I sistemi motivazionali
Alla base delle nostre azioni esiste una spinta, un drive interno, più o meno consapevole, che ci permette di avviare, indirizzare e mantenere un comportamento finalizzato: tale spinta è definita motivazione.
Già a partire dagli studi di Darwin, Ekman e Bowlby, è stato evidenziato come il raggiungimento di un obiettivo desiderato, di natura sociale o non sociale, è permesso grazie all’attivazione di sistemi psicobiologici basati su disposizioni innate e universali, definiti appunto sistemi motivazionali (Lichtenberg, 1989).
Un sistema motivazionale è un sistema cerebrale complesso che regola e organizza il comportamento e le emozioni di un individuo in vista di una meta adattiva ben definita, garantendo la sopravvivenza e l’adattamento, non solo del singolo, ma anche dell’intera specie cui appartiene, permettendo la soddisfazione dei bisogni.
A partire dalla teoria dell’attaccamento di Bowlby (1969; 1973; 1980), in cui assumono risalto centrale i bisogni di sicurezza e protezione, Liotti recupera il concetto di sistema motivazionale all’interno di una prospettiva evoluzionistica, secondo cui i sistemi motivazionali si fondano su disposizioni innate, selezionate nel corso dei processi evoluzionistici.
Si tratta non di istinti ma di tendenze, “inviti”, propensioni ad agire verso obiettivi specifici, permettendo l’interazione fra organismo e ambiente (Liotti, 2001).
Architettura gerarchica dei sistemi motivazionali: la Teoria del cervello triuno
La descrizione dei sistemi motivazionali può essere meglio illustrata a partire da una prospettiva evoluzionistica, che individua la comparsa dei vari sistemi all’interno di un’architettura gerarchicamente ordinata.
Storicamente, i sistemi comparsi per primi sono quelli ascrivibili alla regolazione di processi connessi all’ambiente non-sociale. A partire da questa base, si sono sviluppati i sistemi della storia evolutiva più recente, che controllano l’interazione sociale, che accomuna uccelli e mammiferi.
Infine, ad un livello gerarchico superiore ancora più evoluto, si collocano i sistemi propri e specifici dell’evoluzione culturale umana. Man a mano che si progredisce in questa architettura gerarchica, assume sempre più campo la capacità di modulare la disposizione innata in funzione delle influenze ambientali e dell’esperienza (Liotti e Monticelli, 2008).
Tale architettura gerarchica si ancora alla cosiddetta Teoria del cervello triuno, proposta da MacLean (1973), che postula la comparsa di circuiti cerebrali differenti connessi alla storia evolutiva delle specie animali.
Primo livello
Il primo cervello, cosiddetto “rettiliano”, costituisce il livello più arcaico e comprende tronco encefalico e nuclei della base. Esso è costituito da sistemi deputati all’organizzazione di condotte non-sociali, che comprendono la regolazione di funzioni fisiologiche e l’attuazione di comportamenti relativi alla difesa dai pericoli, all’esplorazione ambientale, al controllo del proprio spazio fisico vitale, al procacciamento di cibo e alla riproduzione sessuale.
Da notare che la sessualità connessa al cervello rettiliano è una sessualità non-sociale, che non prevede, cioè, la formazione di un legame di coppia.
Secondo livello
Su questi sistemi non-sociali si strutturano quelli appartenenti alla storia evolutiva più recente, connessi all’interazione sociale, che ritroviamo in uccelli e mammiferi.
Le reti neurali coinvolte in questo secondo livello sono quelle connesse all’area limbica (amigdala e giro del cingolo) e per questo è denominato “cervello limbico o antico-mammifero”.
I sistemi che compongono questo livello sono rivolti alle condotte di ricerca di figure protettive con lo scopo di essere difesi dai pericoli, di accudimento e di cura verso membri della specie più indifesi, di sessualità connessa alla formazione di legami coppia e di competizione.
Data la natura sociale di tali condotte, i sistemi appartenenti a questo livello vengono chiamati “sistemi motivazionali interpersonali”.
Nei primati e nell’uomo è presente un ulteriore sistema interpersonale, deputato alla cooperazione tra conspecifici, che prevede lo sviluppo della capacità di attenzione condivisa e congiunta e condotte di gioco sociale e affiliazione al gruppo.
