Si definisce emergenza una circostanza in cui un evento devastante di origine naturale o provocato dall’uomo, in modo inaspettato ed improvviso, crea un clima di attivazione, di paura, di allerta, di urgente bisogno accompagnato da tentativi immediati di soccorso.
La psicologia dell’emergenza è quindi il settore della psicologia che si occupa degli interventi clinici e sociali in situazioni di calamità, disastri ed emergenza. E’ la disciplina che studia il comportamento individuale, dei gruppi e dell’intera comunità nelle situazioni di crisi.
Negli ultimi decenni c’è stato un incremento di consapevolezza dell’impatto dei disastri sulla popolazione. I disastri sono eventi comuni e complessi, dove la quotidianità e gli aspetti che fino a quel momento davano certezza e progettualità diventano instabili. Perdere case o familiari, temere per la propria incolumità o essere esposti a scene terrificanti costituiscono fattori di rischio grave per la salute mentale. Sia adulti che bambini possono facilmente sviluppare un Disturbo Post Traumatico da Stress.
L’emergenza ai tempi del Coronavirus
In questo momento ormai tutto il mondo sta affrontando una situazione di emergenza. L’impatto del Coronavirus si è infatti trasformato in un vero e proprio trauma collettivo dove tutti a diverso modo diventano vittime.
Chi direttamente subisce l’impatto del virus. I parenti e le persone care dei malati o defunti. I soccorritori e gli operatori sanitari continuamente e per lungo tempo esposti al contatto diretto con acute sofferenze, senso di impotenza, scelte difficili. L’intera comunità, fortemente limitata nella libertà, sconvolta nelle abitudini di vita e in un costante stato di incertezza. In particolar modo rispetto all’evolvere della situazione e agli scenari di vita ed economici che dovremo affrontare nel prossimo futuro.
Le reazioni individuali si muovono dalla negazione e sottovalutazione del pericolo all’angoscia. La paura è una emozione assolutamente normale e preziosa per attivarci e orientarci verso comportamenti di difesa. Ma quando l’allerta diventa eccessiva, i comportamenti perdono di lucidità, diventano disorganizzati e controproducenti.
Coronavirus e possibili effetti sulla salute mentale
A volte la paura può acutizzarsi in Panico o prendere la forma di ansia generalizzata, per cui un pericolo limitato e contenuto di contagio viene generalizzato. Ciò porta a percepire ogni situazione come rischiosa ed allarmante. Per qualcuno può prendere la forma dell’ipocondria, intesa come tendenza a eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute, dove ogni minimo sintomo viene interpretato come un segnale inequivocabile di infezione da Coronavirus.
In questo particolare momento storico poi la tecnologia ci permette di sopravvivere e informarci. Ma ci espone anche ad un continuo bombardamento di informazioni ed immagini che possono creare una costante risposta di allarme (iper-arousal) rispetto alla condizione di vulnerabilità ed incertezza.
Perchè L’EMDR in emergenza
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) rappresenta ad oggi un approccio terapeutico ben integrabile in contesti di emergenza. Esso è lo strumento principale all’interno delle linee guida dell’OMS per il trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico.
Viene infatti utilizzato come strumento di prevenzione nello sviluppo di possibili disturbi psicologici che possono insorgere a seguito di un evento critico. Lavora su più dimensioni: dalla stabilizzazione emotiva della persona, all’installazione di risorse, alla rielaborazione adattiva dell’esperienza traumatica. Porta sollievo e facilita la crescita post traumatica.
Tali interventi psicologici si adattano ai contesti più vari (dalle scuole agli ospedali, dalle caserme ai centri della Protezione Civile). Permettono di lavorare con le persone sia singolarmente che in gruppo quando la possibilità di condivisione dei vissuti emotivi diventa uno strumento preziosissimo di cura e prevenzione. Oggi non da meno è la possibilità di fare interventi (con le dovute valutazioni e accortezze) anche On line.
Trattamento EMDR e emergenza Coronavirus
Il trattamento con EMDR può essere parte integrante dell’intervento in fase peri-traumatica e può essere utilizzato nella rielaborazione dei target (ricordi) fin dalle prime esposizioni ad eventi critici.
Il protocollo per gli eventi recenti, usato in modo specifico proprio in contesti emergenziali, consente di intervenire rapidamente ed efficacemente. Lavora sui punti di disturbo innescati dall’esperienza traumatica già dal primo mese, in modo da favorire l’integrazione ed evitare l’effetto cumulativo degli eventi traumatici a cui le persone sono esposte.
