La rabbia è un’emozione di base, evolutivamente volta a difendersi per la sopravvivenza e con una funzione fondamentalmente adattiva.
Essa può diventare disfunzionale o problematica quando gli attacchi di rabbia (detti anche scatti d’ira) compromettono le relazioni o la qualità della vita, o creano sofferenza spingendo ad intraprendere azioni dannose verso sé o verso gli altri.
Nonostante gli attacchi d’ira siano un problema molto osservato nella nostra vita, questo appare poco esplorato rispetto ad ansia e depressione.
Le varie manifestazioni degli attacchi di rabbia si estendono dalla famiglia al luogo di lavoro, alle relazioni più in generale e al setting terapeutico clinico.
Questo ha spinto molti studiosi a sviluppare strumenti di valutazione della rabbia, soprattutto questionari self-report con il crescere dell’interesse per questa emozione e per rendere più specifici gli interventi di regolazione emotiva volti a contenere gli scatti d’ira.
Definizioni della rabbia
La rabbia è stata definita in molti modi in base ai differenti aspetti enfatizzati. Vi è un ampio consenso nel considerare comunemente i sentimenti di collera come “sbagliati” e accompagnati da azioni tese a controbattere o rimediare a tali attacchi di rabbia.
In generale, la rabbia è stata caratterizzata in termini di pattern psico-fisiologici e di attivazione facciale. Sebbene si possa ritenere che essa abbia qualche effetto benefico, come il ruolo di mobilitare le risorse psicologiche, stimolare il comportamento e proteggere l’autostima, essa è tipicamente considerata per la sua valenza emotiva negativa con conseguenze potenzialmente dannose.
Gli scatti d’ira, quando scarsamente regolati, costituiscono al distress psico-fisico. Il termine ostilità è più specificatamente riservato per definire attacchi di rabbia ricorrente o una generale propensione alla rabbia.
Essa è considerata frutto di un bias attitudinale o di uno schema cognitivo di forte disapprovazione versi gli altri o simile ad un tratto di personalità.
Aggressività e violenza
L’aggressività invece viene definita nella psicologia sociale come un comportamento inteso a danneggiare o ferire psicologicamente o fisicamente.
Infine, la violenza è un sottotipo di aggressione fisica nel quale i danni sono realmente concretizzati.
La regolazione degli scatti di rabbia
In anni recenti sono stati disegnati interventi psicologici per migliorare la regolazione degli attacchi d’ira, comunemente conosciuti come programmi di gestione della rabbia e sono stati sviluppati per trattare un ampio range di problemi di salute mentale e fisica.
Il razionale del trattamento è basato sulla ricerca che ha dimostrato un’associazione tra rabbia e per esempio, disturbi cardio-vascolari, disturbi di personalità, abuso di sostanze e disturbi organici cerebrali.
L’ira è inoltre identificata comunemente come il più significativo antecedente dell’aggressività e dell’attacco. In tal modo una delle principali ragioni per trattare gli attacchi di rabbia è ridurre il rischio di incorrere in comportamenti violenti o aggressivi.
L’efficacia dei trattamenti
Una serie di meta-analisi sull’efficacia dei trattamenti di gestione della rabbia (DiGiuseppe & Tafrate,2003) hanno dimostrato risultati sufficientemente positivi tali da produrre cambiamenti clinici affidabili.
Nonostante questo ci sono gruppi di pazienti con problemi di rabbia che sembrano essere piuttosto difficili da trattare. Ad esempio, ci sono limitate evidenze che supportano trattamenti di gestione della rabbia per chi compie reati violenti, forse perché in questo caso possano esserci problemi associati quali abuso di sostanze, disturbi di personalità, difficoltà familiari o disturbi psicopatologici che interferiscono con i progressi nel trattamento.
Un recente articolo ha analizzato le modalità attraverso le quali il trauma psicologico influenza la frequenza degli attacchi di rabbia, il trattamento corrispondente e le strategie implementate soprattutto in chi esperisce un tipo di rabbia problematica connessa a storie traumatiche.
Vi sono evidenze che mostrano un’associazione tra i sintomi del trauma e la rabbia dis-regolata, ma non esistono trattamenti di gestione della rabbia direttamente indirizzati alle esperienze traumatiche.
La terapia cognitivo comportamentale per la rabbia
I metodi cognitivi-comportamentali per la gestione degli attacchi di rabbia includono moduli di trattamento o sessioni. Prevedono la ricerca e l’identificazione della natura del problema, degli eventi trigger e dei fattori stressanti contestuali, nonché il cambiamento degli schemi disfunzionali e delle inferenze causali cognitive.
