Il disturbo dello spettro autistico (ASD), è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione del linguaggio, della comunicazione, e dell’interazione sociale associati alla presenza di interessi ristretti e comportamenti stereotipati e ripetitivi.
Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è invece un disturbo caratterizzato dalla presenza di pensieri indesiderati, definiti ossessioni, che causano uno stato di disagio a chi li sperimenta e che, di conseguenza, portano la persona a mettere in atto una serie di strategie, dette compulsioni, allo scopo di liberarsi da tali pensieri.
Come vedremo di seguito, sebbene queste due condizioni siano clinicamente molto diverse tra loro, condividono alcuni tratti comuni. In particolare per quanto riguarda la presenza di rituali che spesso assumono una forma rigida e stereotipata.
Da un punto di vista clinico, dunque, è importante saper riconoscere la linea di demarcazione tra queste due condizioni. Questo allo scopo di comprenderne il funzionamento e di implementare degli interventi terapeutici efficaci.
La diagnosi di spettro autistico nel DSM 5
Nel DSM 5 la diagnosi dell’autismo si fa dimensionale e, all’interno dell’etichetta disturbo dello spettro autistico, vengono incluse quattro condizioni precedentemente separate. Tali condizioni sono il disturbo autistico, la sindrome di Asperger, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e ed il disturbo disintegrativo dell’infanzia.
I due principali criteri necessari per la diagnosi di disturbo dello spettro autistico riguardano la presenza di deficit persistenti nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale (Criterio A). Nonché un pattern ristretto e ripetitivo di comportamenti, interessi o attività (Criterio B).
Il pattern ristretto può riguardare la presenza di movimenti, eloquio o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, la presenza di un’aderenza rigida ed inflessibile a determinate routine o rituali di comportamento, la presenza di interessi molto limitati e fissi ed, infine, una iper-reattività o una ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o la presenza di interessi insoliti verso specifici aspetti sensoriali dell’ambiente.
La gravità del disturbo viene espressa in relazione alla quantità di supporto necessario in relazione al livello di compromissione rispetto ai due criteri sopraelencati.
La diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo nel DSM 5
In riferimento al disturbo ossessivo compulsivo, che nel DSM 5 viene separato dai disturbi d’ansia ed inserito in una categoria a parte. I principali criteri diagnostici che giustificano la diagnosi riguardano la presenza di ossessioni e/o compulsioni (Criterio A). Questi causano un disagio clinicamente significativo, fanno consumare tempo o impattano negativamente sul funzionamento dell’individuo (Criterio B).
Sovrapposizione sintomatologica e comorbilità tra ASD e DOC
Come si evince dai criteri diagnostici del DSM, vi è una parziale sovrapposizione tra alcune manifestazioni del disturbo dello spettro autistico ed il disturbo ossessivo compulsivo.
Tale sovrapposizione riguarda principalmente il ricorso a routine fisse e gesti ritualistici e, come intuibile, può complicare la valutazione del sintomo. E’ difficile scegliere se collocarlo all’interno del quadro ASD o se immaginare una comorbilità con un disturbo ossessivo-compulsivo.
A tal proposito, alcuni studi evidenziano come circa il 18% degli adulti con diagnosi di sindrome di Asperger presenti anche segni clinici evidenti di un disturbo ossessivo-compulsivo (Vansteensel et al., 2011).
Le tematiche ossessive più frequentemente riscontrate nel disturbo dello spettro riguardano il timore di contaminazione e l’aspetto perfezionistico. Possono essere presenti anche temi ossessivi riferiti al timore di venir criticati o presi in giro ed il timore di commettere errori (McDougle et al., 1995).
La sovrapposizione più evidente tra spettro autistico e DOC riguarda quindi i rituali di lavaggio, in particolare quelli indotti da una sensazione di disgusto e i rituali di ordine e simmetria afferenti al tema ossessivo dell’incompletezza e della sensazione di “non a posto”.
DOC e ASD in età adulta
Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione nel processo diagnostico riguarda il fatto che all’interno dell’ ASD gli aspetti perfezionistici, i rituali e le routine sono molto più comuni nell’autismo “ad alto funzionamento” (noto anche come sindrome di Asperger). Mentre le stereotipie motorie tipicamente associate alle forme più gravi, risultando spesso del tutto assenti in questa sindrome (Kent et al., 2013).
Soprattutto in riferimento alla popolazione adulta, ciò può ulteriormente complicare la valutazione. È noto, infatti, che l’attenzione clinica verso il disturbo dello spettro autistico ha subito una notevole crescita negli ultimi decenni. Rispetto al passato, dunque, attualmente è più facile che un bambino che manifesta il disturbo giunga all’attenzione clinica.
Questo non è altrettanto vero per la popolazione adulta. Si suppone infatti che, soprattutto in riferimento alle forme meno invalidanti dello spettro autistico, caratterizzate da una discreta adattabilità sociale, il disturbo sia ampiamente sotto-diagnosticato.