Terzo livello
Infine, il terzo livello, denominato “cervello neo-mammifero o neo-corticale”, è localizzato nella neocorteccia ed è presente esclusivamente nella specie umana.
Esso coinvolge l’intersoggettività, cioè la capacità di condividere l’esperienza soggettiva, e la costruzione di significati condivisi tramite il linguaggio.
La capacità umana di rilevare, identificare, discriminare e nominare le proprie emozioni è dunque l’espressione del processo cognitivo sottostante, che rielabora il significato dell’attivazione fisiologica percepita.
In quest’ottica, le emozioni umane presuppongono necessariamente l’intervento dei processi cognitivi neo-corticali: le componenti fisiologiche delle emozioni sono trasformate in emozioni propriamente dette grazie all’attivazione dei processi “cognitivi” del cervello umano.
L’uomo, basandosi sulla teoria della mente e sulla capacità di mentalizzazione, cioè la capacità di comprendere gli stati affettivi proprio e altrui e le motivazioni alla base dei comportamenti, (Baron-Cohen S., 1995; Fonagy et al., 1998; Tommasello, 1999), è in grado di connettersi all’esperienza emotiva dell’altro e, grazie alla prerogativa dell’intersoggettività, può condividere la propria esperienza, comunicando il proprio mondo interiore.
Il pointing
Il passaggio-chiave tra il livello limbico e quello neocorticale, proprio dell’uomo, è rappresentato dallo sviluppo del pointing, il gesto dell’indicare, che prevede la simultanea estensione del braccio e del dito indice in direzione di una persona, un oggetto o un evento.
Tale gesto può avere una duplice funzione: richiestiva, per richiedere un oggetto desiderato, o dichiarativa, per convogliare l’attenzione dell’altro verso un evento esterno condiviso, che diventa oggetto di comunicazione.
La comparsa del pointing, a livello sia ontogenetico che evoluzionistico, viene dunque considerata chiara espressione della capacità umana di mentalizzazione, proprio perché presuppone l’identificazione dell’interlocutore come soggetto intenzionale, capace di intrattenere relazioni psicologiche con l’ambiente esterno, come, ad esempio, provare interesse, commentare e condividere un’esperienza (Camaioni, 1997).
I sistemi motivazionali interpersonali
Secondo la teoria qui presentata, sarebbe possibile individuare cinque sistemi motivazionali interpersonali, di seguito descritti. Ciascun sistema, deputato al raggiungimento di una specifica méta sociale, comporta la presenza di peculiari emozioni, segnali di attivazione e segnali di disattivazione (Liotti, Fassone e Monticelli, 2017)
Sistema di attaccamento
Si attiva in situazioni di dolore, pericolo, stanchezza protratta o solitudine ed è finalizzato all’ottenimento di aiuto e vicinanza protettiva da parte di una persona adulta di riferimento, la cosiddetta figura di attaccamento.
Se l’obiettivo viene raggiunto, si attivano emozioni di gioia, conforto e sicurezza, il sistema si disattiva e l’individuò può rivolgersi ad altre attività tra cui, ad esempio, l’esplorazione sicura dell’ambiente.
Se la figura di attaccamento non si avvicina, si attivano emozioni di paura, rabbia da protesta, tristezza e, infine, distacco emozionale.
Sistema di accudimento
È complementare a quello di attaccamento e si attiva in risposta ad un segnale specifico, chiamato separation call o cry.
Le azioni corrispondenti a tale sistema sono finalizzate alla messa in sicurezza, alla protezione e al conforto della persona richiedente aiuto, tramite offerta di vicinanza, protezione, abbraccio confortante e carezze.
Le emozioni connesse comprendono sollecitudine, compassione, tenerezza protettiva ed, eventualmente, senso di colpa per il mancato accudimento.
Tale sistema si disattiva quando cessano le condizioni di pericolo o dolore del richiedente.
Sistema sessuale di coppia
È finalizzato alla formazione e al mantenimento della coppia sessuale.
