Già da un po’ l’approccio giuridico al danno alla persona prende in considerazione l’aspetto complessivo. Considera anche l’integrità psichica e le conseguenze che il trauma può comportare sulla qualità della vita.
Questa considerazione nasce da una crescente attenzione sociale e politica sull’argomento. Il diritto alla salute è un diritto fondamentale della persona che deve essere costituzionalmente garantito.
Il risarcimento del danno è sancito dall’art. 2043 del codice civile e il danno può essere classificato come patrimoniale o non patrimoniale.
Il risarcimento del danno patrimoniale
Le prime sentenze tendevano a risarcire le spese come riparazione alle conseguenze dell’evento lesivo, specie in presenza di compromissione della capacità lavorativa.
Questa forma di risarcimento non è stata favorevolmente accolta dalla collettività. Si riteneva non opportuno, e ingiusto, considerare la persona danneggiata solo rispetto alla sua attività lavorativa e non anche in riferimento alla sua complessa vita di relazione.
Questo ha anche portato ad un’amplificazione delle discriminazioni sociali a causa delle differenze retributive. A parità di lesioni subite una professione più qualificata riceveva un risarcimento superiore.
Il danno non patrimoniale
Negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerosi interventi in ambito legislativo su ciò che concerne il danno non patrimoniale. Ci si riferisce a una “lesione di interessi inerenti alla persona, non connotati da rilevanza economica”. Ovvero riguardante tutti quegli aspetti non immediatamente monetizzabili che compongono la vita di ciascun individuo.
Ci si allontana lentamente quindi da una concezione della salute di tipo esclusivamente organicistico per andare verso una visione bio-psico-sociale dell’individuo.
Per danno psicologico si intende sia ciò che causa un danno fisico nella psiche di una persona sia l’alterazione mentale che si verifica indipendentemente dalle lesioni fisiche (Franzoni, 2004). La lesione psicologica sarebbe un turbamento, giuridicamente accettato, dell’equilibrio psichico della persona.
La possibilità di ottenere risarcimento del danno psichico, che ormai costituisce una categoria precisa, è una conquista recente. Tale diritto è stato riconosciuto dalla Corte Suprema come diritto individuale esercitabile in ambito privatistico.
A conferma di ciò, la stessa giurisprudenza ha spesso sottolineato l’ottica secondo cui la salute mentale non può essere limitata a casi di malattia nosograficamente classificabili, ma racchiude la salvaguardia del “valore uomo” e le relative funzioni indispensabili alla realizzazione individuale (Voltorin, 2012).
Eventi traumatici e danno psicologico
E’ importante sottolineare che il danno è sempre provocato dalla correlazione tra l’evento traumatico e la struttura psichica dell’individuo. Può manifestarsi in seguito a tre eventi illeciti, quali: una lesione fisica specifica (es. lesione cerebrale); una lesione fisica aspecifica (es. stato depressivo conseguente a responsabilità medica); un danno psichico “puro” senza alcun substrato fisico-organico come ad es. una depressione da lutto (D’Angio, Recco, 2009).
Questo ci porta a distinguere due dimensioni del danno psichico: una più strettamente patologica di tipo reattivo, in cui è più semplice identificare il nesso causale, e una più sfuggente e meno identificabile come nei casi di danno puro.
C’è quindi un quadro di crescente sensibilità socio-culturale nei riguardi della componente psicologica dell’individuo. Ne consegue un adattamento normativo e giuridico sui diritti fondamentali della persona. Si palesano quindi i presupposti per l’introduzione del sapere psicologico nell’ambito del danno non patrimoniale alla persona, nonché la necessità dell’utilizzo delle conoscenze psicologiche all’interno dell’ambito giuridico.
Il ruolo dello psicologo nel danno non patrimoniale
L’accertamento per danno biologico di tipo psicologico può essere richiesto dal giudice, il quale nominerà un consulente – Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) – dato che lo stesso non possiede quelle conoscenze specialistiche che determinano una valutazione ed un accertamento in tale ambito.
Occorreranno, pertanto, strumenti quali la perizia, corredata da una corposa documentazione per addivenire ad una maggiore conoscenza scientifica sulla presenza e rilevanza del danno.
Nonostante l’importanza dell’inquadramento psico-diagnostico finalizzato ad un maggiore approfondimento scientifico, ad oggi, tale pratica non risulta concretamente rispettata nella cultura giuridica. Persiste infatti una trattazione relativa alla valutazione del danno alla persona affidata alla competenza di un medico legale o di uno psichiatra.
In tal modo viene ignorato che per un esame completo ed esaustivo, ai fini dell’accertamento del danno non patrimoniale, risulta necessaria un’indagine di carattere psicologico forense.
I limiti della psichiatria forense
La valutazione psichiatrica è utile al fine di stabilire quale sia la terapia farmacologica idonea per una determinata sindrome. Spesso però alcuni settori di tale disciplina non fanno riferimento a teorie sulla malattia mentale. Manca dunque la possibilità di spiegare il rapporto causale tra l’evento dannoso/traumatico ed il danno psichico.
