La scelta di un percorso formativo per diventare psicoterapeuti è complessa e comprende svariate considerazioni: c’è chi ha le idee chiare fin dal conseguimento della laurea e chi vi giunge dopo il tirocinio post – lauream o dopo esperienze lavorative che fanno emergere questa esigenza.
Nel mio caso mi sono resa conto di aver preso definitivamente questa decisione durante il tirocinio post – lauream, dove osservando colloqui clinici ho sentito la necessità di approfondire e avere una cornice per quello che vedevo.
La scelta dell’approccio è avvenuta dopo aver avuto modo di confrontarmi con professionisti di altri orientamenti durante le esperienze successive alla laurea, sentendo quello cognitivo comportamentale come “mio”.
Quando si arriva a questo punto si apre di fronte al giovane professionista una rosa di possibilità, in termini di città e di differenti offerte formative.
La scelta di IPSICO, che svolgeva i colloqui di selezione per il suo primo anno, non è stata presa sulla base dei resoconti e delle esperienze di precedenti studenti, ma è stata fatta sulla base della descrizione del programma. È stata una fiducia “sulla carta” in base ai nomi dei docenti e alla descrizione del percorso, che fin da subito facevano supporre un ampio respiro contrapposto alla “rigidità” solitamente attribuita all’orientamento cognitivo -comportamentale.
Lo svolgimento di questi quattro anni di scuola di specializzazione mi porta a dire che così è stato, perché è sempre stata prestata attenzione alla complessità di ogni caso clinico preso in esame.
In tutti gli step previsti, dalla concettualizzazione del caso, alle diagnosi cliniche così dette di Asse I fino ad arrivare ai disturbi di personalità, a noi studenti è stato dato modo di partecipare ai workshop e ai seminari più importanti: Wells e la Terapia Metacognitiva (MCT), Dialectical Behavior Therapy (DBT), Mindfulness, Schema Therapy ed EMDR solo per citarne alcuni. Si tratta di esperienze formative che altrimenti noi studenti avremmo dovuto fare ritagliandoci degli spazi tra i week end di lezione o solo una volta ultimata la scuola. Tutto questo è andato ad arricchire la nostra “cassetta degli attrezzi” alla quale poter fare riferimento in modo flessibile per ogni singolo paziente.
Oltre alla completa base formativa, una cosa che mi ha colpita fin dal primo anno, è stato l’incoraggiamento a mettere in pratica via via i concetti appresi, spronandoci a fare quel passo in più che dalla teoria porta a toccare con mano il lavoro verso il quale si stanno dirigendo i nostri sforzi.
Dopo simulate e lavori a piccoli gruppi nei quali abbiamo avuto modo di sperimentarci l’un l’altro in colloqui ed aree specifiche di approfondimento, siamo giunti alle supervisioni in aula con i docenti della scuola, dove fin da subito è stata stimolata la partecipazione di tutto il gruppo classe. Il confronto tra le prime e le ultime schede di supervisione mostra chiaramente la complessità crescente con la quale abbiamo iniziato ad approcciarci al paziente, con considerazioni e interrogativi fondamentali ed imprescindibili nel processo psicoterapeutico.
In linea con la spinta a farci diventare parte attiva del percorso, insieme ai professionisti dell’istituto ci è inoltre stata data la possibilità di prendere parte al trattamento intensivo del disturbo ossessivo – compulsivo, avendo così modo di tradurre in pratica le conoscenze apprese in un clima di scambio e confronto continuo.
In tutto questo il gruppo classe è stato oggetto di attenzione e di ascolto, e questo è emerso sia dalla considerazione delle schede di autovalutazione da noi compilate a seguito di ogni lezione, che dal gruppo di formazione personale presente durante tutti i quattro anni di formazione, uno spazio di riflessione appositamente dedicato nel quale abbiamo potuto affrontare in piccoli gruppi l’andamento del percorso e il nostro modo di viverlo.
Quello che rimane una volta ultimata questa esperienza formativa è il desiderio di continuare ad approfondire e studiare, sapendo di avere una solida base dalla quale partire per costruire il proprio futuro professionale.
Valentina Di Chiara
Ricordo bene la prima sensazione quando, appena finita l’esperienza magistrale, iniziò l’accurata scelta della Scuola di Specializzazione. In realtà sapevo bene cosa cercare. Una scuola cognitiva-comportamentale, ma completa e all’avanguardia, in linea con i più recenti sviluppi. Cercavo una scuola che desse la possibilità di avere una formazione su argomenti e aree specifiche.
La parola cognitivo-comportamentale era come un faro illuminante e rassicurante in un panorama incerto che rischiava di finire nell’eterna disputa sulla funzione della psicologia tra arte e scienza. Invece quello che cercavo, era proprio qualcosa che fosse scientificamente fondato e orientato allo scopo, che privilegiasse la collaborazione tra paziente e terapeuta e ove possibile una durata più definita nel tempo e che mirasse all’autonomia e indipendenza del paziente nel suo percorso terapeutico personale. Tuttavia, ho poi imparato ad apprezzare la “disponibilità” e apertura con cui guardare il trattamento e la ricerca su di esso.
Mi ricordo che frequentai vari open day e partecipai anche ad alcune lezioni. Sicuramente interessanti e stimolanti, ma non era facile scegliere tra le varie valide proposte.