Il sistema è attivato da segnali fisiologici interni all’organismo legati a variazioni ormonali e da segnali comportamentali di corteggiamento e disponibilità emessi da un altro individuo.
L’orgasmo è il segnale di disattivazione; la riattivazione di tale sistema dopo la fase di latenza è ciò che permette di sviluppare una coppia sessuale stabile.
Le emozioni primarie collegate al sistema sessuale sono riconducibili a desiderio e piacere erotico ma, una volta formatosi il legame, possono aggiungersi ulteriori emozioni, come ad esempio la gelosia.
Sistema di rango: dominanza e sottomissione
È finalizzato alla competizione per il rango e si attiva in presenza di scarsità di risorse, appetibili da più membri di uno stesso gruppo: una volta stabilita la gerarchia all’interno del gruppo, questa rimane attiva nel tempo, con il vantaggio biologico di eliminare la necessità di continue lotte tra i membri.
L’aggressività legata al sistema agonistico non è primariamente finalizzata a ledere l’antagonista, ma è spesso manifestata in forma “ritualizzata”.
Si disattiva all’arrivo del segnale di resa, espresso in comportamenti quali chinare il capo o alzare le mani per mostrare il petto e la propria vulnerabilità, comportamenti che indicano subordinazione al vincitore.
L’emozione primaria che si accompagna al sistema di rango è la collera, che può trasformarsi in altre emozioni, a seconda dell’andamento della competizione. Se si percepisce la propria inferiorità rispetto al conspecifico, si entra nella cosiddetta subroutine di sottomissione, con annesse emozioni di paura, vergogna, tristezza e umiliazione.
Al contempo il vincitore, nella subroutine di dominanza, sperimenta orgoglio o anche disprezzo nei confronti dello sconfitto.
Sistema cooperativo paritetico
È attivato in situazioni in cui, per raggiungere un obiettivo, risulta più vantaggioso cooperare che competere e prevede quindi l’azione congiunta di due o più conspecifici; il raggiungimento dell’obiettivo stesso è il segnale di disattivazione.
Le emozioni corrispondenti si legano ad un sentimento di gradevole e gioiosa condivisione, data dal cooperare, fino ad arrivare a vissuti di appartenenza e affiliazione al gruppo, mentre, in senso negativo, si attiva collera al momento della percezione di rottura della lealtà.
Una possibile spiegazione degli effetti “benefici” del lockdown
Nonostante la maggior parte delle riflessioni in merito al lockdown relativo al contenimento della pandemia da COVID-19 siano centrate sull’analisi dei suoi effetti negativi (Hao et al., 2020; Hasan K. et al., 2020; Huang & Zhao, 2020), soprattutto riguardo l’aumento della sintomatologia ansiosa, depressiva e post-traumatica (Lei et al., 2020), tra la popolazione generale e clinica qualcuno ha evidenziato la presenza anche di effetti benefici.
Per alcuni, l’esperienza del lockdown si è accompagnata a vissuti di benessere, percepito come più intenso rispetto al periodo pre-COVID, e alla difficoltà sperimentata successivamente, al momento del ritorno alla vita “normale”.
Per spiegare tale fenomeno, sono state avanzate delle ipotesi alla luce della teoria dei sistemi motivazionali sopradescritta (Pancheri, Kotzalidis, 2020).
L’isolamento forzato potrebbe aver indotto la disattivazione, o comunque l’allentamento, del sistema agonistico (di rango), diminuendo la competizione sociale e la gamma di emozioni negative legate alla posizione di sottomissione, quali senso di inferiorità, indegnità, sconfitta, umiliazione, vergogna, rabbia, invidia e tristezza.
Questo effetto potrebbe essere evidenziato soprattutto in relazione alle patologie depressive, legate al sistema agonistico (Onofri e Tombolini, 2003).
Disattivare il sistema agonistico, rigidamente attivato in precedenza, ha permesso di sperimentare emozioni legate ad altri sistemi motivazionali, tra cui quello dell’accudimento, soprattutto nei confronti delle categorie maggiormente a rischio, come anziani e persone con problematiche mediche, ma anche vittime dirette e indirette del contagio, con le annesse emozioni di tenerezza protettiva e compassione.
