Il Disturbo da Escoriazione Compulsiva (DEC), detto anche “Skin Picking” in inglese e “dermatillomania” in italiano, è una condizione clinica caratterizzata da un costante stuzzicamento della pelle che causa lesioni cutanee, e da ripetuti tentativi di frenare tale comportamento, secondo le linee APA (American Psychiatric Association) del 2013.
Sebbene questo disturbo sia apparso nella storia della psichiatria già alla fine del 1800, ha trovato una definizione precisa solo di recente, quando secondo il manuale DSM-5, sempre nel 2013, è stato incluso tra i Disturbi dello Spettro Ossessivo-Compulsivo.
Il DEC è un disturbo psicologico molto invalidante: chi ne soffre, infatti, tormenta la propria pelle in svariati modi: pizzicandosi, strofinandosi, graffiandosi, lacerandosi spesso nel tentativo di eliminare imperfezioni cutanee reali o piuttosto immaginarie presenti sulla sua pelle (es. nei, brufoli, punti neri, crosticine, ecc.), con la conseguenza di provocarsi ferite ed escoriazioni anche gravi, che possono portare ad infezioni e cicatrici.
I soggetti si grattano con le unghie, ma sono capaci di martoriarsi la pelle anche con pinzette, forbici, aghi, o addirittura con i denti. La parte colpita di norma è il viso, ma possono essere preda di attacchi anche braccia, petto, spalle, mani, labbra e cuoio cappelluto.
Il disagio può esordire ad ogni età, dalla preadolescenza alla vecchiaia, con una prevalenza per il sesso femminile.
La persona che ne soffre, impiega moltissime ore della sua giornata ad ispezionarsi la pelle, con o senza lo specchio, e tralascia ovviamente gli appuntamenti quotidiani come lo studio, il lavoro e i contatti sociali.
Questi individui cercano, poi, in tutti i modi di camuffare con trucchi e vestiti i segni lasciati dalle loro “torture”, in quanto il sentimento che li accompagna è sempre quello di vergogna, imbarazzo, senso di colpa; eviteranno, così, luoghi pubblici come piscine, spiagge, palestre dove dovrebbero per forza spogliarsi e rendere pubbliche le loro escoriazioni.
La differenza con quello che può esser considerato un comportamento comune è l’incapacità di controllare l’impulso di tormentarsi la pelle e di non riuscire a fermarsi.
Questa pratica, infatti, diventa patologica quando assume il carattere di una compulsione, cioè quando il soggetto non riesce ad esimersi dal mettere in atto il comportamento, quando è ripetuto nel tempo, con una intensità sempre maggiore e, dunque, inizia a causare alterazioni cutanee evidenti e/o permanenti. In questi casi la dermatillomania ha anche delle ovvie conseguenze sociali, relazionali, lavorative.
Solitamente questo disturbo viene messo in pratica dopo aver vissuto situazioni molto stressanti ed ansiogene: l’esordio più comune è in seguito ad eventi di vita stressanti, sia inattesi come lutti, licenziamenti, separazioni, o anche programmati, es. nascite, matrimonio, traslochi, ecc.
Le cause precise sono tutt’ora ignote, però sono state formulate molteplici ipotesi, avvalorate da prime conferme scientifiche, che vanno dai fattori genetici, ereditari fino a quelli neurologici ed alla rabbia inespressa.
Presenta caratteristiche simili al Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC), al Disturbo da Dismorfismo Corporeo ed alla Tricotillomania, spesso si riscontra proprio in comorbilità con questi disturbi. Alcune ricerche americane hanno cercato anche possibili correlazioni con le fluttuazioni del ciclo ormonale, ma con risultati controversi.
Le emozioni che precedono questo comportamento sono, di solito, ansia, noia, eccitazione, paura, e si nota come gli episodi siano caratterizzati da un aumento della tensione emotiva. Spesso tale comportamento viene messo in atto dal soggetto in uno stato simil-“trance” ed ha anche un effetto calmante.
Quindi, si possono ipotizzare due funzioni principali del DEC: la funzione di regolarizzazione delle emozioni (come altri comportamenti autolesionistici, fa svanire quelle negative) o come una sorta di “ricompensa”, in quanto rilassa ed è estraniante, similmente ad altri disturbi del deficit di controllo del comportamento, es: gioco d’azzardo, dipendenza da internet, binge eating, ecc.
La questione della predisposizione genetica è comunque controversa, alcuni studi hanno evidenziato la presenza di dermatillomania (tra il 19 e il 45%) tra parenti di primo grado di pazienti affetti dal disturbo, altri hanno trovato, come già accennato, comorbilità familiari con disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo.
Il trattamento d’elezione è la terapia cognitivo comportamentale. L’obiettivo primario è la modificazione del comportamento, per interrompere quanto prima le lesioni cutanee.
Il pizzicarsi la pelle viene considerata una risposta appresa, condizionata da una specifica situazione. La persona è quasi sempre inconsapevole della causa scatenante e non si accorge che alcuni eventi provocano questo impulso. Il programma consiste, proprio, nel renderla consapevole di queste situazioni di disagio che scatenano la risposta e, quindi, imparare a mettere in atto comportamenti alternativi ed a fronteggiare le emozioni. Vengono insegnate abilità di autocontrollo e gestione dello stress, insieme ad una adeguata ristrutturazione cognitiva dei pensieri negativi.