L’intervento può prevedere poi un incremento delle abilità (skills) come il miglioramento delle risposte di coping, il controllo dell’attivazione fisiologica, la prevenzione dell’escalation dell’attacco di rabbia e il rinforzo dell’impegno al cambiamento.
Interventi più recenti considerano invece i deficit relativi al processamento dell’informazione sociale come un importante elemento sul quale dirigere il trattamento degli scatti d’ira, in particolare in relazione all’abilità dell’aggressore di assumere la prospettiva della vittima.
Questo include ad esempio l’esaminare il modo in cui la persona risponde alle provocazioni percepite, sia al momento dell’evento (giudizi su chi era responsabile o colpevole), sia successivamente (ad es. ruminazioni sulle vertenze legali che intensificano l’esperienza emotiva).
Un importante parte di intervento riguarda gli eventi che fanno da fattori scatenanti degli attacchi di rabbia, i quali potrebbero essere interpretati erroneamente come minacciosi e malevoli, ed in tal senso le manifestazioni di rabbia dis-regolata potrebbero essere controproducenti.
Trauma e scatti di rabbia
Il concetto di trauma può essere descritto come uno shock emotivo che risulta da particolari eventi i quali portano chi è traumatizzato a sentirsi anestetizzato, spaventato, vulnerabile e isolato.
Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è una diagnosi psichiatrica che comporta disagio psicologico, scatenato dall’esposizione all’evento traumatico, nel quale l’individuo percepisce una minaccia per la propria o altrui sicurezza o integrità fisica e nella quale esperisce paura, impotenza o terrore (APA, 1994).
Il disturbo è caratterizzato da ricordi intrusivi circa l’esperienza traumatica, sotto forma di “flashbacks” o incubi, evitamento degli stimoli che innescano tali memorie, anestesia emotiva e sintomi di iper-arousal come impulsività, insonnia, irritabilità e attacchi di rabbia.
Sebbene la ricerca abbia storicamente identificato la paura come emozione che caratterizza il disturbo, una significativa attenzione è stata data in anni recenti alla rabbia come emozione chiave associata all’iper-attivazione.
PTSD e rabbia
La rabbia è stata mostrata fortemente associata con la gravità del PTSD. Infatti, una meta-analisi di 39 studi su adulti esposti al trauma condotto da Orth e Weiland (2006) ha concluso che la rabbia e l’ostilità erano associate con PTSD.
Questa analisi ha anche riportato che, in media, la forza dell’associazione tra attacchi di rabbia e PTSD incrementa soprattutto nei primi mesi dopo l’esposizione all’evento traumatico, prima di ridursi lentamente nel tempo.
Un gruppo di persone per le quali la dis-regolazione della rabbia sembra essere particolarmente problematica sono quelle che hanno sperimentato ciò che viene definito “PTSD complesso”, o disturbi da stress estremo non altrimenti specificato (APA, 1994).
Il termine PTSD complesso è usato comunemente per chi ha subìto un’esposizione precoce, protratta e ripetuta al trauma, caratterizzata ad esempio da esperienze come torture, abuso sessuale, violenza domestica, esposizione cronica a scontri e conflitti e grave deprivazione sociale.
Un numero di studi ha dimostrato che i tassi di aggressione e violenza sono elevati in coloro che hanno sperimentato PTSD e riportano una storia di abuso sessuale infantile, portando Dyer e collaboratori (2009) ad osservare che uno dei più “clinicamente urgenti” aspetti del PTSD complesso è la rabbia problematica e gli alti livelli di aggressività e autolesionismo ad essa associati.
Il rapporto tra trauma e rabbia
Esistono numerosi studi che cercano di spiegare l’associazione tra esperienza traumatica e attacchi di rabbia. Per alcuni autori esisterebbe una teoria della regolazione della rabbia per la quale, durante l’esposizione allo stress, la rabbia attiverebbe comportamenti di attacco o di sopravvivenza, soppressione di sentimenti di impotenza e probabilmente permetterebbe all’individuo di guadagnare un senso di controllo sulla situazione.
Gli individui traumatizzati potrebbero sviluppare una propensione a percepire le situazioni come minacciose e la percezione di minaccia attiverebbe una modalità di sopravvivenza predisposta biologicamente che include reazioni di paura e fuga o attacchi di rabbia e aggressione. Essi sarebbero poi più o meno capaci di regolare le crisi di rabbia ed è conseguentemente più probabile che esperiscano questa forma di rabbia problematica e che agiscano aggressivamente.
