Il suicidio rientra nell’elenco delle prime dieci cause di morte collocandosi, se si prende in considerazione la fascia di età compresa tra i 15 e i 35 anni, tra le prime tre cause di morte nei giovani.
La patologia psichiatrica è una condizione necessaria ma non sufficiente per il suicidio, anche se frequentemente ritroviamo disturbi inerenti a quattro classi: disturbi dell’umore, disturbi correlati a sostanze, disturbi della condotta e disturbi di personalità (in particolare il disturbo borderline di personalità).
Secondo una teoria interpersonale, sono tre le variabili psicologiche che spingono al suicidio:
- La percezione di non appartenenza senza speranza di cambiamento
- La convinzione di essere un peso per gli altri
- Un ridotto timore della sofferenza fisica e della morte
Lo psicoterapeuta potrebbe quindi intervenire sulle prime due credenze. Oltre a ciò, è bene ricordare l’importanza dell’ambiente sociale nel determinare il suicidio di un soggetto e quindi, una volta compiuto l’assessment del rischio suicidario, si possono pensare parallelamente degli interventi terapeutici appropriati, mirati sull’ambiente.
Quando parliamo di ambiente possiamo perciò prendere in considerazione diversi ambiti che possono influenzare il comportamento suicidario e tra questi i mass media possono avere un impatto significativo sul fenomeno.
In un recente articolo pubblicato sulla rivista “Jama Internal Medicine” alcuni autori hanno analizzato le variazioni delle ricerche della parola “suicidio” sul Web, che sono avvenute a seguito della messa in onda della serie TV “13 Reasons Why”. Infatti, il programma in questione, tratta diversi temi strettamente legati al periodo adolescenziale: stupro, bullismo, abuso di alcol e appunto suicidio.
La trama si svolge intorno alla protagonista Hannah Baker, che dopo essersi tolta la vita, fa recapitare delle audio cassette a coloro che sono stati parte in causa della sua morte. In particolare, ha creato molto scalpore la scena della durata di 3 minuti, in cui la ragazza si taglia le vene in una vasca da bagno, che è stata interamente messa in onda.
Gli autori della ricerca hanno rilevato che a seguito della trasmissione di questa serie TV vi è stato un incremento su Internet delle ricerche per le parole “suicidio”, “commettere suicidio” e “come uccidere se stessi”. Inoltre anche due help line americane hanno avuto un aumento nella frequenza di contatti.
Considerando che, come già abbiamo descritto in un altro articolo del nostro blog “Binge-watching: la dipendenza da serie TV”, la strutturazione delle serie TV in episodi e stagioni con le peculiari caratteristiche della loro trama, creano, già di per sé, un impatto nella mente in evoluzione degli adolescenti, forse è importante valutare bene il fenomeno, portando la nostra attenzione all’influenza che i mass media possono avere su personalità già vulnerabili nell’incoraggiare al suicidio.
L’EMULAZIONE AL SUICIDIO NELLA STORIA
La storia ci insegna che l’emulazione del suicidio e il ruolo dei media in questo fenomeno è presente da secoli: infatti già nel 1774, a seguito della pubblicazione del romanzo epistolare “I dolori del giovane Werther” di Johann Wolfgang Goethe, vi fu un aumento nel numero di suicidi in numerosi paesi europei.
Da qui il nome “effetto Werther” per indicare i casi di imitazione al suicidio a seguito della pubblicizzazione dello stesso attraverso libri, giornali, televisione e Web. Lo stesso esito si verificò anche a seguito dell’uscita del romanzo “le ultime lettere di Jacopo Ortis” scritto da Ugo Foscolo e pubblicato nel 1802.
L’interesse per il fenomeno è stato avviato negli Stati Uniti, attraverso studi sistematici intrapresi da diversi sociologi e psicologi che rilevarono la variazione delle percentuale di suicidi a seguito della loro pubblicizzazione sui mass media. Effettivamente vi furono dati consistenti che portarono a sottolineare questa correlazione: ad esempio, vi fu un aumento del 40% nel tasso di suicidi nella città di Los Angeles, a seguito della morte di Marilyn Monroe, evento ampiamente trattato dai giornali e telegiornali dell’epoca.
Inoltre, fu rilevato una riduzione del numero dei suicidi, rispetto ai 5 anni precedenti, a seguito di un lungo sciopero (durato 9 mesi tra il 1967 e il 1968) dei giornali di Detroit. Mentre tra il 1948 e il 1967 ben 34 suicidi vennero trattati in prima pagina dai giornali statunitensi, e per 26 di questi casi il numero di suicidi nel mese successivo fu significativamente più alto.
