È ormai sentire comune che le condizioni meteorologiche influiscano sulla nostra salute psicologica e fisiologica.
Cos’è la meteoropotaia
Il termine meteoropatia deriva dal greco, “meteora” (fenomeni celesti) e “pathos” (dolore). Questo concetto si riferisce a un insieme di cambiamenti nella temperatura, umidità, pressione barometrica e luminosità che può influenzare alcuni soggetti sia a livello mentale che fisico.
La meteoropatia può essere considerata una sindrome: è rappresentata, infatti, da un insieme di sintomi e reazioni patologiche che si manifestano quando si verifica un cambiamento graduale o improvviso di uno o più fattori meteorologici in una determinata zona (Mazza et al., 2012).
Si riscontra che le persone di mezza età, soprattutto le donne, corrano un rischio maggiore di diventare meteoropatici.
Sintomi meteoropatia
Le persone estremamente sensibili agli agenti atmosferici possono sperimentare (Hoxha e Zappacosta, 2023):
- cambiamenti della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca
- disturbi di stomaco
- difficoltà respiratorie
- depressione (mentale e fisica)
- intorpidimento
- ansia
- irritabilità
- mal di testa
- disturbi del sonno
- maggiore vulnerabilità al dolore alle articolazioni
- dolore muscolare
- dolore nella testa, nel collo e nelle spalle
- vertigini
- dolore cronico
- desiderio di restare in casa
Questi sintomi durano 1 o 2 giorni, cominciano a diminuire una volta che il tempo cambia, ma ritornano se il tempo cambia di nuovo (Mazza et al., 2012).
Meteorosensibilità e meteoropatia
Esiste una differenza quantitativa tra i termini meteorosensibilità e meteoropatia. Meteorosensibili sono le persone biologicamente suscettibili a sentire l’effetto di particolari eventi atmosferici sulla mente e sul corpo. Meteoropatici sono quegli individui che sviluppano una malattia specifica o un peggioramento delle malattie esistenti in conseguenza di questi cambiamenti climatici (Watson, 2000).
Mazza e colleghi hanno anche redatto un questionario (METEO-Q) utilizzato per rilevare la meteorosensibilità e la meteoropatia.
Il questionario presenta 11 item, classificati in due gruppi principali. Il primo valuta le variazioni dell’umore in relazione alla temperatura, alle stagioni, ai cambiamenti atmosferici, alla zona geografica, al jet lag e alla latitudine. Il secondo valuta gli effetti qualitativi dei sintomi (l’interferenza con le attività quotidiane, la loro relazione con altri fenomeni ciclici, la propensione dei sintomi a minimizzarsi o a scomparire quando cessa la condizione scatenante, o quando si manifesta una condizione ambientale opposta) (Mazza et al., 2012).
Possibili cause della meteoropatia
Sembra che le variabili meteorologiche, come la pressione barometrica, la temperatura, l’umidità, la nuvolosità, i fronti temporaleschi, la velocità del vento, le precipitazioni e la luce solare, influenzino la salute tramite cambiamenti nella concentrazione dei neurotrasmettitori a livello cerebrale.
Alcune ricerche su modelli animali, ad esempio, indicano che i neuroni nel nucleo vestibolare superiore sembrano rispondere ai cambiamenti della pressione barometrica (Sato et al., 2019). E’ stato notato infatti che intervenendo sulla pressione atmosferica, in condizione sperimentale, venivano attivati sia ipotalamo che amigdala (centri cerebrali responsabili delle emozioni). In particolare, tali condizioni influenzavano direttamente l’ipotalamo, stimolando la produzione dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH, prodotto dalla ghiandola pituitaria, che porta a sintomi come palpitazioni, ansia e irritabilità) e diminuendo la produzione di endorfine (“ormoni della felicità”). Abbassando così la soglia del dolore e aumentando i sintomi meteoropatici (Sato et al., 2019).
Un’altra spiegazione alla meteorosensibilità umana è stata individuata nei campi elettromagnetici (EMF) e nelle sue variazioni, ad esempio durante i temporali, le quali possono essere percepite anche a lunghe distanze e possono innescare una varietà di sintomi, principalmente mal di testa, affaticamento mentale e fisico (Panagopoulos e Balmori, 2017).
Infine, è stato osservato un apparente meccanismo del nervo vago che fornirebbe prove a sostegno delle basi neurologiche della meteoropatia. Donald Liebell ha impiegato una metodologia analitica caso-specifica per rilevare punti di resistenza elettrica cutanea alterata all’interno della regione innervata dal ramo auricolare del nervo vago, per poi successivamente stimolarli con un procedimento specifico di agopuntura, osservando miglioramenti nei soggetti che si sono sottoposti a tale intervento (Liebell, 2022).
Winter blues o Disturbo Affettivo Stagionale
Nonostante la diffusione e la popolare conoscenza dei concetti di meteoropatia, non sono ancora chiare le relazioni che legano i cambiamenti climatici a tale sensibilità mentale e fisica.
