Disturbi dissociativi, definizione
La parola dissociazione viene spesso usata in letteratura ed in clinica per indicare concetti diversi tra loro che includono sintomi, meccanismi psichici e disturbi mentali.
Nel DSM-5, i disturbi dissociativi sono descritti come caratterizzati dalla sconnessione e/o dalla discontinuità della normale integrazione delle funzioni di:
- coscienza
- memoria
- identità
- emotività
- percezione
- rappresentazione corporea
- controllo motorio
Tali sintomi possono essere sperimentati come intrusioni o perdita di continuità nell’esperienza soggettiva o con l’impossibilità di accedere alle informazioni o controllare le funzioni mentali che sono solitamente accessibili e recuperabili.
Un continuum dal normale al patologico
Esiste un continuum di queste esperienze di sconnessione, che va dal normale assorbimento in pensieri e preoccupazioni che tutti sperimentiamo quotidianamente a sintomi che risultano fortemente disadattivi ed hanno gravi ripercussioni sul funzionamento della persona nell’estremo del continuum che definisce la patologia.
Le categorie diagnostiche comprese nei disturbi dissociativi sono:
- Amnesia Dissociativa
- Depersonalizzazione/Dereealizzazione
- Disturbo Dissociativo dell’Identità
- Disturbo Dissociativo con Altra Specificazione.
Disturbo Dissociativo dell’Identità, descrizione
Uno dei più discussi e complessi da diagnosticare e da comprendere nella sua fenomenologia è il Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID). Storicamente noto come Disturbo di Personalità Multipla è da sempre oggetto di controversie e dibattiti.
Il DSM-5 lo descrive come: “Disgregazione dell’identità caratterizzata da due o più stati di personalità distinti, che in alcune culture può essere descritta come un’esperienza di possessione. La disgregazione dell’identità comprende una marcata discontinuità del senso di sé e della consapevolezza delle proprie azioni, accompagnata da correlate alterazioni dell’affettività, del comportamento, della coscienza, della memoria, della percezione, della cognitività e/o del funzionamento sensomotorio.
Tali segni e sintomi possono essere osservati da altri o riferiti dall’individuo.
Sono inoltre ricorrenti i vuoti nella rievocazione di eventi quotidiani, di importanti informazioni personali e/o di eventi traumatici non riconducibili ad una normale dimenticanza. Possono essere presenti anche sintomi allucinatori.
Come si manifesta il DID
Ciò che accade nel DID è la strutturazione di vere e proprie identità autonome, denominate alter in psicopatologia. Queste, alternandosi, assumono il controllo del comportamento, dei pensieri e della memoria.
Ogni alter possiede in qualche modo un proprio punto di vista e un proprio senso di sé separato, oltre ad avere specifici ricordi degli eventi vissuti, spesso non accessibili alle altre parti.
Gli alter possono manifestarsi in maniera esplicita con un cambiamento nella voce o nell’atteggiamento posturale ad esempio, ma anche in maniera più velata, con cambiamenti parziali.
Possono essere presenti momenti di assenza ascrivibili a fenomeni di depersonalizzazione/deralizzazione o amnesie relative a periodi di vita o quotidiani
Difficoltà diagnostiche e collegamento con il trauma
Appare evidente come nonostante i criteri diagnostici sia spesso difficile identificare la presenza di un disturbo tanto complesso. In parte perché chi soffre di Disturbo Dissociativo dell’Identità non presenta una sintomatologia riconducibile in maniera lineare a questa diagnosi, in parte perché la natura stessa del disturbo ne impedisce la completa consapevolezza da parte del paziente.
Tuttavia uno degli elementi che può indirizzare l’indagine clinica verso l’esplorazione di sintomi afferenti al DID è la presenza di traumi nel periodo dello sviluppo.
La letteratura condivide e conferma la presenza di traumi dello sviluppo nei quadri complessi con presenza di sintomi dissociativi, compreso il DID.
Già Janet nei suoi pionieristici studi sul trauma concettualizzava come le emozioni veementi legate ai traumi impedissero alle normali funzioni di sintesi e integrazione di operare coerentemente e di contribuire ad un senso unitario dell’esperienza.
