Esperienze di vita e disturbi psichici
Ormai è abbastanza chiaro che quando emergono problematiche psicologiche e/o psichiatriche è possibile andare a individuarne le cause remote nelle esperienze di vita precoci dell’individuo.
Chiaramente, essendo la mente umana complessa, non è sufficiente aver vissuto eventi dolorosi o traumatici affinché si strutturi un disturbo psichico o relazionale. Sicuramente però tali esperienze sensibilizzanti possono costituire un terreno fertile sul quale potrebbero emergere queste problematiche.
Le cause del disturbo ossessivo compulsivo
Questo vale anche per il disturbo ossessivo compulsivo (DOC), le cui ricerche a riguardo hanno identificato tipici fattori remoti di vulnerabilità, ovvero le possibili cause remote.
In particolare è emerso come determinati stili genitoriali, ambienti familiari o eventi traumatici possano fungere da substrato dal quale, in concomitanza con altri fattori, può strutturarsi il disturbo.
Nello specifico, non sono solo gli eventi e le situazioni di vita dolorosi ad essere predisponenti, ma soprattutto come sono stati vissuti dall’individuo e come queste esperienze dolorose portino, nel corso dello sviluppo, al cristallizzarsi di idee disfunzionali su di sé, ossia le credenze di base (CDB) (Beck, 2002).
Per semplificare è molto probabile che se sono vissuto in un ambiente familiare critico interiorizzerò un’idea di me di persona inadeguata.
Esperienze di vita tipicamente rintracciabili nel DOC
Dalla letteratura (Adams, 2012; Doron & Kyrios, 2005) è possibile individuare esperienze particolari che fungono da base per la costruzione delle credenze di base tipiche del disturbo ossessivo compulsivo:
- un ambiente familiare d’origine caratterizzato da attenzione alla moralità e alle norme morali. Se queste venivano trasgredite vi erano reazioni violente o incoerenti rispetto a ciò che era stato fatto dal bambino. Il caregiver rimanda quanto il comportamento sia inappropriato, ma anche quanto lo sia il bambino come persona, tramite una distanza affettiva. È tipica una mimica facciale passiva aggressiva (“il muso”) (Basile, 2018), a seguito della quale il bambino si sentirà costretto a comportarsi in maniera impeccabile.
- Criticismo genitoriale (Pace, Thwaites & Fireston, 2011). Un clima familiare in cui uno o più componenti si sono mostrati, critici, disprezzanti e hanno fatto sentire il bambino disapprovato, possono portare quest’ultimo alla costruzione di un’idea nucleare di sé come inadeguato, non amabile, moralmente sbagliato e a sviluppare modalità ossessive che portino a prevenire il criticismo futuro (“controllo dieci volte il gas per essere sicuro di non creare un danno per cui potrei sentirmi in colpa e responsabile e quindi giudicarmi come una cattiva persona”).
- Genitori che incoraggiano un ampio e prematuro senso di responsabilità (Salkovskis, Shafran & Rachman, 1999; Adams, 2012).
- Paradossalmente, all’opposto, essere “schermati” dalle responsabilità da genitori iperprotettivi e ansiosi ha lo stesso effetto: il bambino non essendo abituato a stare con l’emozione di colpa e ad assumersi responsabilità è più probabile che eviterà in futuro di sentirsi tale (Salkovskis, Shafran & Rachman, 1999).
- Un incidente dove le azioni o le omissioni del bambino abbiano effettivamente contribuito a una sventura. Oppure un incidente dove al bambino sia sembrato che le proprie azioni o omissioni abbiano contribuito alla sventura (Salkovskis, Shafran & Rachman, 1999).
- Aver portato il bambino a mettere i propri bisogni in secondo piano rispetto a quelli degli altri (Careou, O’Connor, Turgeon & Freeestone, 2012) o per necessità o, ad esempio, a causa di una malattia di chi avrebbe dovuto prendersi cura di lui.