Rispetto all’influenza delle serie TV nell’aumento dei tassi di suicidio, già negli anni 80 si verificò un caso degno di discussione pubblica a seguito della messa in onda della mini serie prodotta nella Germania dell’ovest “Death of a student”, in cui un adolescente, commetteva suicidio gettandosi sotto un treno.
Gli autori che studiarono il fenomeno ritrovarono un aumento del numero di suicidi nei 70 giorni successivi la messa in onda del programma e la maggior parte di queste persone erano giovani adolescenti che si erano tolti la vita buttandosi sotto un treno.
Anche Internet, come recentemente abbiamo avuto modo di approfondire nel nostro blog per il fenomeno “Blue Whale Challenge”, ha svolto e svolge un ruolo importante nel fenomeno dell’imitazione al suicidio. In Russia più di 150 adolescenti sono morti trovando in questo terribile “gioco” una via di fuga dal loro dolore.
Questi e moltissimi altri dati suggeriscono ipotesi che necessitano comunque di ulteriori studi:
- In generale, la pubblicizzazione del suicidio sembrerebbe aumentare il rischio di tentati suicidi e di suicidi.
- Le modalità con le quali viene commesso un suicidio, se pubblicizzate, tendono ad essere ripetute dalla popolazione con maggiore frequenza.
- L’identificazione sembra giocare un ruolo importante nell’imitazione al suicidio, ancora di più se avviene per star della TV o del cinema.
- L’influenza dei mass media nel commettere suicidio è legata a una serie di altri fattori (sociali, familiari, psicologici), ma potrebbe comunque avere un impatto in soggetti già a rischio.
RICHIAMO ALLA RESPONSABILITA’ SOCIALE E PREVENZIONE
Nelle discussioni dell’articolo sopra citato, Ayers e colleghi concludono che “13 Reasons why” ha aumentato la consapevolezza rispetto al tema del suicidio, ma anche (in modo non intenzionale) l’ideazione suicidaria. Gli autori perciò definiscono deleteri gli effetti di simili serie TV e suggeriscono che gli effetti potrebbero essere ridotti seguendo le linee guida per i media dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quali ad esempio la rimozione delle scene che mostrano direttamente il suicidio o l’indicare il numero per le help line alla fine di ogni episodio. Queste indicazioni potrebbero essere inserite retroattivamente in ogni episodio, utilizzate per la pianificazione della seconda stagione e applicate agli altri programmi.
Quindi gli autori dell’articolo e del relativo editoriale, mettono in guardia dal mostrare contenuti come il suicidio della star delle serie TV, in quanto le prove suggeriscono che descrizioni dettagliate su come o dove una persona muore togliendosi la vita, può essere un fattore di rischio nelle persone già vulnerabili. L’appello ai produttori e registi è alla responsabilità etica e sociale di aderire alle linee guida e fornire ai giovani e agli adulti risorse necessarie per elaborare il carico emotivo di questi contenuti.
Un setting di cure preventive quali, screening, prevenzione e intervento precoce per il rischio di suicidio, potrebbe essere la cornice all’interno della quale gestire il problema. Dottori, genitori, familiari, amici e personale scolastico sono in dovere di prestare attenzione ai problemi dei giovani (come ad esempio cambiamenti nel comportamento, peggioramento nel rendimento scolastico, evitamento sociale) mostrando interesse e preoccupazione per le sfide adolescenziali e cercando un aiuto professionale quando ne hanno bisogno.
BIBLIOGRAFIA
- Phillips, D. (1974). Am social review, 39, 340-54.
- Stack, S. (2005). Suicide in the media: a quantitative review of studies based on non-fictional stories”. Suicide Life Threat Behav, 35, 121–33.
- Ayers, J. W.,. Althouse, B. M,. Leas, E. C., Dredze, M., Allem, J.P. (2017). Internet Searches for Suicide Following the Release of 13 Reasons Why, JAMA Internal Medicine, July 31.
- McManama, K.H., O’Brien,. Knight, J. R, Harris, S. K. (2017). Call for Social Responsibility and Suicide Risk Screening, Prevention, and Early Intervention Following the Release of the Netflix Series 13 Reasons Why, JAMA Internal Medicine, July 31.