Inoltre, la classificazione psichiatrica impedisce o rende difficile il lavoro di “personalizzazione” del danno. Il ruolo del medico legale e dello psichiatra sono certamente importanti nell’accertamento dell’aspetto clinico-medico e non psicologico del danno.
Ma ma lo psicologo forense viene indicato come la figura più idonea alla valutazione del danno psichico. Rientra infatti tra le sue competenze quella di effettuare valutazioni sulla base di strumenti di indagine come il colloquio cinico, i test appropriati, nonché la rilevazione degli elementi che connettono causalmente il disagio psichico con l’evento traumatico.
Per tutte queste ragioni risulta auspicabile il conferimento a professionisti esperti, di incarichi nelle Consulenze Tecniche disposte dal tribunale.
Fattori da valutare in caso di danno psicologico
Per la valutazione del danno biologico di natura psicologica il consulente deve considerare i fattori che contribuiscono all’evoluzione del disturbo. Cioè quali siano gli eventi concernenti il fatto dannoso (gravità e durata temporale dell’evento traumatico), gli eventi antecedenti (deficit cognitivi o disturbi di personalità pre-esistenti e possibili fattori di rischio) e gli eventi che seguono il fatto (l’accesso a mezzi economici, legali o terapeutici e a risorse affettive, sociali e relazionali).
Tale valutazione può essere effettuata anche attraverso l’acquisizione di informazioni da parte di testimoni o, comunque, di persone informate sui fatti (D’Angio, Recco, 2009). Ciò perché è necessario sottoporre a verifica il contenuto delle affermazioni/dichiarazioni del paziente ed è importante ricevere una descrizione da parte di testimoni attendibili circa il comportamento del soggetto.
Nello specifico, la determinazione dell’eventuale danno psichico avviene attraverso un’indagine relativa: alla sofferenza psichica che sfocia, nel caso della sua intolleranza, in un disturbo psichico; alle funzioni psichiche positive o negative; alla realizzazione della personalità.
La modalità di indagine deve, quindi, utilizzare un “metodo incrociato”, in cui il tipo di sofferenza psichica, la diminuzione funzionale e la compromissione della vita di relazione devono risultare correlati in maniera non contraddittoria (Voltorin, 2012).
Il nesso di causalità fra evento e danno
Elemento essenziale, in tema di accertamento del danno psichico, è soprattutto quello del nesso di causalità fra evento lesivo e danno subito.
Già in medicina legale, in riferimento alle problematiche di tipo organico, sono stati da tempo individuati dei criteri che descrivono il nesso di causalità (Gerin, 1954) Cronologico: la causa deve essere precedente al danno (condizione necessaria ma non sufficiente); quantitativo; qualitativo; modale.
Inoltre, per la dimostrazione del nesso causale è necessario fare riferimento al legame tra causa, concausa e occasione (D’Angio, Recco, 2009).
Quindi secondo il principio di equivalenza delle cause contenuto nell’art. 41 del codice penale, il fatto illecito/ingiusto è causa se ha quelle caratteristiche qualitative e quantitative tali da poter determinare da solo il danno, anche in assenza di altri antecedenti causali.
Altri elementi di valutazione
Infine, per valutare la presenza e la gravità del trauma occorre un’analisi approfondita del soggetto con vari strumenti metodologici. Tra questi i colloqui clinici, i test di livello, di personalità, proiettivi e neuropsicologici, al fine di valutare alterazioni delle funzioni mentali, gli stati emotivo-affettivi e i meccanismi di difesa utilizzati.
Il CTU deve verificare l’esistenza o meno del trauma psichico valutando compromissioni, menomazioni, riduzione della capacità di comprendere e di accettare la realtà. Ciò procedendo attraverso la raccolta dei dati anamnestici, l’esame della documentazione clinica e l’analisi delle deposizioni dei testimoni.
Secondo la letteratura scientifica, i test maggiormente utilizzati sono:
- la WAIS-R (Wechsler Adult Intelligence Scale) per la valutazione del funzionamento cognitivo nella sua globalità e per indagare gli indici di deterioramento e di interfrerenza dei fattori emotivi sul rendimento cognitivo;
- il MMPI-2 (Minnesota Multiphasic Personality Inventory)
- il Rorshach
Tutti strumenti comprensivi di indicatori che consentono di poter individuare e smascherare una eventuale simulazione da parte del soggetto (Bohm, 1969, 1995). Atri test più specifici vengono utilizzati per l’approfondimento come, ad esempio, la CAPS per il Disturbo da Stress Post-Traumatico.
Riferimenti bibliografici
- F. Buzzi, M. Vanini Guida alla valutazione psichiatrica e medico-legale del danno biologico di natura psichica. 2014 Giuffrè Editore
C. Pernicola Guida alla valutazione del danno di natura psichica. 2018 F. Angeli
S.I.M.L.A. Linee guida per la valutazione medico-legale dell’anno alla persona in ambito civilistico. 2016 Giuffrè Editore