Premessa
Come recentemente indicato dalle Linee Guida dell’ESHRE “Good practice recommendations for preimplantation genetic testing (PGT)” del 2020, la PGT (dall’inglese PGT, Preimplantation Genetic Testing, o in italiano denominata anche PGD) è un processo che si avvale di tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) per indagini genetiche su embrioni prima del trasferimento in utero.
La diagnosi pre-impianto sull’embrione è finalizzata, quindi, alla ricerca della presenza di anomalie genetiche negli embrioni di coppie a rischio in quanto portatrici di alterazioni geniche o alterazioni cromosomiche ed inoltre per la valutazione delle aneuploidie cromosomiche embrionali, al fine di identificare e trasferire embrioni euploidi nel corso di cicli di PMA.
Le coppie candidate a tale procedura diagnostica sono quindi le coppie a rischio di trasmissione alla prole di una delle malattie genetiche note e diagnosticabili tra le quali figurano con maggior frequenza la fibrosi cistica, la beta-talassemia, la distrofia muscolare spinale, l’X fragile, la neurofibromatosi, l’emofilia o coppie in cui uno od entrambi i partner presenti una anomalia cromosomica nel cariotipo, ad esempio, traslocazioni Robertsoniane, reciproche o mosaicismi.
Sebbene le tecniche di diagnosi prenatale rappresentino attualmente procedure idonee per evitare la nascita di bambini affetti da malattie genetiche, le coppie che vi fanno ricorso devono sperimentare, nel caso di feto affetto da una grave anomalia genetica, un’interruzione della gravidanza.
Quindi, la possibilità di una scelta alternativa alla diagnosi prenatale è una opportunità eticamente rilevante per le coppie ad elevato rischio di trasmissione di gravi anomalie genetiche che possono così evitare il ricorso ad una interruzione della gravidanza, esperienza spesso traumatica dal punto di vista psicologico e non sempre accettata dal punto di vista etico/morale.
La diagnosi genetica preimpianto: criteri di accesso e rischi della procedura
Prima di affrontare le diverse fasi del percorso PMA-PGT la coppia dovrà ricevere una consulenza che non differisce sostanzialmente da quella delle altre coppie che vanno incontro a PMA, ma deve tenere conto di alcuni aspetti peculiari relativi alla diagnosi preimpianto.
In particolare, le Linee Guida SIGU (Società Italiana di Genetica Umana) del 2017 raccomandano che vengano trattati i seguenti argomenti:
- descrizione dettagliata della procedura di PMA;
- rischio di complicazioni mediche per la donna durante la stimolazione ovarica o il recupero ovocitario;
- complicanze addizionali, a breve o lungo termine, causate dalle procedure di PMA o dalla gravidanza in donne affette da specifiche malattie genetiche;
- numero minimo di ovociti che deve essere recuperato e la necessità di massimizzarlo, entro i limiti di sicurezza della pratica clinica;
- numero di embrioni che saranno sottoposti a biopsia, numero di cellule che saranno prelevate e percentuale attesa di embrioni che sopravvivranno al ciclo di crioconservazione/scongelamento;
- possibilità di crioconservazione degli embrioni e loro destino (sia sani, che affetti, che non analizzati), in osservanza alle vigenti leggi;
- modifica delle percentuali di successo del ciclo PMA causato dall’aggiunta della PGT e in relazione allo specifico rischio genetico della coppia;
- possibilità di gravidanza spontanea durante l’attesa o lo svolgimento del ciclo di PMA e considerazione di attuare adeguata contraccezione.
Infine, le stesse Linee Guida SIGU 2017, indicano che la coppia dovrà essere informata dei limiti e rischi specifici relativi alle tecniche di PGT (coltura a blastocisti, biopsia embrionale, analisi genetica), quali:
- danni fisici all’embrione;
- possibile aumento di mortalità embrionale prima dell’impianto in caso di biopsia di un blastomero allo stadio di day-3;
- errori diagnostici legati a peculiarità biologiche dell’embrione;
- mosaicismo embrionale;
- errori diagnostici legati a limiti tecnologici;
- errore umano;
- possibili effetti a lungo termine sulla salute del concepito alla nascita che sono sovrapponibili a quelli dei bambini nati dopo un ciclo di PMA.
Per i motivi di cui sopra, la scelta della coppia di intraprendere un percorso di PMA-PGT deve essere operata in maniera consapevole e motivata, in seguito ad una consulenza non direttiva in cui sia la coppia stessa a stimare vantaggi e svantaggi e decidere con consapevolezza quale sia il percorso più aderente alle sue aspettative e possibilità.
Cosa accade in Toscana
La Regione Toscana, ad ulteriore specificazione di quanto stabilito all’allegato C della Delibera GRT 837/14, ed in particolare del punto 2, Indicazioni alla PGD, individua, nell’allegato A della Decreto RT 4183/17 Modalità di attuazione dell’attività di diagnosi genetica pre-impianto (PGT) i seguenti criteri di ammissibilità in base alla gravità della patologia che consentono il ricorso responsabile a tale metodica a seguito di approfondite consulenze e dettagliate informazioni:
- a) coppie di individui affetti o portatori sani di malattie monogeniche (es. Fibrosi Cistica, Beta Talassemia etc.), che possono essere trasmesse alla prole.