Le ricerche al momento sono lontane dal poter individuare, in modo scientificamente soddisfacente, una chiara causalità e i vari nessi relazionali tra questi due concetti.
D’altrocanto ciò che risulta significativo, sia a livello clinico sia epidemiologico, è che una parte di tali soggetti meteorosensibili sviluppa una condizione depressiva in determinati periodi dell’anno. L’andamento non è di tipo meteoropatico cioè variabile al variare del meteo, quanto piuttosto ricorrente e stagionale (stesso periodo dell’anno per più anni, con flessioni dell’umore intense).
La depressione con andamento stagionale, denominata anche Disturbo Affettivo Stagionale (SAD), indica la presenza di episodi depressivi maggiori ricorrenti in una stagione particolare, tipicamente autunno e inverno, per tale motivo è anche spesso conosciuta come Winter Blues.
La condizione è stata originariamente descritta nel 1984 per denotare episodi depressivi ricorrenti che si verificano ogni anno nello stesso periodo dell’anno, per almeno due anni consecutivi (Rosenthal et al., 1984).
Caratteristiche del disturbo affettivo stagionale
La caratteristica essenziale è l’esordio e la remissione degli episodi depressivi in periodi caratteristici. Nella maggior parte dei casi, gli episodi iniziano in autunno o in inverno e si risolvono in primavera. Meno comunemente, possono verificarsi episodi depressivi estivi ricorrenti.
Questa specificazione non si applica a quelle situazioni in cui il modello è meglio spiegato da fattori di stress psicosociali legati alla stagione (ad esempio, disoccupazione stagionale o orario scolastico) (American Psychiatric Association, 2023).
Fin dalla sua prima menzione nella letteratura medica, il SAD è stato, e continua ad essere, ben documentato negli studi epidemiologici (Fonte e Coutinho, 2021; Rosenthal et al., 1984). Viene identificato come un tipo di depressione, la sindrome quindi non è considerata un disturbo individuale dagli attuali sistemi di classificazione.
Infatti, nell’undicesima revisione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-11), il “disturbo depressivo stagionale” è contenuto nella categoria dei “disturbi depressivi ricorrenti” (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2023), mentre nella Quinta Edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5-TR), il “modello stagionale” è ancora incluso come specificatore per il “disturbo depressivo maggiore ricorrente” (American Psychiatric Association, 2023).
Pertanto, mentre il concetto di SAD come disturbo mentale individuale continua a essere controverso, le variazioni stagionali dell’umore e del comportamento sono ben riconosciute e richiedono importanti considerazioni cliniche e gestionali.
Prevalenza
L’esordio del disturbo affettivo stagionale avviene tipicamente tra i 18 e i 30 anni, anche se può iniziare a qualsiasi età. Nel mondo, la prevalenza è stimata tra l’1 e il 10% della popolazione (Meesters e Gordijn, 2016), la variazione è influenzata da latitudine e genere: la sindrome si verifica più comunemente nelle donne e a latitudini maggiori (American Psychiatric Association, 2023).
Sintomi
Molti dei sintomi del disturbo affettivo stagionale, sono sovrapponibili a quelli riscontrati negli episodi di depressione maggiore, come ad esempio il sentirsi tristi, irritabili e piangere frequentemente. Chi ne soffre è inoltre stanco e letargico, ha difficoltà di concentrazione, dorme più del normale (ipersonnia) e nonostante ciò manca di energie. Diminuiscono i livelli di attività, evita situazioni sociali ed è sessualmente inattivo (calo o assenza di desiderio).
Contrariamente a quanto viene osservato negli episodi depressivi maggiori, in cui statisticamente si riscontra inappetenza e perdita di peso, nel disturbo affettivo stagionale sono presenti iperfagia e aumento ponderale. In questi casi si ha infatti un forte desiderio di cibi ricchi di carboidrati, in particolare zuccheri, e si tende a ingrassare per eccesso alimentare.
Possibili Cause
La fisiopatologia del SAD è complessa e non ben compresa. Sono state proposte diverse ipotesi causali, tra cui una carenza di luce ambientale.
In effetti, dove le ore giornaliere di luce solare (cioè fotoperiodo) risultano inferiori si riscontra un incremento del disturbo. Già nei primi studi in cui il SAD venne individuato, i ricercatori proposero come variabili climatiche rilevanti la lunghezza del giorno, le ore giornaliere di sole e la temperatura, tutte correlate tra loro (Rosenthal et al., 1984).
Un’ipotesi alternativa, nota come “ipotesi dello spostamento di fase”, propone che la presenza di sintomi depressivi in inverno sia correlata non solo a una minore ampiezza circadiana, ma anche a un ritardo (uno spostamento appunto) nei ritmi circadiani rispetto al ciclo sonno/veglia (Dhawka et al., 2022).
Il ruolo della serotonina e della melatonina
Alcuni ricercatori si sono focalizzati sulla relazione tra periodo invernale e neurotrasmettitori legati all’umore, come ad esempio la serotonina.
