Secondo recenti sondaggi, in Italia la maggior parte dei ragazzi tra i 14 ed i 17 anni ritiene l’esser in sovrappeso come la causa più frequente di prese in giro ed umiliazioni, mentre un’indagine internazionale rivela che ben 6 ragazze su 10 evitano di andar dal medico e/o di far sport perché non vogliono mostrarsi né spogliarsi di fronte ad altre persone; solo il 3%, infatti, si ritiene di bell’aspetto e, come detto sopra, la preoccupazione più grande è il peso.
Ad angosciare le ragazzine è soprattutto la dimensione di alcune parti del corpo, ad es. il seno (se troppo grosso è ritenuto vistoso e volgare, se troppo piccolo è inadeguato e poco femminile); i complessi maschili, invece, riguardano principalmente la struttura fisica come altezza e presenza di muscoli, considerati attributi virili, mentre un fisico mingherlino o appesantito causa spesso complessi di inferiorità.
Gli adolescenti allo specchio si vedono brutti, grassi e pieni di difetti: da un lato vorrebbero esser accettati per come sono in quanto odiano le discriminazioni e non hanno pregiudizi nei confronti del diverso, dall’altro fanno di tutto per omologarsi ed uguagliare i loro coetanei o gli attuali modelli di riferimento, come attori, cantanti, personaggi tv dal fisico perfetto.
Un atteggiamento, questo, tipico della loro età e del difficile momento di vita e di sviluppo che stanno attraversando, caratterizzato da incertezza, paure, ribellione ed ambivalenza tra autonomia e sicurezza.
Fin dall’infanzia si tende a valutare la nostra immagine in base a due criteri, l’osservazione di sé ed i giudizi esterni; tutto ciò viene travisato nella pubertà, quando il confronto con i pari ed i commenti altrui assumono un ruolo predominante, arrivando ad offuscare e deformare la propria immagine reale, già di per sé difficile da definire a questa età in quanto il corpo è soggetto a cambiamenti continui.
La condizione di disagio psicologico che ne deriva può esser molto forte e ripercuotersi sulla vita quotidiana, sui rapporti sociali, sul rendimento scolastico e/o sportivo. Nella maggior parte dei casi, si tratta per fortuna di stati d’animo passeggeri, legati alla naturale fase evolutiva; a volte, però, possono sfociare in disturbi più profondi, come i disturbi del comportamento alimentare o la DISMORFOFOBIA, un disturbo diagnosticato di frequente intorno ai 30 anni ma che affonda le sue radici in adolescenza, anche se non sempre viene riconosciuto: si stima che in Italia ne soffra da uno a tre milioni di persone, sia uomini che donne (lo vedremo più avanti).
Le cause del problema del non piacersi possono esser svariate, le principali riguardano:
- scarsa autostima (nei ragazzini manca ancora la capacità di considerare con equilibrio i giudizi altrui senza farsi condizionare, non si conoscono i propri punti di forza/debolezza)
- desiderio di omologazione (si vuol esser simili al gruppo dei pari, chi non aderisce a certi standard estetici è tagliato fuori)
- confronto con i modelli proposti dai media (riviste, web e tv diffondono stereotipi fisici ben precisi ma effettivamente irraggiungibili, falsati o comunque molto distanti dal mondo reale, instillando la credenza per la quale solo i belli e magri possono aver successo nella vita o, magari, aver diritto ad esser amati)
- “social mania” (tutti gli adolescenti usano almeno uno o più social network, dove si espongono con i “selfie” e, a loro volta, guardano i coetanei; questo continuo confronto è una sorta di gara implicita ad esser i più ammirati).
Gli adolescenti afflitti da complessi rischiano di chiudersi in sé stessi, diventare scontrosi, irritabili, aggressivi e soffrire a livello più o meno serio di ansia e/o sintomi depressivi; possono dedicare molto tempo alla cura della propria immagine allo scopo di apparire “perfetti” (trucco, palestra, pettinatura, copiare il look delle star, ecc. in modo ossessivo) o, in certi casi, al contrario, quasi per compensare le loro debolezze assumono atteggiamenti arroganti e presuntuosi.
Per quanto riguarda i genitori (ma vale anche per altre figure di riferimento come insegnanti, allenatori, ecc.), possono esser utili dei suggerimenti su come comportarsi ed affrontare il disagio dei ragazzi: innanzitutto, è bene trasmettere il messaggio che nella vita si è amati ed apprezzati per come siamo “come persone” e non certo per il nostro aspetto esteriore, per questo è necessario dar il buon esempio, non riservando troppo valore alle apparenze; poi, è importante comunque non negare l’evidenza né banalizzare l’eventuale imperfezione fisica, ma spronarli a ridimensionare il problema ed aiutarli a trovare delle strategie per convivere meglio con i punti deboli, che abbiamo tutti (es. valorizzare i lati migliori ). Infine, bisognerebbe “allenarli” alle delusioni ed a considerare il concetto essenziale che non si può piacere a tutti!