Altri studiosi suggeriscono che la paura sia essenzialmente un’emozione prospettica, che cresce durante l’evento e si attiva rispetto al potenziale danno futuro, mentre altre emozioni come la rabbia e la colpa possono essere considerate emozioni retrospettive, che crescono ampiamente dopo le valutazioni post-trauma dell’evento e delle sue conseguenze.
Tale ipotesi è supportata dagli studi che mostrano come gli scatti d’ira incrementino gradualmente dopo l’evento traumatico, mentre la paura tenda a decrescere.
In letteratura vi sono alcuni autori che si basano sulle teorie basate sull’appraisal per comprendere come la valutazione del significato dell’esperienza determini l’emozione conseguente. Il tema relazionale nucleare della rabbia principalmente analizzato sarebbe “la colpevolizzazione o il biasimo altrui”.
Applicando questa ipotesi all’esperienza del trauma è stato suggerito che la rabbia problematica si presenti più probabilmente quando un’altra persona è ritenuta responsabile per l’evento traumatico.
Il lavoro sull’auto-biasimo
Tuttavia, la ricerca suggerisce che i programmi di gestione della rabbia dovrebbero considerare anche le valutazioni di “auto-biasimo o auto-colpevolizzazione” come particolarmente rilevanti per coloro che presentano sintomi di disturbo post-traumatico.
Infine per molti di coloro che sono stati traumatizzati, è possibile che le esplosioni rabbiose e gli attacchi di rabbia siano associate in realtà ad un controllo eccessivo patologico (inibizione dell’espressione) della rabbia e, come tale, il trattamento dovrebbe occuparsi dell’accumulo di frustrazione e percezione di ingiustizia (correlata sia all’evento traumatico che alle “seccature” quotidiane) in modo tale da sviluppare opportune abilità espressive emotive.
La percezione di sé
Dyer e collaboratori (2009) identificarono negli studi sul trauma complesso che “le alterazioni nella percezione del sé” costituirebbero un correlato significativo della rabbia, dell’aggressività, dell’evitamento e dell’iper-arousal.
Il termine “alterazioni nella percezione del sé” è usato per riferirsi a sentimenti di vergogna, inefficacia, colpa, responsabilità, isolamento e senso di essere permanentemente danneggiati, portando Dyer e colleghi a concludere che la “vergogna post-traumatica” potrebbe giocare un ruolo significativo sia nelle esplosioni di rabbia che nell’aggressività negli individui traumatizzati.
Così, più aumentano le valutazioni negative globali del sé seguenti al trauma, più ciò contribuisce alla dis-regolazione della rabbia. Ciò offre una spiegazione evolutiva di come eventi storici (come l’abuso o l’abbandono) possano, almeno per alcune persone, portare allo sviluppo di tratti di personalità stabili così come alti livelli di espressività della rabbia o una soglia ridotta per l’espressione della stessa.
La rabbia problematica (alti livelli di rabbia di tratto, espressione della rabbia, e bassi livelli di controllo della rabbia) è stata associata ad effetti del trauma a lungo termine, piuttosto che acuti, che si rispecchiano in difficoltà talvolta connesse ad un inadeguato senso del sé e di identità personale (Day et al., 2008).
- American Psychiatric Association (1994). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders 4th ed. [DSM-IV]. Washington: APA.
- Day, A., Howells, K., Mohr, P., Schall, E., and Gerace, A. (2008). The development of CBT programmes for anger: The role of interventions to promote perspective-taking skills. Behavioural and Cognitive Psychotherapy, 36, 299-312. Deffenbacher
- DiGiuseppe, R., and Iafrate, R. (2003). Anger treatment for adults: a meta-analytic review. Clinical Psychology: Science and Practice, I 0, 70-84
- Dyer, K. F. W., Dorahy, M., Hamilton, G., Corry, M., Shannon, M., MacSherry, A., McRobert, G., Elder, R., and McElhill, B. (2009). Anger, aggression, and self-harm in PTSD and Complex PTSD. Journal a/Clinical Psychology, 65, 1099-1114.
- Orth, U., and Wieland, E (2006). Anger, hostility, and Posttraumatic Stress Disorder in trauma-exposed adults: A meta-analysis. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 74, 698-706.