Ѐ stato dimostrato che durante l’estate, la luce solare mantiene bassi, in modo naturale, i livelli delle proteine utilizzate per il reuptake della serotonina (SERT). Quando la luce solare diminuisce in autunno, i livelli di SERT aumentano (incrementando il riassorbimento del neurotrasmettitore) con conseguente riduzione dell’attività della serotonina.
Inoltre è stato osservato che le persone che sviluppano il disturbo affettivo stagionale avrebbero difficoltà nella regolazione della serotonina e nei livelli di SERT. In particolare, in chi soffre di SAD, i livelli di SERT aumentano con il diminuire delle ore di luce con una fluttuazione maggiore rispetto ai soggetti sani, i quali non hanno mostrato cambiamenti così significativi nei livelli di SERT (McMahon et al., 2014).
Anche la correlazione tra SAD e produzione di melatonina è stata presa in considerazione: ricercatori hanno ipotizzato che chi soffre di disturbo affettivo stagionale possa avere difficoltà con la sovrapproduzione di tale ormone (Lewy, Lefler, Emens & Bauer, 2006).
La ghiandola pineale, che produce melatonina, aumenta con il diminuire della luce, ciò comporterebbe un drastico innalzamento dei livelli di melatonina nei soggetti con SAD nei mesi invernali, portandoli a percepirsi più assonnati e letargici.
Trattamenti
Le persone con una forma lieve, dovrebbero trascorrere più tempo all’aperto o, se ciò non è possibile, sfruttare ogni opportunità per sedersi in luoghi luminosi.
Chi soffre di forme gravi ha bisogno di cure mediche, l’uso eccessivo di farmaci tuttavia dovrebbe essere evitato, perché si ottengono buoni risultati usando la terapia della luce accompagnata da psicoterapia e prescrizioni di antidepressivi.
Fototerapia
La Light Therapy (LT), o fototerapia, è considerata il trattamento “gold standard” per la cura del SAD (Rohan et al., 2015).
Precedenti studi avevano concluso che più della metà dei partecipanti alla ricerca (il 43% dei quali con un disturbo moderato-grave) aveva manifestato un miglioramento clinicamente significativo dei sintomi depressivi con il trattamento Light Therapy. Avevano rilevato inoltre che una settimana di trattamento al mattino produceva un tasso di remissione più alto rispetto allo stesso intervento effettuato in altre ore della giornata.
In effetti, ultime ricerche hanno corroborato i dati precedenti: l’esposizione a luce bianca a spettro completo di 10.000 lx per un’ora al mattino ha ottenuto risultati importanti come una maggiore veglia durante il trattamento, una migliore qualità del sonno notturno e un migliore ritmo quotidiano rispetto ai controlli (Costello et al., 2023; Terman e Terman, 2005; Terman et al., 1989).
Tuttavia, nonostante gli effetti della Light Therapy siano promettenti, esistono alcune precauzioni da tenere in considerazione per evitare di andare incontro a spiacevoli effetti collaterali. Affaticamento oculare, maggior rischio di degenerazione maculare legata all’invecchiamento, mal di testa, irritabilità e disturbi del sonno possono venire riscontrati durante la terapia.
La LT, inoltre, non dovrebbe essere usata in combinazione con medicinali fotosensibilizzanti come litio, melatonina, antipsicotici fenotiazinici ed alcuni antibiotici (Melrose, 2015; Terman & Terman, 2005).
Terapia farmacologica
A livello farmacologico, il SAD può essere trattato come altri disturbi depressivi, quindi con la somministrazione di farmaci antidepressivi, con particolare attenzione alla riattivazione della serotonina, considerando che questo neurotrasmettitore sembra subire una maggiore flessione relativa al disturbo specifico.
Per questo, antidepressivi di seconda generazione, come gli Inibitori selettivi della ricaptazione di Serotonina (SSRIs) si sono rivelati trattamenti efficaci (Morgan et al., 2015).
Psicoterapia
Come per il disturbo depressivo maggiore, la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) è considerata il migliore trattamento in termini di efficacia.
La CBT per il SAD si può avvalere di un protocollo specifico che si basa su attivazione comportamentale e ristrutturazione cognitiva.
La caratteristica principale è che trattandosi di un percorso da svolgersi in un arco di tempo limitato, deve essere condensato in poche settimane, suggerendo di aumentare sia la durata delle sedute che la loro frequenza settimanale (Rohan et al., 2015).
Si concentra sull’identificazione e la pianificazione di eventi piacevoli per fronteggiare l’anedonia invernale e la ristrutturazione cognitiva, sia dei caratteristici pensieri depressivi sia dei pensieri negativi tipici della stagione invernale.
Il trattamento combinato di antidepressivi, fototerapia, Vitamina D e intervento psicoterapeutico risulta nell’approccio più efficace.
Quando i sintomi depressivi sono più lievi si consiglia di passare il maggior tempo possibile all’aria aperta e in socialità, o comunque sfruttare il più possibile la luce solare a disposizione, modificare la dieta limitando amidi e zuccheri e incrementare l’attività fisica (Melrose, 2015).
Bilbiografia
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