Il rischio suicidario rappresenta un fenomeno clinico di indubbia rilevanza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa 1 milione di persone muoiono ogni anno per suicidio. Si parla di circa un decesso ogni 40 secondi.
Secondo i dati epidemiologici, il suicidio rappresenta una tra le principali cause di morte tra le persone di età compresa tra i 15 e i 44 anni.
Questo per ciò che concerne i morti. Se invece prendiamo in considerazione i tentativi di suicidio questi sono 20 volte più frequenti: per ogni persona che muore per suicidio, infatti, si stima che altre venti persone abbiano tentato il suicidio.
Numeri davvero impressionanti che non possono lasciarci indifferenti.
Cosa spinge così tante persone a togliersi la vita?
Il suicidio può essere considerato un tentativo disperato di fuggire da una sofferenza divenuta insopportabile.
Una persona suicida, infatti, non riesce a vedere alcun modo per trovare sollievo alla propria condizione se non attraverso la morte.
Nonostante il forte desiderio che il dolore finisca, la maggior parte delle persone che si suicida risulta profondamente in conflitto sull’idea di porre fine alla propria vita. Desidererebbero infatti che ci fosse un’alternativa praticabile al suicidio, pur non riuscendo a vedere nessun’altra possibilità.
Secondo Shneidman, uno dei massimi studiosi sul tema, il suicidio non rappresenta un movimento verso la morte bensì una procedura comportamentale che allontana da quello che lui chiama ‘tormento della psiche’ (psychache). In quest’ottica il suicidio rappresenterebbe l’ultima e definitiva risorsa volta a gestire un’angoscia intollerabile.
Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio
Per aumentare l’attenzione nei confronti di questo grave problema di salute pubblica, il 10 settembre si celebra ogni anno la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio.
L’Associazione Internazionale per la Prevenzione del Suicidio (IASP), in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, guida lo sforzo globale nella prevenzione del suicidio ricordando che esiste un’alternativa al suicidio e che le nostre azioni, non importa quanto grandi o piccole, possono fornire speranza a coloro che stanno lottando.
Nonostante si parli di un fenomeno con numeri importanti, c’è ancora molto stigma sul suicidio e sugli sforzi di prevenzione. Spesso è un argomento tabù di cui nessuno vuole parlare.
Per questo la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio rappresenta un’opportunità per portare consapevolezza sul suicidio e su ciò che possiamo fare per prevenirlo, dissipando lo stigma che in molti casi tiene le persone lontane dalle risorse di cui hanno bisogno.
Sfatare alcuni miti legati al suicidio
Parlando di prevenzione del suicidio, la prima cosa che dobbiamo tenere a mente è che ci sono dei miti che possono interferire nell’esplorazione e nella valutazione del rischio suicidario.
Vediamone alcuni:
- Parlare di suicidio equivale a incoraggiarlo. È importante sottolineare con chiarezza che esplorare l’intenzionalità di porre fine alla vita non corre il rischio di insinuare questa idea nella mente della persona.
- Le persone che parlano di uccidersi raramente si suicidano. Un altro mito diffuso concerne l’idea che le persone che vogliono davvero commettere un suicidio raramente ne parlano. In realtà non è così. Quasi sempre le persone a rischio suicidario hanno bisogno di comunicarlo sebbene talvolta non riescano a farlo esplicitamente. Una conseguenza di questo mito è quella di etichettare coloro che parlano di suicidio come persone che strumentalizzano il tentativo di suicidio come un modo per catturare l’attenzione. Il fatto che una persona parli di suicidio non è solo un segnale di avvertimento ma è un grido di aiuto. Per questo è sempre importante prendere sul serio qualsiasi discorso legato al suicidio.
- La persona suicidaria vuole morire e sente che non è possibile tornare indietro. Spesso c’è l’idea che se qualcuno è determinato ad uccidersi, nulla lo fermerà. In realtà le persone che sperimentano ideazioni suicidarie spesso hanno sentimenti contrastanti riguardo alla morte, fluttuando tra il voler vivere e il voler morire.
- Il rischio suicidario si abbassa necessariamente quando c’è un miglioramento. È importante non farsi ingannare dall’apparente miglioramento che ci può essere dopo uno stato di grave sofferenza o dopo un tentativo suicidario. Sappiamo infatti che nella finestra temporale successiva a un precedente tentativo suicidario c’è un maggior rischio, indipendentemente da quanto la persona sembri stare meglio.
Fattori di rischio e segnali di pericolo
Conoscere i fattori di rischio e identificare i segnali di pericolo può essere fondamentale per aiutare a prevenire il suicidio e contribuire così a ridurre un fenomeno di vaste proporzioni.