- Esperienze di incoerenza al rinforzo (Careou Careou, O’Connor, Turgeon & Freeestone, 2012), dove il bambino non è in grado di prevedere quale potrebbe essere la risposta dell’altro e quindi deve essere sempre in allarme per prevedere qualsiasi sbaglio.
- Uno stile genitoriale autoritario (Timpano, Keough, Maheffey, Schmidt & Abramowitz, 2010) è spesso associato alle credenze e alla sintomatologia ossessiva.
- La minaccia della rottura relazionale porta il bambino a credere che la relazione verrà mantenuta o meno in base al proprio comportamento che così deve essere impeccabile. L’amore del caregiver è perciò condizionato, andando a creare quelle regole di pensiero tipiche del disturbo (“se mi comporto bene l’altro mi amerà” “se sbaglio verrò punito”).
- Standard severi. Il clima familiare è caratterizzato da controllo e aspettative molto elevate che portano perciò ad una maggiore probabilità di poter sbagliare, e ancora una volta alla credenza per cui se mi comporto perfettamente, posso controllare/mantenere la relazione (Doron & Kyrios, 2005).
Dati tali stili genitoriali e ambienti familiari il bambino interiorizza la necessità di comportarsi in maniera ineccepibile, soprattutto moralmente, per mantenere la relazione con chi si dovrebbe prendere cura di lui.
Esperienze di vita traumatiche
Fino ad ora abbiamo individuato esperienze che hanno un ruolo determinante nel predisporre al timore di colpa e alla responsabilità ipertrofica, o credenze rispetto alla propria amabilità, indegnità o adeguatezza.
Di seguito riportiamo altri eventi di vita di tipo “traumatico” (Nacasch, Fostick, & Zohar, 2011) che possono risultare rilevanti per i vari sottotipi del disturbo, in particolare per la contaminazione mentale:
- Trascuratezza (neglect), abusi fisici e psicologici. Sappiamo dall’esperienza clinica che queste possono portare alla costruzione di immagini di sé di non amabilità, inadeguatezza e indegnità.
- Abuso sessuale, molestia o violazione dei limiti personali o dei confini della propria intimità.
- Rapporti sessuali, baci o contatti intimi, consenzienti ma non realmente desiderati.
- Aggressioni fisiche o verbali, umiliazioni, tradimenti sia subiti che agiti.
- Azioni ritenute immorali commesse o immaginate.
- Pensieri/impulsi considerati inaccettabili
- Vissuti emotivi giudicati come inappropriati. Ad esempio quando la persona può aver vissuto emozioni di rabbia verso soggetti vulnerabili o sollievo nei confronti di un evento tragico.
Trattamento e interventi sulle cause del disturbo ossessivo compulsivo
Dato quanto appena descritto, è naturale orientarsi verso approcci e tecniche che possano portare a un lavoro volto a riscrivere i bisogni frustrati negli episodi passati, al fine di generare esperienze emotive che contrastino e indeboliscano le credenze di base alla base del DOC.
Ad esempio, vi sono ormai numerosi studi che evidenziano l’esito terapeutico della Schema Therapy nel DOC e mostrano il ruolo centrale del lavoro sul cambiamento delle credenze di base e degli schemi maladattivi e come questo aiuti nella riduzione dei sintomi (Wilhelm, Berman, Keshaviah, Schwarz, & Steketee, 2015)
I dati ci incoraggiano ad associare alla terapia cognitivo comportamentale standard, tecniche volte a modificare di tali credenze, grazie alla soddisfazione dei bisogni frustrati durante l’infanzia, per favorire il cambiamento attuale.
Tecniche utilizzate per lavorare sui bisogni frustrati nel passato nel DOC
Per fare ciò le tecniche maggiormente utilizzate e con maggiori prove di efficacia rispetto alla modifica delle credenze di base sono l’Imagery Rescripting (ImR), il chairwork e il role playing.
Si tratta di strumenti esperienziali, utilizzati in diversi approcci, che permettono di lavorare su problematiche emotive attuali collegandole a memorie remote dolorose, riscrivendo, tramite l’appagamento di bisogni emotivi frustrati nell’infanzia, il loro contenuto.