Poi scoprii per caso, che una nuova scuola avrebbe aperto a breve. Le premesse sembravano buone e quando finalmente la notizia fu ufficiale e fu condiviso il programma che avrebbe proposto la scuola di specializzazione IPSICO, ne fui subito entusiasta. Ciò che mi colpì di più era appunto l’oculatezza con cui venivano trattati certi temi, meno curati da altre scuole e come si amalgamava “la base sicura” della cara vecchia CBT con gli sviluppi scientifici più recenti. Apprezzai in questo prima esplorazione, l’integrazione tra passato e futuro e l’approfondimento di psicopatologie in aree specifiche come ad esempio in età evolutiva, oltre che nell’adulto.
Poi, fresca di tesi sullo spettro ossessivo compulsivo, confesso che l’attenzione per questo disturbo che veniva data nell’istituto IPSICO mi colpì molto e determinò la mia scelta in modo preponderante. Un salto nel vuoto certo, perché quella sarebbe stata una prima esperienza per tutti, studenti e consiglio direttivo della scuola compreso. Le sfide mi sono sempre piaciute. Valeva la pena tentare ed i presupposti erano dei migliori.
Fin dal primo anno ho avuto modo di avere una visione globale di quello che accade in un setting terapeutico dal primo colloquio alla formulazione del caso. Non sono mancati i collegamenti alla pratica clinica e ai casi specifici e le simulate in cui vengono riproposti esempi di colloquio. Certo non è stato sempre facile esporsi alla minaccia “role playing” terapeuta-paziente, nel quale, per la prima volta in un contesto del genere ci cimentavamo in questo ruolo in un ambiente tuttavia formativo. Alla fine è stato utile mettersi alla prova, guidati dal docente della lezione in corso, o dal supervisore. Inizialmente, bramosi di tecniche e di pratica clinica, guardavamo un po’ con insofferenza le lezioni più basiche e teoriche che ricordavano la Magistrale, ma è stata comunque necessaria per impostare il complesso lavoro del terapeuta e probabilmente “la fame” di sperimentare la pratica è stata dettata dall’impazienza del giovane psicologo che non vede l’ora di mettersi all’opera e di sentirsi competente.
Già dal primo anno abbiamo avuto modo di sperimentare una serie test utili per l’inquadramento del caso e l’assessment in psicoterapia cognitivo-comportamentale. Inoltre abbiamo potuto esercitarci in alcune tecniche di terapia cognitiva. Nel corso del percorso è stato invece possibile approfondire i processi terapeutici e i protocolli principali sulla più vasta psicopatologia, grazie anche alla presenza di seminari e workshop con professionisti anche del panorama internazionale, come Roz Shafran, o Adrian Wells.
Ho apprezzato la possibilità di partecipare ad un percorso di formazione personale in cui lavorando in piccoli gruppi è stato possibile avviare un progetto di crescita individuale, relazionale e come terapeuti. Inizialmente è stato faticoso metterci in gioco, sperimentarci in un contesto di gruppo in cui si mette a nudo le proprie fragilità, ma anche risorse e si condivide un’esperienza profonda di conoscenza e consapevolezza. Alla fine è così risultato, un arricchimento indispensabile e formativo.
La supervisione invece è stata inserita all’interno del programma di lavoro fin dal primo anno e intensificata nell’ultimo, per seguirci maggiormente nella gestione dei casi e nel periodo di avvicinamento alla fine del percorso.
Infine, l’impostazione di questa scuola, orientata al cambiamento ed è in linea con la ricerca e con i nuovi sviluppi della terapia cognitivo-comportamentale mi ha permesso di mantenere vivo l’interesse per gli sviluppi terapeutici più all’avanguardia, imparando tuttavia a scegliere criticamente ciò che si avvicina di più alle mie competenze e alla mia predisposizione personale. Un workshop come quello ad esempio dell’EMDR, mi ha permesso di trovare un terreno fertile di approfondimento e una volta terminata la scuola, mi ha dato la possibilità di proseguire tale arricchimento cimentandomi anche nel secondo livello e completando la formazione.
Ho trovato inoltre compagni di percorso in gamba, con i quali ho trascorso 4 anni intensi di scuola, ma anche piacevoli momenti di condivisione e di supporto, anche al di fuori del contesto didattico. A loro auguro di portare avanti il loro percorso professionale e di vita con consapevolezza e dedizione.
Adesso, porto con me un’esperienza che ancora continua a far maturare i suoi frutti, che mi permette di mantenere la passione per la ricerca scientifica e per l’aggiornamento continuo rispetto alla terapia. E nella pratica clinica continuo a mantenere da una parte uno sguardo al rigore, ma dall’altra quella flessibilità ed apertura che ti permette di apprezzare e non perdere di vista la peculiarità ed unicità della persona che hai davanti.
Simona Gelli
Grazie davvero, di cuore!
Cercate di non cambiare troppo, perché IPSICO è veramente una scuola con gli attributi giusti!
Riuscite a dare il giusto inquadramento teorico, restando però flessibili tra varie teorie di riferimento e permettendo a noi studenti di scegliere la cornice che ci è più funzionale con ogni paziente.
Le lezioni sono ben organizzate e si vede che avete scelto con cura i professori, perché i vari metodi di insegnamento sono efficaci. Inoltre, nella vostra (posso dire, con orgoglio, “nostra”?) scuola, non manca l’attenzione alla parte relazionale. Quindi teoria, pratica, contenuti, relazioni, ottima organizzazione… Grazie davvero per l’impegno che ci avete messo, perché se sto riuscendo e riuscirò a fare qualcosa di buono in questo splendido lavoro, molto lo devo a voi di IPSICO!
Come ho già fatto, continuerò a consigliare IPSICO ai colleghi psicologi.
Con immensa riconoscenza.
Matteo Pardini