Le persone con alti livelli di sfiducia verso il prossimo rischiano più delle altre di sviluppare demenza, almeno a giudicare dalle conclusioni di uno studio pubblicato su Neurology.
«Secondo ricerche precedenti, chi è convinto che le motivazioni altrui siano l’egoismo e il tornaconto personale ha una maggiore frequenza di malattie cardiache, ma questo è il primo studio sul rapporto tra sfiducia nel prossimo e demenza» spiega Anna-Maija Tolppanen, ricercatrice all’università della Finlandia orientale a Kuopio e coautrice dell’articolo, sottolineando che i risultati ottenuti sono un’ulteriore dimostrazione che la visione personale della vita può avere un impatto sulla salute mentale, fornendo importanti spunti su come ridurre il rischio di demenza.
Per arrivare alle loro conclusioni i ricercatori hanno somministrato a 1.449 persone con età media di 71 anni un test per la demenza all’inizio e alla fine dello studio, e un questionario per misurare il livello di sfiducia.
«Il questionario ha dimostrato di essere affidabile, e i punteggi ottenuti sono risultati stabili nel tempo» riprende la ricercatrice, spiegando che gli intervistati dovevano rispondere se erano d’accordo o meno con affermazioni quali: «Credo che la maggior parte delle persone menta per avere successo», oppure «È meglio non fidarsi di nessuno» e ancora «La maggior parte delle persone non esita a mentire pur di trarre vantaggio dalle circostanze».
Sulla base dei punteggi ottenuti, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: bassi, moderati o elevati livelli di sfiducia negli altri; e durante il periodo di osservazione durato all’incirca 10 anni 361 partecipanti sono deceduti, ma 46 hanno sviluppato demenza.
«Ebbene, controllando statisticamente le variabili confondenti, quali ipertensione, ipercolesterolemia e fumo, le persone con alti livelli di sfiducia avevano probabilità di sviluppare demenza tre volte più alte delle persone più disposte verso il prossimo» ha concluso Tolppanen.
Ciò fa pensare che un intervento psicologico in grado di intervenire su questi aspetti personologici, qualora presenti in misura significativa, possa ridurre il rischio di demenza in età avanzata.
Ovviamente lo studio ha molti limiti, ma getta luce sull’importanza di fattori psicologici nel predisporre all’esordio di problematiche apparentemente squisitamente organiche e geneticamente determinate quali la demenza senile.