Come accennato in precedenza, generalmente questi disagi assumono un ruolo marginale e si risolvono spontaneamente nel giro di poco tempo, con la naturale evoluzione del soggetto; in certi casi, però, questo non accade e si riscontra un vero e proprio disturbo psicologico, che può riguardare sia adolescenti che adulti, detto DISMORFOFOBIA o DISTURBO DA DISFORMISMO CORPOREO, riconosciuto come patologia a tutti gli effetti oltre 100 anni fa dallo psicopatologo tedesco Emil Kraepelin e, in seguito, approfondito dal francese Pierre Janet.
E’ caratterizzato da una visione distorta del proprio aspetto fisico e da un’attenzione esagerata per la propria immagine: il soggetto si preoccupa per l’insieme del suo aspetto, oppure per uno o più difetti specifici, spesso totalmente immaginari (o, se effettivamente presenti, li ingigantisce fissandosi su una piccola anomalia fino a farla diventare, ai suoi occhi, una vera deformità).
Si sente brutto, anormale, ha timore di esser preso in giro e messo in ridicolo, è convinto di non poter piacere a nessuno, si vergogna ad esporsi in mezzo agli altri credendo che il suo presunto difetto sia enorme e, tutto ciò, diventa per lui un pensiero ossessivo che lo tormenta di continuo, tanto da condizionarlo nella sua vita quotidiana.
Spesso, infatti, questi individui si sentono talmente ansiosi e vulnerabili che evitano situazioni sociali, si isolano, rinunciano ad amici o rapporti sentimentali, per la paura di esser criticati, di suscitare pettegolezzi, ecc. (possono anche arrivare a sviluppare, col tempo, ulteriori problemi come veri e propri Disturbi di Personalità, es. Antisociale ed Evitante).
Passano ore a fissarsi allo specchio per trovar conferma del loro aspetto “difettoso” (es. un neo, una ruga, la peluria, ecc.), ma anche per cercar stratagemmi per nascondere e/o attenuare l’imperfezione, sviluppando azioni ripetitive simili ai “rituali” tipici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (da cui comunque questo problema si differenzia nettamente).
Alcuni, invece, non sono neppure in grado di sostenere la vista del proprio corpo e, dunque, mettono in atto meccanismi di evitamento, non guardandosi allo specchio né su altre superfici riflettenti, tipo vetrine.
Spesso, ricercano costantemente conferme presso amici e/o familiari riguardo la gravità del loro difetto fisico e, il fatto che gli altri minimizzino, non fà che aumentare la loro ansia, il senso di inadeguatezza e la sensazione di non esser compresi da nessuno.
Le cause sono ancora poco conosciute, tra i meccanismi coinvolti è stata ipotizzata l’esistenza di un’alterazione nella trasduzione/elaborazione degli stimoli visivi che porterebbe a valutare in modo scorretto il proprio aspetto, a prescindere dall’interferenza di fattori di ordine psicologico. Questa relazione resta, tuttavia, da verificare.
Studi di “imaging” cerebrale hanno, inoltre, evidenziato anomalie di attivazione nelle aree cerebrali preposte all’elaborazione della memoria verbale e non verbale, e difetti di trasmissione degli stimoli nervosi tra queste zone e la corteccia cerebrale prefrontale, analoghe a quelle riscontrate nel Disturbo Ossessivo Compulsivo (che la Dismorfofobia abbia una base biologica e che sia correlata al DOC, anche su questo fronte e non soltanto su quello delle manifestazioni cliniche, è dimostrato dal fatto che il disturbo tende a ripresentarsi in più membri della stessa famiglia e in famiglie dove siano presenti una o più persone affette da DOC).
Dal punto di vista strettamente psicologico, sembrano fattori predisponenti una scarsa autostima, insoddisfazione personale e traumi relativi a relazioni sentimentali “negative” in età adulta; da sottolineare, anche in questo caso, il ruolo più o meno determinante dei canoni estetici attuali, irreali ed esagerati, promossi continuamente dai media (es. magrezza estrema, eterna giovinezza, ecc.).
Per quanto riguarda il trattamento di questo disturbo, la terapia è sempre infruttuosa se l’approccio è esclusivamente di tipo chirurgico/estetico, in quanto non è la correzione del (presunto) difetto fisico che risolve il problema; anzi, spesso il soggetto si vedrà più orribile di prima o, al massimo, sposterà l’attenzione su un’altra parte critica del corpo.
I risultati migliori si ottengono con un percorso appropriato di psicoterapia, possibilmente di tipo cognitivo-comportamentale, il quale sembra esser particolarmente utile per modificare la percezione distorta di sé, ridurre i comportamenti di controllo/rituali, recuperare una relazione positiva con la propria immagine ed anche per ristabilire un buon rapporto con gli altri.
Spesso, inoltre, occorre anche un supporto di tipo farmacologico: gli antidepressivi serotoninergici sono efficaci nel ridurre i sintomi in almeno il 50% de casi.