- b) pazienti portatori di alterazioni cromosomiche strutturali (es. traslocazioni, delezioni, duplicazioni o inversioni). I soggetti portatori di anomalie cromosomiche strutturali generalmente sono sani, ma hanno un rischio aumentato rispetto alla popolazione generale di produrre gameti con sbilanciamenti cromosomici che possono determinare la nascita di prole affetta, possono causare infertilità o poliabortività. I soggetti che presentano una patologia cromosomica (sindromi da delezioni/duplicazioni) hanno un elevato rischio di avere prole affetta e di avere una riduzione della fertilità.
- c) pazienti portatori di un mosaicismo cromosomico, cioè pazienti con un cariotipo alterato a causa della presenza di linee cellulari con assetto cromosomico diverso (alterazioni di numero/struttura).
La PGT, quindi, offre la possibilità di individuare gli embrioni privi delle anomalie cromosomiche o monogeniche migliorando l’outcome riproduttivo di queste coppie, considerando sempre i limiti tecnici della PGT stessa.
Si precisa infine che gli embrioni risultati affetti dalla specifica patologia indagata con PGT e che la coppia non vuole trasferire, ai sensi e per gli effetti dell’art 13 e 14 della Legge 40/04 così come integrato dalle sentenze Corte Costituzionale 151/2009, 96/2015 e 229/2015, saranno crioconservati dal centro medico che ha effettuato la biopsia embrionaria.
Le coppie accedono al percorso per la PGT quando viene evidenziato un elevato rischio di familiarità per una malattia genetica.
Se sussistono le condizioni, la coppia verrà presa in carico dall’equipe specialistica (composta da ginecologo, genetista e psicologo) e la coppia potrà procedere alla diagnosi genetica pre-impianto, previo assenso da parte della coppia stessa, dopo aver ricevuto adeguate informazioni sulla metodica e sulle possibili alternative.
La consulenza psicologica
La PGT rappresenta un’opzione relativamente recente e la conoscenza degli aspetti psicologici derivanti dalla procedura è limitata, con un progressivo aumento degli studi.
Le recentissime PGT Guidelines dell’ESHRE del 2020, sottolineano che la valutazione ed il supporto psicologici dovrebbero essere indicati nelle seguenti condizioni:
- coppie per le quali il genetista, il ginecologo o altro professionista dell’equipe multidisciplinare ha dubbi sul benessere sia dell’esistente e/o futuro figlio sia sul benessere psicofisico e/o sulla condizione mentale dei futuri genitori;
- situazioni di coppia in cui uno dei futuri genitori è portatore di un disturbo autosomico dominante e può avere segni e/o sintomi di quel disturbo come determinato dallo specialista medico appropriato;
- coppie con una storia di fallimento riproduttivo;
- pazienti con esperienze traumatiche passate;
- pazienti con attuale disagio psicologico;
- coppie che richiedono attivamente un intervento psicologico.
Un’indagine di Hershberger e Pierce (2010) ha mostrato che il processo decisionale per le coppie che considerano la PGT, include valutazioni cognitive in relazione ai rischi, ai costi ed ai tempi, risposte emotive come dolore, gioia e giudizi morali relativi al significato sociale e alla prevenzione delle malattie.
Le fasi decisionali
Altri studi hanno rilevato che la decisione di sottoporsi a PGT è un processo dinamico che si sviluppa nel tempo e coinvolge una serie di scelte in cui l’individuo “oscilla” fra diverse dimensioni che possono essere schematizzate in quattro macro-fasi:
- identificazione, vale a dire avviare il processo decisionale conoscendo uno o più disturbi genetici per i quali le coppie sono a rischio di trasmissione, accettando il significato e l’impatto che l’essere a rischio ha sul loro futuro riproduttivo;
- contemplazione, cioè rivalutare attentamente se diventare o meno genitori mentre cercano e ottengono informazioni sulla PGT. Inoltre, significa esplorare le ulteriori scelte riproduttive a disposizione (ad esempio, concepimento naturale seguito da diagnosi prenatale, con o senza amniocentesi, eterologa, adozione e/o affidamento). Il focus principale per le coppie, in questa fase, è quindi determinare se diventare o meno genitori e tale valutazione può essere immediata o progredire anche per lunghi periodi di tempo prima di procedere con la fase successiva;
- risoluzione, ovvero le coppie raggiungono una decisione intenzionale sull’uso della PGT, che si concretizza in: accettazione, declino e “oscillazione”. Le coppie che “oscillano” circa la loro intenzione possono motivare la loro incertezza riferendo che il ricorso alla PGT può essere dilazionato a causa di problemi finanziari e/o al fine di tentare un concepimento naturale o con PMA eseguendo successivamente la Diagnosi Prenatale ;
- impegno/azione, vale a dire iniziare comportamenti che portano avanti la decisione relativa all’uso della PGT, come ad esempio programmare con i medici esami e consulenze specifiche o declinare e procedere con altre scelte di concepimento.