Questo tipo di lavoro facilita la comprensione e compassione verso di sé perché permettere di comprendere che ciò che è successo nel passato non era colpa del paziente.
Inoltre il cambio di significato nella rappresentazione del paziente di ciò che è successo permette di ristrutturare le credenze di non amabilità, inadeguatezza, indegnità e dal punto di vista emotivo di sentirti amato, apprezzato e degno.
Come correggere le credenze di base che derivano dalle esperienze passate
I messaggi che vengono mandati nel lavoro terapeutico ai pazienti ossessivi riguardano il fatto che sbagliare è umano, che si può sbagliare senza che venga messo a repentaglio il proprio senso di amabilità o il valore personale e morale.
L’errore è inevitabile, ammissibile, comprensibile, riparabile, perdonabile e non è legato al valore del bambino o alla sua rispettabilità.
Inoltre, per gli episodi traumatici il lavoro è volto alla ristrutturazione cognitiva ed emotiva su ciò che il paziente ha pensato di sé stesso in quei momenti e di come si è sentito.
Gli esercizi sulle memorie dolorose del passato possono quindi essere integrati con il lavoro cognitivo comportamentale standard (ad esempio con Esposizione e Prevenzione della Risposta), e aiutano nella riduzione sintomatologica e nella prevenzione delle ricadute.
Bibliografia
- Adams, T.G., (2012). Multiple pathways to and from responsibility interpretations and development of obsessive compulsive Symptomps”. In Journal of Experimental Psychopathology, 3,5, pp. 807-824.
- Arntz, A. (2012). Imagery rescripting as a therapeutic technique: Review of clinical trials, basic studies, and research agenda. Journal of Experimental Psychopathology, 3(2), 189-208.
- Basile, B., De Sanctis, B., Fadda, S., Luppino. O.I., Perdighe, C., Saliani. A.M., Tenore, K. & Mancini, F., (2018). Early life experiences in OCD and other disorders: a retrospective observational study using imagery with re-scripting. Clinical Neuropsychiatry 15(5):299–305.
- Beck, J. (2002). Terapia cognitiva. Fondamenti e prospettive. Mediserve.
- Careau, Y., O’Connor, K.P., Turgeon, L. & Freeston, M.H. (2012). Childhood experiences and adult beliefs in obsessive compulsive disorder: Evaluating a specific etiological model. Journal of Cognitive Psychotherapy, 26, 3, pp. 236-256.
- Doron, G. & Kyrios, M., (2005). Obsessive compulsive disorder: a review of possible specific internal representations within a broader cognitive theory. Clinical Psychological Review 25(4):415-32.
- Mancini, F. (2016). La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo compulsivo. Raffaello Cortina Editore.
- Nacasch, N., Fostick, L. & Zohar J (2011). High prevalence of obsessive-compulsive disorder among posttraumatic stress disorder patients. European Neuropsychopharmacology : the Journal of the European College of Neuropsychopharmacology 21(12):876-879
- Pace, S. M., Thwaites, R. & Freeston, M. H., (2011). Exploring the role of external criticism in obsessive compulsive disorder: A narrative review. Clinical Psychology Review, 31, 361–370.
- Salkovskis, P.M., Shafran, R., Rachman, S.J. & Freeston, M.H. (1999). “Multiple Pathways to inflated responsabilità beliefs in obsessional problem: Possible origins and implications for therapy and research”. In Behaviour Research and Therapy, 37, pp. 1055-1072
- Timpano, K., Keough, M., E., Mahaffey, B., Schmidt, N.B. & Abramowitz, J. (2010). Parenting and obsessive compulsive symptoms: Implications of authoritarian parenting. Journal of Cognitive Psychotherapy 24(3)
- Wilhelm, S., Berman, N.C., Keshaviah, A., Schwarz, R.A. & Steketee, G., (2015). Mechanism of change in cognitive therapy for obsessive and compulsive disorder: role of maladaptive beliefs and schemas. Behaviour Research and Therapy. 65:5-10.