Il Suicide Prevention Resource Center ha definito i fattori di rischio e i segnali di pericolo utili a individuare qualcuno che potrebbe avere tendenze suicidarie.
Fattori di rischio:
- Presenza di una patologia psichiatrica. In particolare disturbi dell’umore (disturbo bipolare e depressione con episodi ripetuti), schizofrenia e alcuni disturbi della personalità
- Disturbi da uso di sostanze (alcol e droghe)
- Assenza di speranza: la persona non vede altra via d’uscita alla sua sofferenza e non riesce a trovare ragioni che diano un senso al rimanere in vita
- Eventi di vita traumatici (per esempio, una storia di abusi fisici, sessuali o psicologici)
- Cambiamenti repentini nel tono dell’umore
- Malattia terminale o dolore cronico
- Precedenti tentativi di suicidio
- Storia familiare di suicidio
- Perdite e/o altri eventi stressanti (ad esempio, recente rottura di una relazione sentimentale, morte di figure significative, fallimenti scolastici, difficoltà finanziarie, perdita di lavoro)
- Facile accesso a mezzi letali (ad esempio, tenere in casa armi da fuoco)
- Mancanza di supporto sociale e senso di isolamento
- Esposizione al comportamento suicida di altri (nella vita reale o tramite i social network).
Segnali di pericolo:
- Parlare di uccidersi, di voler morire o farsi del male. Qualsivoglia discorso sul suicidio, sulla morte o sull’autolesionismo rappresenta un segnale di pericolo a cui è opportuno prestare attenzione
- Parlare o scrivere sulla morte o sul morire; attenzione insolita alla morte, per esempio scrivendo poesie o storie che abbiano come tema la morte
- Parlare di sentirsi senza speranza o intrappolati. Diversi studi hanno rilevato che la disperazione è un forte predittore del comportamento suicidario. Le persone che si sentono impotenti, senza speranza, senza alcuna via d’uscita possono parlare di un dolore insopportabile e avere la credenza che le cose non miglioreranno in alcun modo. Meritano attenzione espressioni nelle quali la persona sembra non avere alcun motivo per continuare a vivere (per esempio: “Sarebbe meglio se non ci fossi“)
- Disprezzo, odio per sé stessi. Sentimenti di inutilità, colpa, vergogna profonda per sé stessi; sentirsi un peso per le altre persone (“Tutti starebbero meglio senza di me”)
- Comportamento autodistruttivo: aumento dell’uso di alcol o droghe, guida spericolata, sesso non sicuro
- Comportamento di ritiro da amici e familiari. L’isolamento sociale crescente è un altro segnale di pericolo; in alcuni casi la persona può arrivare a palesare il desiderio di essere lasciato solo
- Mostrare drammatici sbalzi d’umore o improvvisi cambiamenti, quali perdita di interesse per le attività quotidiane, trascurare il proprio aspetto o mostrare grandi cambiamenti nelle proprie abitudini alimentari o di sonno
- Cercare l’accesso a pistole, pillole, coltelli o altri oggetti che potrebbero essere utilizzati in un tentativo di suicidio
- Visite o chiamate insolite e/o inaspettate a familiari e amici; dire addio alle persone come se non si vedessero più
- Anche un improvviso senso di calma e felicità dopo essere stati estremamente depressi può essere etichettato come un segnale di pericolo rispetto al rischio di commettere un suicidio.
Cosa fare quando ci sono segnali di pericolo?
Qualora una persona mostrasse i segnali di pericolo sopra indicati è necessario esplorare la possibilità che abbia ideazione suicidaria. Per ideazione suicidaria ci riferiamo a pensieri relativi a progetti concreti di morte.
Parlare apertamente con la persona se ha pensieri relativi a togliersi la vita non aumenta in alcun modo il rischio che la persona commetta un suicidio. Anzi, il non parlarne ci preclude la possibilità di intervenire nel mettere in sicurezza la persona.
Quindi una volta appurato che è importante esplorare l’ideazione suicidaria, quali sono le domande base per effettuare una valutazione del rischio suicidario?
- Esplorare COME. Questa domanda ha lo scopo di scoprire il metodo suicidario e permette di esplorare se la persona ha già in mente un metodo specifico. Qualunque metodo può essere potenzialmente letale e il rischio aumenta tanto più il metodo è accessibile.
- Esplorare QUANDO. Con questa domanda esploriamo il piano (momento e situazione specifica): indaghiamo se la persona ha pensato a una certa situazione o se sta preparando le cose per dire addio (preparare le ultime volontà, lasciare lettere d’addio, iniziare a dar via cose di valore…).