La maggior parte degli studi si è concentrata sulle esperienze delle donne e meno si sa sulle reazioni emotive negli uomini.
I segnali di disagio
In uno studio recente, gli uomini che progettano la PGT hanno riportato significativamente più sintomi di ansia rispetto agli uomini che pianificano la fecondazione in vitro e la presenza di un bambino già nato con la malattia genetica è stata un fattore predittivo significativo di ansia durante il processo decisionale (Järvholm et al., 2016).
Tra le donne, l’ansia e la depressione sembravano fluttuare durante il processo, ma dopo il successo della PGT, i livelli rientravano ai valori di base a 24 settimane di gestazione (Karatas et al., 2011).
Molti uomini e donne che scelgono un percorso di PMA-PGT sono sottoposti al forte carico che implica la presenza di una problematica genetica, sia loro che dei loro familiari (Bayat et al., 2011; Lok e Neugebauer, 2007).
Alcuni studi hanno dimostrato che il coping attivo è associato con maggior forza e miglior capacità di uomini e donne di gestire lo stress del trattamento di PMA (Gourounti et al., 2012; Peterson et al., 2006).
Uomini e donne sembrano inoltre essere influenzati in modo diverso dalla mancanza di figli e anche la percezione della loro relazione coniugale sembra differire.
Nello studio descritto le donne sembrano esperire considerevoli livelli di angoscia dall’essere senza figli rispetto agli uomini. Questo dato risulta essere coerente con quello di lavori precedenti (Huppelschoten et al., 2013; Preedy e Watson, 2010).
La sensazione di tensione di fronte alle altre coppie in gravidanza, dimensione spesso emergente all’interno dei vissuti delle coppie in trattamento per PMA-PGT, potrebbe essere non solo legata alla mancanza di figli, ma potrebbe essere anche in relazione alla soddisfazione coniugale o al tono dell’umore individuale.
Per uomini e donne sottoposti a PGT, la situazione potrebbe ricordare il normale trattamento di fecondazione in vitro ma anche differire da questo, in quanto potrebbe pesare maggiormente la presenza della problematica genetica e/o di un sistema riproduttivo più problematico, come riportato in studi precedenti (Järvholm et al., 2016).
L’obiettivo della PGT è ovviamente quello di diventare genitore di un bambino senza la malattia genetica. Prima dell’inizio del trattamento, il percorso PGT sembra la soluzione perfetta, ma gli uomini e le donne nel presente studio hanno descritto altrettanto, sia la complessità degli aspetti pratici, sia la tensione emotiva derivante che può continuare ad influenzarli, sia in positivo che in modo negativo.
L’obiettivo non era solo quello di avere un bambino; doveva anche porsi fine alla malattia e impedire al bambino di trovarsi nella stessa situazione in futuro. Avere un figlio sano era anche un modo in cui i genitori potevano diventare come tutti gli altri.
Dalle considerazioni riportate, appare quindi utile e coerente, in linea con le indicazioni delle Linee Guida ESHRE 2020, affrontare con la coppia all’interno della consulenza psicologica le seguenti tematiche:
- la storia di coppia e la dinamica familiare, al fine di rendere la coppia stessa consapevole delle proprie motivazioni e risorse;
- la possibilità di ricorrere ad ulteriori scelte riproduttive, in particolar modo eterologa e adozione e/o affidamento;
- le implicazioni derivanti dalle probabilità d’insuccesso delle tecniche;
- la presenza di un figlio affetto in famiglia, la salute dei genitori (in caso di malattie dominanti) e gli aspetti economici e psicologici correlati alla gestione di una gravidanza e all’eventualità di nascita gemellare, al fine di rendere gli attori coinvolti nel processo consapevoli delle complesse implicazioni della loro scelta;
- l’impatto delle tecniche sulla vita familiare (eventuali viaggi o spostamenti, assenze da casa, potenziali sequele dell’iperstimolazione nella madre e in particolare di una eventuale nascita gemellare), soprattutto per le coppie che hanno già un precedente figlio affetto dalla malattia;
- la considerazione delle implicazioni della tecnica e l’eventuale necessità di un supporto psicologico soprattutto per le coppie che hanno già una storia di insuccesso riproduttivo e di esperienze traumatiche alle spalle e per le coppie in cui uno dei futuri genitori è affetto da una malattia autosomica dominante e presenta già segni correlati alla malattia (es. malattie neurodegenerative);
- particolare attenzione a tutte quelle coppie per le quali gli specialisti del team multiprofessionale hanno dubbi riguardanti il benessere dei figli esistenti o futuri, o per le condizioni mentali dei futuri genitori.
In conclusione è opportuno offrire alle coppie la possibilità di usufruire del servizio di consulenza e supporto psicologico in qualunque fase del ciclo PMA-PGT, come da linee guida ESHRE 2015, al fine di costruire un percorso individualizzato, in cui la risposta specifica ai bisogni delle coppie si traduca in una scelta consapevole ed in una collaborazione medico-paziente che promuova compliance e riduzione del drop-out.
Bibliografia
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