Quello che sembra accadere in chi sperimenta una storia di sviluppo traumatica, con figure d’attaccamento imprevedibili, minacciose, trascuranti o abusanti è la compartimentazione della coscienza, della memoria e dell’identità che impedisce un senso di continuità dell’esperienza di sé.
Questa compartimentazione può esitare nei casi più gravi nello strutturarsi di identità dissociate tipiche del Disturbo Dissociativo dell’Identità.
Ulteriori specifiche cliniche
Come già accennato chi soffre di DID arriva all’attenzione clinica spesso per altri tipi di presentazioni sintomatologiche. Ad un’indagine specifica può riportare di sperimentare esperienze di involontarietà, come ad esempio pensieri, ricordi o emozioni vissuti come non propri. Oppure voci non meglio identificate, a volte infantili, che il paziente vive come intrusive ma non comprensibili (differentemente dai quadri psicotici in cui le voci possono più facilmente avere un legame con le ideazioni deliranti).
La sensazioni di non controllo di emozioni o comportamenti “non miei” risulta dolorosa e difficilmente spiegabile se non con il timore di stare impazzendo, oltre all’essere magari accusati da chi è intorno di insensatezza o dissimulazione.
Altro elemento spesso discriminante è la presenza di frammentazione della memoria, che questi pazienti sperimentano non solo relativamente a informazioni remote della propria storia personale o di interi periodi di vita che non riescono a ricordare. Ma anche a vuoti di memoria significativi nella quotidianità, come il ricordo di ciò che è accaduto in un dato lasso di tempo o di abilità tipicamente presenti (riguardanti il proprio lavoro, il guidare la macchina etc.).
Possono inoltre rintracciare prove di eventi di cui non hanno memoria, come acquisti, scritti o anche lesioni che generano un senso di smarrimento generale difficile da gestire.
Diagnosi differenziale
L’avvicendarsi di intrusioni degli alter può avere effetti complessi, tra cui pensieri suicidari, atti autolesivi, sintomi afferenti all’area dell’ansia o dell’instabilità del tono dell’umore non facili da differenziare rispetto alla presentazione che caratterizza il Disturbo Borderline di Personalità (DBP).
La diagnosi differenziale non è semplice poiché sintomi dissociativi e l’attaccamento traumatico sono presenti anche nel DBP.
Il clinico può approfondire la ricerca di lacune mnestiche e di stati alterati di coscienza propendendo per la diagnosi di DID quando la presentazione sintomalogica è più frequentemente e intensamente caratterizzata da questi elementi.
Lo stesso dilemma si presenta di fronte alle voci o alle presentazioni allucinatorie causate dall’intrusione degli alter che possono far pensare ai disturbi afferenti all’area della Psicosi.
Le voci o le altre intrusioni sensoriali sono, differentemente dai disturbi Psicotici, non legati ad un’ideazione delirante, spesso non identificabili e hanno una presentazione più tipica del Disturbo Post Traumatico da Stress e delle sue manifestazioni.
Trattamento
Il DID è quindi un disturbo complesso, che necessita di un trattamento mirato e attento, oltre che di esperienza e competenza.
Non esistono linee guida specifiche ma è possibile affrontare questa condizione grazie ad un intervento psicoterapeutico, con lo scopo principale di ricondurre il paziente verso un funzionamento più integrato ed una consapevolezza sempre maggiore e più unitaria della propria esperienza.
Le procedure sono quelle tipiche del trattamento del trauma: fasi di lavoro volte alla stabilizzazione sintomatologica e alla psicoeducazione sulla propria esperienza, elaborazione di memorie traumatiche e integrazione e rinforzo di un senso di sé stabile e coerente.
Oltre alla psicoterapia cognitivo-comportamentale e cognitivo-evoluzionista, i pazienti possono beneficiare d’interventi specifici per la gestione dell’emotività come la terapia dialettico-comportamentale DBT (Linehan, 1987), l’EMDR per il lavoro sulle memorie traumatiche (EMDR; Shapiro, 2001), e la Psicoterapia Sensomotoria per l’elaborazione e la gestione bottom-up degli esiti del trauma (Ogden et al., 2006).
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