Il 25 novembre è stata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
In Italia l’11,3 per cento delle donne tra i 16 e i 70 anni ha denunciato casi di violenza fisica o sessuale avvenuti nei cinque anni precedenti il 2014.
Gli ultimi dati Istat dicono che nel nostro Paese circa 7 milioni di donne hanno subìto una qualche forma di violenza, fisica o psicologica, nella loro vita. Dati rilevanti a cui fanno seguito le inevitabili conseguenze psicologiche.
Le storie di violenza fisica e di abusi, infatti, sono solo alcuni degli scenari che possono evolvere in un Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD).
Il PTSD, nella nuova nosografia psichiatrica, non è più una categoria dei disturbi d’ansia, ma costituisce un’entità distinta all’interno dei “Disturbi correlati a eventi traumatici o stressanti”.
Una volta che un evento traumatico sopraggiunge nella vita di un individuo, si crea uno spartiacque: c’è un prima e c’è un dopo. Niente rimane più lo stesso e il cervello si riorganizza per adattarsi alla nuova situazione.
Una caratteristica peculiare nei pazienti con PTSD è un’alterazione marcata dell’arousal e della reattività associata all’evento traumatico stesso.
Tipicamente, questi pazienti hanno difficoltà a regolare e modulare i propri stati emotivi e le risposte somatiche di iper e/o ipoattivazione, mostrando comportamenti irritabili ed esplosioni di rabbia, ipervigilanza, problemi di concentrazione, esagerate risposte di allarme, come pure una tendenza a comportamenti impulsivi e autolesivi.
Il fallimento nel manifestare risposte emotive appropriate è la conseguenza del fatto che tutto ciò che il paziente percepisce tende a essere decodificato alla luce dell’esperienza traumatica vissuta, portandolo a reagire come se l’evento si stesse ripresentando nel momento presente.
L’orientamento spazio-temporale nel presente si perde: la persona rimane ‘congelata’ al momento del trauma e manca della capacità di riconoscere quando le sue risposte emotive siano appropriate alle circostanze attuali e quando invece rappresentino una riattivazione disfunzionale del loro evento traumatico occorso in passato.
L’integrazione nella CBT delle terapie orientate sul corpo
In un trial clinico randomizzato e controllato sull’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale per il PTSD in un campione di donne (Schnurr et al., 2007), il 59% delle pazienti aveva ancora sintomi PTSD dopo 12 settimane di trattamento e il 78% delle donne rimaneva sintomatico a 6 mesi di follow-up.
Una possibile spiegazione di questo risultato è stata fornita da Bessel van der Kolk, docente di Psichiatria alla Boston University Medical School e fondatore del Trauma Center in Brookline (Massachusetts).
Nella sua esperienza clinica con centinaia di vittime di abusi la terapia cognitiva standard non è risultata risolutiva perché, come afferma van der Kolk, ciò che scatena nel presente il disagio è la componente somatica, vale a dire le sensazioni corporee associate al ricordo.
Pensiamo a quanto eventi come un abuso fisico e/o sessuale possano lasciare un segno, una traccia nel corpo ed è dunque Il corpo che accusa il colpo (van der Kolk, 2015).
Negli ultimi anni sono state sviluppate forme di psicoterapia centrate proprio sugli aspetti sensomotori del disagio psichico, sull’integrazione mente-corpo e sulla capacità di osservare l’esperienza corporea anche sgradevole, senza giudicarla negativamente, allo scopo di intervenire sui meccanismi bottom-up, ovvero partendo proprio dalle componenti somatiche del trauma.
Le terapie orientate sul corpo che afferiscono alla Mindfulness, all’approccio EMDR e alla Psicoterapia Sensomotoria utilizzano proprio l’esperienza corporea come punto di accesso privilegiato per l’elaborazione del trauma.
Secondo questi approcci la disregolazione emotiva, che abbiamo visto essere una caratteristica tipica dei pazienti traumatizzati, potrebbe essere proprio la conseguenza evoluzionistica dell’attivazione, anche in situazioni non pericolose, dell’esperienza sensomotoria vissuta al tempo del trauma.
In questi casi le strutture corticali non hanno influenza su quelle sottocorticali come l’amigdala e l’organismo non permette una regolazione top-down.
