Esiste un assunto di base in psicologia clinica e in psichiatria: la qualità delle interazioni con le figure di attaccamento ha un impatto significativo sul futuro sviluppo normale e patologico (Bowlby, 1988).
La teoria dell’attaccamento, che nasce dalle opere di Bowlby, ha ricevuto un’attenzione sempre maggiore da parte dei ricercatori che cercano di comprendere il rapporto tra attaccamento e disturbi alimentari.
Dall’analisi di alcuni studi sull’argomento, emerge che le tipologie di attaccamento insicuro sono molto comuni tra le donne che hanno disturbi del comportamento alimentare, ma non vengono fornite ipotesi specifiche sui meccanismi alla base di tale associazione.
Alcuni autori pensano ai sintomi dei disturbi alimentari come un’espressione diretta di processi psicologici ed emotivi di specifici pattern di attaccamento. Ad esempio, la restrizione dietetica tipica dell’anoressia nervosa, viene letta come l’espressione di un distanziamento dal sé, caratteristica centrale dei pattern di attaccamento evitante. Al contrario, il comportamento tipico della bulimia nervosa viene considerato un’espressione della scarsa regolazione emotiva tipica dell’attaccamento ansioso.
Secondo altri autori (Orzolek-Kronner,2002) i disturbi alimentari hanno la funzione di ricercare la sensazione di prossimità fisica ed emotiva con il caregiver. La ricerca della prossimità è stata inizialmente descritta da Bowlby come la natura primaria dell’attaccamento.
Secondo l’ipotesi di Ward, et al., (2001) invece, esiste una trasmissione trans-generazionale dei pattern di attaccamento: l’attaccamento insicuro delle figlie con anoressia nervosa è spiegato dai modelli di attaccamento delle madri.
Ringer e Crittenden (2007) che utilizzano una prospettiva incentrata sui sistemi familiari, suggeriscono che i conflitti familiari nascosti o storie di traumi dei genitori, possono causare lo sviluppo di modelli di attaccamento insicuro e disturbi alimentari.
Attualmente non esiste un forte supporto scientifico per nessuna delle ipotesi sopra elencate, ma è possibile affermare che modelli di attaccamento insicuro siano un fattore di rischio aspecifico per i disturbi alimentari. Da non sottovalutare è anche la questione etica derivante dal collegamento tra attaccamento e psicopatologia: il rischio è quello di indurre colpe e accusare i genitori di essere responsabili dello sviluppo della psicopatologia del proprio o della propria figlia.
In un recente studio, Tasca (2009) ipotizza che l’influenza dell’attaccamento sui disturbi alimentari sia indiretta, operando cioè attraverso variabili terze.
Le interazioni ripetute con un caregiver nell’infanzia, vengono codificate dal sistema di memoria implicita e costituiscono delle unità mnestiche. A partire da queste si formano i modelli operativi interni cioè delle rappresentazioni mentali di sé, degli altri e delle relazioni con sé e gli altri. I modelli operativi interni oltre a influenzano il modo in cui percepiamo e prevediamo certi avvenimenti, influenzano anche le capacità di regolazione affettiva.
La regolazione affettiva e il funzionamento riflessivo, rappresentano delle funzioni che possono influenzare in modo particolare la psicopatologia del disturbo alimentare.
Bateman e Fonagy (2012) sostengono che attaccamenti di tipo non sicuro possono interrompere o limitare la capacità di mentalizzare che a sua volta pregiudica la regolazione affettiva. Comportamenti come abbuffate o forti restrizioni alimentari, possono essere collegati rispettivamente ad uno scarso o eccessivo controllo legato alla regolazione emotiva.
Sempre più ricerche stanno studiando il ruolo del funzionamento riflessivo nei disturbi alimentari. In una rassegna di tre studi empirici, Kuipers e Bekkel (2012) è emerso che il funzionamento riflessivo era significativamente più basso in un campione di persone con disturbi alimentari con prevalenza di anoressia nervosa.
In conclusione, sono ancora pochi gli studi che hanno valutato i possibili meccanismi attraverso i quali un attaccamento insicuro può influenzare la psicopatologia del disturbo alimentare. Tuttavia, valutare e comprendere la qualità dell’attaccamento nei pazienti con disturbi alimentari, può essere utile a livello clinico in quanto fornisce importanti indicazioni per personalizzare la terapia e ottimizzare così i risultati. Pazienti con attaccamento evitante o ansioso hanno infatti, approcci diversi di regolazione affettiva e differenti stili interpersonali che possono influenzare l’andamento e la prosecuzione della terapia stessa.