Il modello per spiegare come funziona e si mantiene il disturbo, prende in considerazione alcuni elementi, come:
– gli stimoli condizionati, sia interni che esterni al soggetto, i quali hanno la capacità di attivare la messa in atto del comportamento; variano da individuo ad individuo: esempio particolari stati emotivi (ansia, rabbia, tensione, noia, solitudine, ecc.), pensieri/credenze negative (“devo aver la pelle perfetta”, “se ho i brufoli tutti mi prenderanno in giro”, ecc.), trovarsi in ambienti/contesti particolari (camera da letto, bagno, di fronte allo specchio, ecc.), svolgere certe attività sedentarie (leggere, studiare, telefonare, ecc.), particolari momenti della giornata, trovarsi da soli in casa, aver sottomano certi strumenti (pinzette, forbicine, ecc.), stimoli visivi e/o tattili (brufoli, lentiggini, crosticine, rilievi della pelle, ecc.);
– i comportamenti preparatori, in quanto molti soggetti sviluppano una particolare routine per svolgere questa attività (possono riguardare il recarsi in un posto privato, preparare gli strumenti, scegliere una particolare zona del corpo da pizzicare, cercare visivamente o in maniera tattile i propri obiettivi di picking, ecc.);
– i comportamenti veri e propri di DEC, possono variare a seconda di cosa concretamente si fa sull’obiettivo (picchiettare, grattare, spremere, scavare, ecc. ), a quale risultato si tenta di pervenire (togliere una crosta, eliminare il pus, far emergere un punto nero, ecc.), la durata complessiva dell’episodio (da pochi secondi a molte ore). Ciò che si fa di cuticole, crosticine, lembi di pelle ecc. è molto complesso e particolare, anche a seconda della gravità del disturbo (se, magari, è in comorbilità con altre patologie psichiatriche): alcuni pazienti le buttano semplicemente via, altri le osservano, le studiano, le passano tra le dita e arrivano talvolta a conservarle ed a collezionarle;
– le conseguenze del comportamento (possono esser rinforzanti o avversive), l’immediata sensazione che si prova, spesso, è di piacere, quindi una conseguenza emotiva gradevole, come una vera gratificazione psichica, che agisce come rinforzo positivo sul disturbo e contribuisce al suo mantenimento, andando a sviluppare una vera e propria dipendenza. Altre volte, può aver un effetto distraente, che provoca sollievo dallo stress, dalla noia, da emozioni e pensieri indesiderate (es. “vado in trance e dimentico i miei problemi per un po’”). Alcuni soggetti lo spiegano come una sorta di “incantamento” mentale. In certi casi, è mosso dalla ricerca della perfezione (es. raggiungere la simmetria tra le sopracciglia oppure ottenere una pelle liscia, ecc. ), infatti una delle motivazioni che mantengono il DEC è proprio il perfezionismo: questi pazienti possono restare ore davanti allo specchio ad esaminare da vicino il loro volto alla ricerca di imperfezioni, nel tentativo di eliminarle e raggiungere la tanto agognata perfezione. Paradossalmente, dopo un “trattamento” di questo genere, si appare esteticamente ben peggiori di prima; tutto ciò intensifica emozioni negative come il senso di colpa, la vergogna o l’ansia, le quali possono, a loro volta, scatenare successivi episodi, creando un circolo vizioso.
La terapia cognitivo-comportamentale cerca proprio, in sostanza, di modificare pensieri, emozioni e comportamenti che precedono il “picking”, per andare ad agire, successivamente, anche sulle conseguenze che mantengono e perpetuano questo disturbo.
In particolare, l’Habit Reversal Training è molto utile nei casi di DEC. Si compone di 3 fasi: implementazione della consapevolezza, implementazione della risposta competitiva e supporto sociale.
La prima prevede che il paziente impari a monitorare e descrivere i comportamenti di skin picking, riconoscendo anche pensieri, emozioni e situazioni precedenti (es. i campanelli di allarme) e conseguenti. Spesso, infatti, l’azione avviene in maniera inconsapevole, senza la piena cognizione della catena di eventi che alla fine produce il danno.
La seconda fase consiste nell’imparare a mettere in atto un comportamento differente, che prevenga quello abituale e dannoso. Tale comportamento, detto “risposta competitiva”, viene emesso per un minuto, non appena egli si accorge che si sta tormentando la pelle o avverte il primo campanello d’allarme. Esempio comune è far piegare le braccia al paziente o fargli stendere le braccia lungo i fianchi, stringendo leggermente i pugni. Qualsiasi cosa si decida di fare, è importante che l’azione sia: fisicamente incompatibile col comportamento dannoso, praticabile in quasi tutte le situazioni, impercettibile agli altri ed accettabile per il soggetto.
La fase finale prevede l’ingaggio di una persona per il supporto sociale: può trattarsi di un amico, un famigliare, il partner, ecc. a cui viene chiesto di far notare al paziente il suo comportamento, con l’obiettivo di aiutarlo ad essere più consapevole e ricordargli gentilmente di mettere in pratica la risposta competitiva.