Ad esempio, l’adulto che ha subito una violenza sessuale nell’infanzia può immobilizzarsi invece di rifiutare un’avance sessuale non gradita. Bisogna agire sul corpo, dunque, per intervenire sulla componente somatica alla base della disregolazione emotiva.
La pratica dello yoga come trattamento aggiuntivo per il PTSD
È proprio partendo da queste premesse che van der Kolk e coll. (2014) hanno pubblicato i risultati di un trial controllato e randomizzato finalizzato a valutare l’efficacia dello yoga come trattamento per il PTSD.
Un campione di 64 donne con PTSD cronico, refrattario al trattamento (le partecipanti infatti si erano sottoposte ad almeno 3 anni di terapia finalizzata al trattamento del disturbo PTSD), è stato assegnato casualmente a due gruppi (gruppo di yoga vs. gruppo di educazione alla salute), ognuno dei quali prevedeva un incontro alla settimana per 10 settimane.
Le ipotesi dei ricercatori erano che le donne traumatizzate, assegnate alla condizione yoga, avrebbero mostrato un miglioramento clinico significativo in termini di riduzione della sintomatologia PTSD al post-trattamento, come pure un incremento nelle capacità di regolazione emotiva.
I risultati dello studio hanno rilevato che il 52% delle pazienti nel gruppo yoga, rispetto al 21% di quelle nel gruppo di controllo, non soddisfaceva più i criteri del DSM per il PTSD.
Entrambi i gruppi di pazienti mostravano cambiamenti significativi nella sintomatologia post-traumatica durante la prima metà del trattamento, ma questi miglioramenti erano mantenuti solo nel gruppo yoga.
La conclusione degli autori è che la pratica di yoga, focalizzandosi sul respiro e su esercizi fisici che combinano movimento, rilassamento muscolare e meditazione, possa aumentare la capacità di accettare e tollerare le esperienze fisiche e sensoriali associate alle emozioni, migliorandone la regolazione.
Lo scopo del trattamento delle memorie traumatiche è ricostituire l’interezza degli eventi vissuti, associandone le diverse componenti frammentate (emotiva, sensoriale, motoria, cinestesica, cognitiva) e permettendone l’integrazione nella narrazione autobiografica del paziente.
Poiché le memorie traumatiche provocano emozioni veementi soverchianti le capacità dell’individuo di farne fronte, è necessario che tale lavoro di integrazione sia preceduto da quello sulla regolazione delle emozioni.
Gli interventi mente-corpo, come la mindfulness e lo yoga, incoraggiano nel paziente una posizione da osservatore, finalizzata a mantenere l’attenzione su ciò che accade nel momento presente, senza giudizio, con apertura, accettazione e curiosità. Tali pratiche che stimolano la consapevolezza aumentano l’accettazione e la tolleranza di emozioni, migliorandone di fatto la regolazione emotiva.
Inoltre, l’orientamento verso l’esperienza del qui e ora stimola proprio la presentificazione (Janet, 1928), vale a dire l’azione mentale di essere saldamente radicati nel presente, integrando il proprio passato, presente e futuro.
Il lavoro clinico con questa tipologia di pazienti non può dunque prescindere dal prendere in considerazione la dimensione del corpo, soprattutto per ciò che concerne le connessioni con gli effetti dei traumi.
Come ha scritto van der Kolk anche se la mente non ricorda l’abuso, il corpo ne ha memoria. E di questa memoria noi terapeuti non possiamo dimenticarcene.
Bibliografia
Janet P. (1928). L’évolution de la mémoire et de la notion du temps. A. Chahine, Paris. Liotti G., Farina B. (2011).
Sviluppi traumatici. Raffaello Cortina Editore, Milano.
Onofri A., La Rosa C. (2015). Il lutto. Psicoterapia cognitivo evoluzionista e EMDR. Giovanni Fioriti Editore.
van der Kolk B. A. et al. (2014). Yoga as an adjunctive treatment for posttraumatic stress disorder: a randomized controlled trial. Journal of Clinical Psychiatry; 75(6):e559-65.
van der Kolk B. A. (2015). Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche. Raffaello Cortina Editore, Milano.