- Esplorare DOVE. Spesso i suicidi si verificano in luoghi familiari per la persona (casa, scuola…) oppure in contesti lontani o difficili da raggiungere (con poche chances di essere scoperti), o che sono stati magari usati da altri per suicidi precedenti (per esempio, dove un parente o un amico si è tolto la vita o luoghi che hanno avuto una qualche risonanza sui media). Qualora ci fossero stati tentativi di suicidio precedenti esplorare il dove ci dà informazioni su aspetti da tenere a mente qualora la persona avesse nuovamente un’ideazione suicidaria in futuro.
Valutare il livello di pianificazione
In base a questa esplorazione possiamo comprendere il livello di pianificazione che rappresenta uno degli indicatori per la valutazione del rischio suicidario (Perez & Mosquera, 2006). Maggiore è il livello di pianificazione, maggiore è il rischio.
Possiamo pensare a un continuum che va dall’ideazione suicidaria senza un piano o un metodo specifico fino al piano suicidario propriamente detto. Vediamo ciascuna opzione.
- Ideazione suicidaria senza un metodo o un piano specifico. La persona esprime il desiderio di morire, ha ideazione suicidaria ma non ha elaborato come portare a termine la sua vita. Alla domanda su come ha pensato di uccidersi risponderebbe dunque non lo so.
- Ideazione suicidaria con un metodo non specifico o indefinito: la persona esprime il desiderio di suicidarsi e ha anche pensato a varie opzioni ma non ne ha scelta una in particolare. La persona dunque già sta pensando a diverse possibilità per portare a termine la propria vita pur non avendo un metodo definito.
- ll livello di rischio successivo si ha quando c’è ideazione suicidaria con un metodo specifico ma non ancora pianificato. In altri termini, la persona vuole morire, pensa a suicidarsi e ha selezionato un metodo specifico ma non ha ancora considerato quando e dove farlo, e neppure il tipo di precauzioni da prendere affinché nessuno possa interferire con il suo piano.
- Infine il piano suicidario propriamente detto, che rappresenta la condizione di maggior rischio da tenere a mente. La persona, oltre a esprimere il desiderio di porre fine alla propria vita, ha pensato a un metodo specifico, ha in mente un luogo dove porre fine alla sua vita e ha definito il quando, essendosi preoccupato di come altri possano impedire la realizzazione del suo piano.
La valutazione del rischio suicidario è un processo continuo e non un qualcosa che si fa una volta per tutte. È opportuno ricordare che in caso di ideazione suicidaria il rischio è sempre presente e qualunque situazione può sempre precipitare. Non riusciamo infatti sempre a valutare correttamente il rischio dal momento che esiste una variabile legata all’impulsività che non può essere tenuta sotto controllo.
Dopo aver effettuato una valutazione del rischio suicidario possiamo riuscire a individuare i soggetti a rischio e valutare la nostra possibilità di intervenire.
Cosa fare se si riscontra ideazione suicidaria
Se un amico o un familiare ha ideazione suicidaria, occorre fare tutto ciò che è in nostro potere per aiutare la persona a ricevere l’aiuto di cui ha bisogno.
Si deve incoraggiare la persona a rivolgersi a un professionista della salute mentale affinché possa iniziare un percorso di psicoterapia che gli consenta di lavorare con quella parte di sé che vede il suicidio come unica strategia per fronteggiare il dolore mentale.
A seconda del livello di rischio suicidario, occorre mettere in atto azioni volte alla messa in sicurezza della persona, fosse anche il ricorrere all’ospedalizzazione o al contattare i servizi di emergenza qualora il rischio di togliersi la vita rappresenti qualcosa di imminente.
I comportamenti autolesionistici
Un’ultima considerazione vuole essere per i comportamenti autolesionistici.
Non è mai utile etichettare i comportamenti autolesionistici come comportamenti manipolatori per attirare l’attenzione.
Anche il tentativo di ferirsi, senza necessariamente volere la morte, può infatti finire per provocare la morte della persona pur di raggiungere lo scopo di vedere riconosciuta la sua sofferenza.
La volontà di farsi del male ci deve preoccupare sempre (non allarmare, ma occupare!), indipendentemente dal fatto che quel tentativo di farsi del male sia considerato come più o meno dimostrativo.
Purtroppo infatti ci sono suicidi che sarebbero stati la conseguenza di comportamenti non finalizzati a morire e che poi a posteriori sono diventati suicidi veri e propri perché qualcosa è andato storto.
Bibliografia:
- Pérez Barrero, S. A., & Mosquera, D. (2006). El suicidio. Prevención y manejo. Ediciones Pléyades. España
- Shneidman, E. S. (1993). Suicide as psychache: A clinical approach to self-destructive behavior. Jason Aronson.
- Shneidman, E. S. (2006). Autopsia di una mente suicida. Giovanni Fioriti Editore.