L’abilità di fare e ricevere critiche è uno degli elementi essenziali della comunicazione assertiva. Come diceva A. Lazarus “Esprimere una critica è difficile, ma non impossibile”.
Innanzitutto, bisogna distinguere tra le critiche costruttive/efficaci e quelle manipolative/negative, inteso come errate nel modo in cui vengono rivolte. Naturalmente, è bene sforzarsi di esprimere quelle della prima categoria citata, che vengono descritte con le seguenti caratteristiche:
- mirano al comportamento
- sono specifiche e situazionali
- contrastano l’azione (es. sbagliata, incompleta, imprecisa)
- partono dal negativo per passare al positivo
- esprimono la parte cognitiva e non invadono quella affettiva
quelle manipolative, invece:
- mirano alla persona
- sono generiche e totalizzanti
- contrastano l’identità (es. senso di colpa, ansia, senso di inadeguatezza)
- partono dal negativo per degenerare nel negativo intensificato
- esprimono sia la parte cognitiva che quella affettiva
Ecco i punti da tenere a mente quando facciamo una critica:
- rivolgersi direttamente all’interessato
- trattare in privato anziché in pubblico
- evitare i confronti
- evitare sarcasmo e ironia
- non lasciare accumulare contenziosi
- affrontare un argomento alla volta
- non scusarsi
- non dire “sempre”, “mai”, “comunque”
- parlare più di sé che dell’interlocutore
- suggerire una soluzione realistica e accettabile
Invece, questo è un pro-memoria utile per quando si riceve una critica:
- collocare la critica in uno spazio specifico e concreto
- non sentirsi ogni volta messi in causa globalmente come persona
- non permetterei farsi etichettare, bensì precisare la specificità del proprio sbaglio
- chiedere spiegazioni concrete e dettagliate per capire quali aspetti della critica siano fondati e quali infondati
- richiedere all’altro suggerimenti utili ad un esito positivo della critica
- sui punti in disaccordo ricercare una mediazione soddisfacente per entrambi
All’interno del training di assertività esistono anche delle tecniche specifiche, dette “di difesa”. Esse vengono insegnate ed utilizzate per rendere in grado le persone di “mantenersi” assertive anche in tutte quelle situazioni più critiche, nelle quali può essere difficile non deviare verso comportamenti passivi e/o aggressivi. Vediamole nello specifico:
Tecnica del “Disco Rotto”: è necessaria per non farsi coinvolgere da persone insistenti o che mettono in atto strategie manipolative. Consiste nel ripetere con calma il proprio punto di vista, usando sempre le stesse parole, senza fornire altre spiegazioni. E’ utile da usare anche quando facciamo una richiesta che è in nostro diritto esigere.
“Annebbiamento” (o fogging): si accetta l’opinione/la critica/la richiesta dell’altro, ammettendo che ci possa essere del vero, senza però giustificarsi. Ad es. “Capisco il tuo punto di vista”, “Probabilmente hai ragione”, o utilizzando una parafrasi, una riformulazione. Lo scopo è “confondere”, accettando la critica che ci viene mossa ma, allo stesso tempo, calmare l’interlocutore, “spiazzandolo”, per poi aprire un dialogo chiarificatore. Si ascolta ciò che la persona dice e, usando le sue parole o simili, si riconosce il suo bisogno ma si dichiara anche il proprio punto di vista.
“Inchiesta Negativa”: serve per trasformare le frasi manipolative generiche in critiche specifiche e costruttive, es. “Per piacere, mi può indicare dove ho sbagliato?” .
“Asserzione Negativa”: consiste nell’ammettere il nostro errore e scusarsi. Il suo obiettivo è ridurre l’ostilità e tendere ad estinguere la manipolazione.
“Sordità selettiva”: comporta il rifiutarsi di parlare di un certo argomento, non commentando né replicando. Ad es., quando qualcuno insiste a discutere anche se gli abbiamo fatto chiaramente capire che non intendiamo più parlarne. Qualche volta è utile ribadire il nostro atteggiamento con frasi tipo: “Ho capito bene, ma d’ora in poi non ho più intenzione di risponderti. Abbiamo già discusso di questo argomento e sai come la penso. Se continui ancora a parlarne, fingerò di non sentirti. Su qualsiasi altro argomento sono disposto a discutere, ma non su questo”. Dopo bisogna davvero non dire più niente sull’argomento in questione, anche se provocati.
“Rinvio”: qualche volta si riesce a neutralizzare la rabbia di qualcuno che è ingiustificatamente aggressivo se si accetta di proseguire la conversazione solo se smetterà di usare certi toni. Si può dire, per esempio: “Sono disposto a parlarne, ma non ci riesco quando se tu sei così arrabbiato. Calmati prima, e poi ne discuteremo”. L’impegno alla disponibilità va naturalmente rispettato se l’interlocutore si calma veramente.
-“Separare le componenti”: si tratta di una tecnica utile a contrastare chi vuol spingere gli altri ad agire come desidera, mescolando aspetti e piani diversi. Non bisogna lasciarsi confondere o fuorviare. Ad esempio, possiamo sentirci dire da un amico: “Certo che se ti rifiuti di prestarmi il denaro che ti ho chiesto, non ti importa davvero di me”. In questo caso è importante distinguere le due componenti (cioè amicizia e prestito di denaro), dicendo ad esempio: “Non è vero che di te non mi importa, ma non ho intenzione di prestarti del denaro”. Per la massima efficacia, questa tecnica può essere abbinata a quella del “Disco rotto”.
Abbiamo dunque visto come l’assertività sia un’abilità transdiagnostica, utile cioè in una molteplicità di disturbi clinici ma il suo allenamento risulta efficace molto spesso anche nella popolazione non-clinica. Il training assertivo, seppur molto meno presente nelle ricerche odierne, continua ad essere uno “strumento” molto utilizzato e fondamentale nel repertorio del terapeuta di orientamento comportamentale e cognitivo.