È dunque plausibile che molti adulti con Asperger, non avendo ricevuto una diagnosi in età infantile, semplicemente non sappiano di soffrire di questo disturbo. Giungano all’attenzione del clinico a causa dei sintomi che maggiormente impattano sulla qualità di vita come, ad esempio, la presenza di rituali ossessivi.
La diagnosi differenziale
Da tali elementi si evince come la capacità di effettuare una corretta diagnosi differenziale ed eventualmente individuare la presenza di una comorbilità tra disturbo ossessivo compulsivo e le forme meno invalidanti di disturbo dello spettro autistico, in particolare nella popolazione adulta, sia di fondamentale importanza non solo per i professionisti che si occupano specificatamente dell’autismo ma anche per coloro che trattano il disturbo ossessivo compulsivo.
In questo senso la diagnosi differenziale, là dove necessaria, permette non solo di comprendere più a fondo il funzionamento del sintomo ossessivo ed individuare le forme di trattamento più efficaci ma può rappresentare, per la persona adulta con un Asperger non diagnosticato, il primo punto di contatto con una prospettiva terapeutica e con la consapevolezza che le difficoltà incontrate nel quotidiano non sono causate da una personale bizzarria ma fanno parte di un funzionamento complesso e sfaccettato, condiviso con molte altre persone.
I sintomi che aiutano a distinguere le due condizioni
Una prima differenza generale che può essere fatta tra i rituali ossessivi e quelli legati al disturbo dello spettro autistico riguarda la funzione che tali rituali svolgono per l’individuo.
Tanto nel disturbo ossessivo compulsivo quanto nel disturbo dello spettro autistico, nella maggior parte dei casi, l’obiettivo funzionale della messa in atto del rituale è quello di modificare un vissuto emotivo negativo.
Nel DOC spesso tale vissuto si associa all’ansia ma può legarsi anche al disgusto o alla sensazione di “non a posto”.
Sempre nel DOC, la messa in atto della compulsione allevia nel breve termine l’emozione negativa associata alla valutazione che l’individuo fa rispetto ad un pensiero o un dubbio che attraversa la sua mente.
Nel disturbo dello spettro autistico invece, sebbene il rituale aiuti a placare una iper-attivazione emotiva, può risultare più difficile trovare un legame evidente tra la comparsa di un dubbio/pensiero disturbante, la sua valutazione e la conseguente risposta emotiva.
Di frequente Il rituale assume quindi una funzione di più ampio respiro, che coinvolge la necessità di ripristinare un equilibrio interno anche in relazione all’iper-reattività sensoriale tipica di questa condizione.
Un altro aspetto centrale che può aiutare il clinico, ma anche la persona stessa ed i suoi familiari, a distinguere le routine ed i rituali tipici dell’ASD e la presenza di un franco disturbo ossessivo compulsivo riguarda il grado di egosintonicità con cui vengono svolti i rituali.
Nelle persone con Asperger, infatti, i rituali sono perlopiù egosintonici. La loro esecuzione, anche qualora interferisca con la qualità di vita, viene vissuta con un certo grado di piacevolezza.
Nei pazienti con disturbo ossessivo compulsivo, invece, i rituali sono perlopiù egodistonici e l’incapacità di astenersi dalla loro esecuzione viene vissuta come una notevole fonte di sofferenza.
Un’attenta valutazione di questi aspetti è importante sia nei casi in cui è già presente una diagnosi di disturbo dello spettro autistico e si sospetta la presenza di una comorbilità con il disturbo ossessivo compulsivo, sia in quelli in cui una persona richiede aiuto per una sintomatologia ossessiva.
In quest’ultimo caso, un’indagine volta ad escludere la presenza della sindrome di Asperger si rende necessaria soprattutto nelle situazioni in cui il funzionamento interno del disturbo risulta poco chiaro al clinico e quando, in fase di valutazione, emergono dei campanelli d’allarme che possano far ipotizzare la presenza di una compromissione delle interazioni sociali e della comunicazione indipendente dall’aspetto ossessivo.
Bibliografia
- American Psychiatric Association. (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Raffaello Cortina Editore.
- Attwood, T. (2019, March). Guida completa alla Sindrome di Asperger. Edra.
- Kent, R., J. Carrington, S., Le Couteur, A., Gould, J., Wing, L., Maljaars, J., … & R. Leekam, S. (2013). Diagnosing Autism Spectrum Disorder: who will get a DSM‐5 diagnosis?. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 54(11), 1242-1250.
- McDougle, C. J., Kresch, L. E., Goodman, W. K., Naylor, S. T., Volkmar, F. R., Cohen, D. J., & Price, L. H. (1995). A case-controlled study of repetitive thoughts and behavior in adults with autistic disorder and obsessive-compulsive disorder. The American journal of psychiatry.