Il sistema maggiormente sollecitato dovrebbe, infine, esser stato quello relativo alla cooperazione paritetica, in un’ottica di collaborazione finalizzata al fronteggiamento di un nemico comune.
Nello specifico, si ipotizza che abbiano giocato un ruolo chiave le dinamiche di affiliazione al gruppo, con emozioni di empatia, compassione e condivisione, come emerso dalla frequente ricerca, durante la pandemia, di momenti sociali tradotti in videochiamate, incontri di gruppo virtuali (virali soni diventati gli aperitivi sulle varie piattaforme digitali) e l’organizzazione di striscioni, canti e flashmob dai balconi delle proprie abitazioni.
Naturalmente, alla luce di queste considerazioni, è lecito chiedersi se il lockdown abbia in realtà fornito soltanto l’occasione per evitare situazioni temute e stressanti, promuovendo un sollievo apparente e temporaneo e colludendo, quindi, con la patologia, oppure abbia comportato dei veri e propri miglioramenti clinici.
È probabile che la risposta possa differire da caso a caso. In ogni caso, letto come “esperimento sociale” (benché forzato), il lockdown può aver comunque rappresentato un osservatorio unico nel suo genere ed estremamente interessante, al termine del quale risulta utile interrogarsi su quali siano state le dinamiche attivate e il loro effetto sul nostro funzionamento individuale e sociale.
Bibliografia
- Baron-Cohen S., 1995. Mindblindness: An Essay on Autism and Theory of Mind. Bradford/MIT Press, Cambridge, MA.
- Bowlby J. (1969). Attaccamento e perdita, Vol. I, Torino, Bollati Boringhieri, 1972.
- Bowlby J. (1973). Attaccamento e perdita, Vol. II, Torino, Bollati Boringhieri, 1975.
- Bowlby J. (1980). Attaccamento e perdita, Vol. III, Torino, Bollati Boringhieri, 1983.
- Camaioni, L. (1997). The emergence of intentional communication in ontogeny, phylogeny, and pathology. European Psychologist, 2, 216-225.
- Fonagy, P, Steeele, M., Steele, H., Target, M. (1998). Reflective-Functioning Manual. Version 5, University College London, London.
- Hao F., Tan W., Jiang L., Zhao X., Zou Y., Hu Y., et al. (2020). Do psychiatric patients experience more psychiatric symptoms during COVID-19 pandemic and lockdown? A case-control study with services and research implications for immunopsychiatry. Brain, Behavior and Immun., 87,100-108.
- Hasan, K., Talib, S., Husain, Kazmi, S.S. (2020). COVID-19 and Lockdown: A study on the impact on Mental Health. Mukt Shabd Journal, 9, 1477-1489.
- Huang, Y. & Zhao, N., (2020). Generalized anxiety disorder, depressive symptoms and sleep quality during COVID-19 outbreak in China: a web-based cross-sectional survey. Psychiatry Research, 288, 112954.
- Lei, L., Huang, X., Zhang, S., Yang, L., Xu, M. (2020). Comparison of Prevalence and Associated Factors of Anxiety and Depression Among People Affected by versus People Unaffected by Quarantine During the COVID-19 Epidemic in Southwesten China. Medical Science Monitor, 26, 924609.
- Lichtenberg J.D. (1989). Motivazione e psicoanalisi. Milano, Cortina, 1995.
- Liotti, G. (2001). Le opere della coscienza. Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista. Raffaello Cortina Editore, Milano
- Liotti, G., & Monticelli, F. (2008). I sistemi motivazionali in ambito clinico. Il manuale AIMT. Milano: Cortina.
- Liotti, G., Fassone, G., & Monticelli, F. (Eds.). (2017), L’evoluzione delle emozioni e dei sistemi motivazionali. Milano: Cortina.
- MacLean, P.D. (1973). L’evoluzione del cervello e comportamento umano. Tr. It. Torino: Einaudi, 1984.
- Onofri, A., & Tombolini, L. (2003). Psicoterapia cognitiva e disturbi dell’umore. Psicobiettivo, 35-54.
- Tomasello M., 1999. “The cultural origins of Human cognition”. Harvard University Press, Cambridge.