Il fatto che l’evento critico sia caratterizzato dal perdurare nel tempo, con quindi un ritardo o l’assenza di un periodo post traumatico di sicurezza (proprio come sta accadendo in questo periodo di emergenza sanitaria, sia per gli operatori che per la popolazione) porta un ulteriore impedimento alla processazione dell’evento critico originario. Questo perché l’esposizione a continui eventi stressanti con informazioni simili (stesse sensazioni o emozioni) non permette alla memoria traumatica di essere integrata e consolidata in modo adattivo.
Quali sono i meccanismi di funzionamento dell’EMDR?
L’EMDR parte dal presupposto che esista nel cervello un sistema innato di elaborazione delle informazioni che assimila all’interno delle reti di memoria già presenti le nuove esperienze che la persona vive ogni giorno (con i pensieri, le emozioni, le immagini e le sensazioni corporee a tali eventi correlate).
Quando questo sistema funziona normalmente le nuove esperienze vengono quindi processate, assimilate, contestualizzate. Alla fine di questo processo perdono la loro qualità disturbante in caso siano esperienze negative.
Quando però la persona vive un evento traumatico questo sistema di elaborazione può arrestarsi e trovare difficoltà a processare in modo adattivo le informazioni, lasciando l’esperienza del trauma non risolta.
Gli eventi particolarmente stressanti possono infatti rimanere congelati nel tempo nella rete neurale che si è formata, incapaci di collegarsi alle reti già presenti contenenti le informazioni invece più adattive.
Neurofisiologia dell’EMDR
Le principali strutture cerebrali coinvolte in questo sistema sono la corteccia prefrontale, l’amigdala, l’ippocampo e il talamo.
L’amigdala è un nucleo profondo del cervello che ha un ruolo primario nella formazione e nella preservazione delle memorie associate ad eventi emozionali e si attiva in tutte le emozioni negative ma in particolar modo nella paura.
Esistono estese connessioni reciproche tra amigdala e corteccia prefrontale che, in condizioni fisiologiche, inibisce l’amigdala provocando attivamente l’estinzione della risposta alla minaccia.
In assenza di questo input inibitorio, l’amigdala rimane attivata e continua a mantenere un alto livello di risposta avversa. L’inibizione della corteccia prefrontale sull’amigdala è un aspetto necessario e fondamentale per la codifica e il processamento di un evento traumatico.
L’ippocampo è sede delle memorie episodiche ed autobiografiche ed è fondamentale nell’identificare contesti “sicuri”. L’ippocampo ha un ruolo centrale nel consolidamento dell’informazione da memoria a breve termine a quella a lungo termine ed è molto sensibile agli effetti dello stress.
Il cortocircuito amigdala-ippocampo
Lo stress estremo di un evento traumatico con forte valenza emotiva porta un eccesso di stimolazione dei neuroni dell’amigdala e dell’ippocampo in una sorta di cortocircuito.
Le informazioni derivate dall’esperienza traumatica si traducono fisicamente in network neuronali chiamati engrammi che rimangono (a causa del cortocircuito) confinati in tali nuclei. Non possono essere trasferiti alla neocorteccia che è invece deputata alla loro contestualizzazione adattiva attraverso l’integrazione con le altre memorie e apprendimenti che fanno parte della vita della persona.
Le memorie non processate (cioè che non tornano alla neocorteccia) posssono rimanere immutate anche tutta la vita se non c’è qualcosa che favorisce la rimozione dell’engramma dall’amigdala e il processamento.
L’engramma si muove dall’amigdala e dall’ippocampo alla corteccia grazie a delle onde cerebrali “lente” che sappiamo essere rilasciate durante il sonno ed essere fondamentali per i processi di apprendimento e memorizzazione.
L’utilità dei movimenti oculari
Durante la seduta EMDR vengono utilizzati i movimenti oculari (stimolazione bilaterale alternata) mentre la persona si focalizza sulla memoria traumatica. Proprio attraverso questa stimolazione viene elicitata la comparsa di onde cerebrali lente che riproducono il fenomeno che normalmente avviene durante il sonno. Quel fenomeno che attiva il trasferimento delle memorie degli eventi quotidiani verso la neocorteccia.
Qui si viene a formare un nuovo network neuronale relativo a quell’evento che sostituisce il precedente e ne annulla gli effetti. Permette dunque l’integrazione più adattiva degli aspetti emozionali contenuti nell’amigdala e di quelli episodici contenuti nell’ippocampo, contestualizando ad un più alto livello cognitivo l’esperienza traumatica.
Questo processo si traduce nella possibilità di ripensare all’evento traumatico come qualcosa di passato. Esso diventa parte della propria storia di vita senza generare più i sintomi e le emozioni talvolta soverchianti collegate a quell’evento. La persona rivede anche se stessa sotto una nuova luce di “crescita”.
