata.
In particolare, viene identificata la voce critica esigente, “messa su una sedia” e confrontata e arginata direttamente dal terapeuta.
L’intervento di contrasto del critico esigente si conclude col coinvolgimento attivo del paziente che “lo mette fuori”, voltando la sedia.
Il reparenting in Schema Therapy
L’intervento proposto consente al paziente di sperimentare sollievo e, conseguenzialmente, concede al terapeuta la possibilità di entrare in relazione con la parte emotiva vulnerabile, che si sente inadeguata.
Questo offre la preziosa opportunità di fornirle un importante messaggio di reparenting. Il messaggio di reparenting offerto è fondato sul concetto che il paziente va bene esattamente per come è, che il suo valore non sta nell’essere “primo”, ma unico, con le sue capacità ma anche con le sue vulnerabilità e limiti.
Lo scopo finale è quello che il paziente possa sempre più sostituire i vecchi messaggi disfunzionali interiorizzati del critico esigente con questi messaggi di reparenting. Per sostenere ancora di più questo processo l’esercizio proposto si conclude con la registrazione vocale del messaggio di reparenting e con l’assegnazione dell’homework di riascoltarlo.
Gli interventi proposti, coerentemente col razionale di lavoro in Schema Therapy, hanno quindi lo scopo di:
- promuovere la validazione delle emozioni
- incrementare la consapevolezza delle componenti dell’invidia
- allentare le parti che inducono all’adozione di comportamenti e attitudini disfunzionali
- effettuare uno spostamento di focus dall’altro a sé, aumentando l’accesso ai propri bisogni
- potenziare le parti che consentano di prendersi cura dei propri bisogni autentici sottostanti all’emozione, in maniera sana e funzionale
Bibliografia
- Leahy, R. L. (2015). Emotional Schema Therapy. New York: The Guilford Press (trad. it.: Emotional Schema Therapy. Credenze sulle emozioni e strategie di regolazione emozionale in terapia metacognitive. Eclipsi, Firenze, 2016).
- Leahy, R. L., Tirch, D. & Napolitano, L. A. (2011). Emotion Regulation in Psychotherapy: A practitioner’s guide. New York: The Guilford Press (trad. it. La regolazione delle emozioni in psicoterapia. Guida pratica per il professionista. Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A., Trento, 2018).
- Luppino, O. I. (2023). La Schema Therapy per lavorare su Vergogna, Invidia e Rabbia [Webinar]. Italian Academy of Schema Therapy (IAST).