Efficacia dell’EMDR
I meccanismi di funzionamento dell’EMDR hanno trovato evidenza empirica in importanti recenti ricerche. L’articolo più importante è quello pubblicato da Baek e colleghi su “Nature” (2019).
Lo studio rivela il meccanismo d’azione dell’EMDR e il suo percorso neuroanatomico attraverso un esperimento animale. Gli autori hanno riprodotto con i topi una situazione simile a ciò che succede durante una seduta EMDR in caso di PTSD. Hanno trovato che la stimolazione bilaterale alternata è l’unica condizione che porta ad una totale estinzione della paura.
Gli autori hanno scoperto che la stimolazione bilaterale aveva avuto un ruolo anche nell’aumento dell’attività neuronale che attiva il talamo da cui partono onde fondamentali per la memorizzazione a lungo termine.
L’engramma che rappresentava la paura nel topo veniva rimosso grazie alle onde lente elicitate dalla stimolazione bilaterale. L’informazione veniva portata alla neocorteccia con la possibilità di quest’ultima di agire la sua funzione di modulazione dell’eccitabilità dei neuroni dell’amigdala.
Relazione tra sonno naturale e EMDR
Tra le onde lente che emergono durante il sonno e le onde lente che emergono durante una stimolazione bilaterale (EMDR) esiste una somiglianza quasi assoluta. È molto probabile quindi che durante la terapia venga replicato quello che avviene durante il sonno. Con la differenza che durante il sonno noi abbiamo tre periodi in cui rilasciamo onde lente e non è detto che la priorità in quel momento sia la processazione dell’evento traumatico.
Invece durante la seduta di psicoterapia EMDR quando si fa la stimolazione bilaterale si chiede alla persona di concentrarsi su quell’engramma, non su altre cose o eventi che possono esistere.
Questo sposta subito l’evento al primo posto della gerarchia di processazione. Il fatto che si formino durante la seduta onde lente per circa 900 volte aumenta a dismisura la possibilità che durante quella generazione di onde l’engramma si muova e si formi a livello corticale un nuovo engramma non disturbante.
Crescere dopo il trauma
Gli studi neuroscientifici ci mostrano quindi oggi in modo tangibile come il nostro cervello sia dotato della possibilità di elaborare le esperienze traumatiche e renderle parte integrante del nostro bagaglio di vita.
Gli stessi studi ci mostrano però anche come eventi particolarmente stressanti portano un cortocircuito nel sistema che può impedire il raggiungimento di un nuovo, buon equilibrio post traumativo, rendendo la persona vulnerabile a disturbi e sofferenza psicologica.
Alla luce di questo, oggi più che mai è importante comprendere e investire sulla psicoeducazione, il sostegno psicologico e l’intervento mirato professionale. Ciò per far si che i processi di elaborazione avvengano modo adeguato. Quando questo avviene non solo tali esperienze non creano più disturbo emotivo, ma diventano anche quello che definiamo crescita post traumatica.
Quando gli effetti emotivi negativi del trauma vengono lasciati nel passato e l’esperienza portata al livello di riflessione della corteccia cerebrale, si apre la consapevolezza di una nuova valutazione e un arricchito sentire verso se stessi.
La paura e l’impotenza lasciano spazio alla ritrovata sicurezza di chi sa di avercela fatta a fronteggiare e superare quel momento difficile.
Si riconoscono più forti le proprie risorse con rinnovato senso di controllo e di efficacia personale. E’ possibile riscoprire gli affetti e sentire di essere parte di una solidarietà umana. Si può accettare di non controllare ciò che non è controllabile ma sentirci capaci di scegliere e gestire le proprie reazioni a ciò che la vita porta.
Possono cambiare le priorità e la propria scala di valori. Prendersi cura dell’aspetto psicologico del trauma di oggi ha una importanza cruciale per quello che sarà il vissuto della persona domani e nel futuro a lungo termine.
Bibliografia
- Jinhee Baek et al. Neural circuits underlying a psycho-therapeutic regimen for fear disorders. Nature 566, 339–343 (2019)
- Stephanie A. Maddox et al. Deconstructing the Gestalt: Mechanisms of Fear, Threat, and Trauma Memory Encoding. Neuron 102, April 3 (2019)
- Shapiro. EMDR Il Manuale. Principi fondamentali, protocolli e procedure. Raffaello Cortina Editore, 2019
- Christiaan H. Vinkers et al. Successful treatment of post-traumatic stress disorder reverses DNA methylation marks. Molecular Psychiatry (2018)